Sono grata all'amica Donatella che, appassionata com'è delle meraviglie della natura, tempo fa aveva pubblicato sul web l'immagine che vedete.
Ma che cosa rappresenta?
A tutta prima, potremmo pensare a un quadro di arte astratta, a una vetrata dipinta o forse alla fantasiosa arcata di un modernissimo edificio.
Ma vi potremmo scorgere anche un viso, un mosaico, una cascata di perle o il dettaglio di un prezioso gioiello smaltato.
Se poi guardassimo l'immagine in orizzontale, riusciremmo a ravvisarvi anche un occhio e forse altro ancora.
Invece è l'ingrandimento di un'ala di libellula. Se infatti la osserviamo attentamente, notiamo come i piccoli elementi da cui è composta costituiscano la ramificazione delle nervature dell'ala, una superficie fatta di pezzi di varia dimensione che vanno a incastrarsi l'uno accanto all'altro come tessere di un puzzle. Un puzzle dalla fantasiosa varietà di forme, colori, lucentezza e sfumature che solo una mente superiore, nella sua perfezione, può aver pensato e messo in atto. Un gioiello assoluto che ci sarà passato davanti chissà quante volte...eppure nascosto perchè solo un obiettivo fotografico di particolare potenza ce lo può svelare.
C'è infatti nella creazione uno splendore che si riflette anche in ciò che ordinariamente non riusciamo a vedere: albe e tramonti in luoghi estremi quasi mai toccati dall'uomo o fioriture su monti dove pochi arriveranno o - come in questo caso - piccole meraviglie nascoste che tuttavia esistono.
È l'Infinito che qui si specchia nel finito, il macrocosmo nel microcosmo a rallegrarlo con la sua leggiadria. Sono impronte dall'Alto tutte da scoprire, piccoli segni disseminati in natura che vanno al di là delle parole, a somiglianza del ritmo numerico della sequenza di Fibonacci che troviamo già presente nella struttura di piante, fiori, conchiglie ecc.
Al di là delle parole, sì. E mi viene da pensare anche alla dimensione infinita del cuore umano, abitato dalla nostalgia di una pienezza tanto grande che talora non trova spazio di comunicazione in un discorso e - senza nulla togliere al valore della parola poetica - cerca altri strumenti espressivi a cominciare dalla musica.
Per questo oggi ho scelto il brano di Giovanni Allevi intitolato proprio "Quel che non ti ho detto", tratto dall'album "Estasi" uscito nel 2021.
Ma a chi si rivolge qui il compositore nella sua intenzione di comunicare attraverso le note? Il suo è un messaggio dedicato alla persona amata o un dialogo con la musica stessa e con quell'Infinito verso cui essa ci conduce?
In ogni caso, il brano celebra la magia dei suoni capaci - come ogni artista sa bene - di scandagliare gli abissi dell'anima e di farsi voce laddove le parole non bastino o una segreta timidezza ci fermi.
Musica come discorso allora, con una sua parte introduttiva (se ci fate caso, dall'inizio del brano fino a 0,48), un tema e un andamento sintattico cui le varie sfumature, le pause, i crescendo o i pianissimo, conferiscono la giusta intonazione insieme a un luminoso riverbero.
Esordisce delicatamente qui il tema, per poi animarsi alternando passaggi di intima dolcezza ad altri di crescente intensità. Note che, nella ripresa, si fanno sommesse come a cercare un'espressione più compiuta o a vincere un'iniziale pudore prima di abbandonarsi alla passione. Ma poi sembra che non bastino mai, tanto la melodia torna di nuovo a ripetersi quasi carezzasse un essere amato circondandolo di più profonda tenerezza.
Un brano che in certi punti può ricordare la soavità di Chopin, ma che - a mio modesto avviso - in alcuni passaggi conclusivi rimanda a Puccini.
Chi tuttavia avesse dimestichezza con la musica di Allevi, potrà ravvisarvi anche l'atmosfera di pezzi come "Lovers" o come l' "Adagio" del suo "Concerto per pianoforte e orchestra n.1".
Note sgorgate dalla sensibilità del compositore che, al culmine di certi passaggi ascendenti, va sfumandone lievemente il suono regalandoci tutta la suggestione di un discorso musicale come il suo, profondo e delicato, appassionato e sognante.
Buon ascolto!
(La foto è presa dal web)