giovedì 25 ottobre 2012

Ottobre: una straordinaria battuta di caccia.


Ottobre: tempo di uva e di fichi, di funghi e di castagne, stagione di sole ancora tiepido - le splendide ottobrate di questi giorni, appunto - e di brume mattutine. 
Ma anche periodo di caccia.

Abito ai margini della campagna e non è raro che, soprattutto la domenica mattina, quando spalanco le finestre senta gli spari dei cacciatori che riecheggiano attutiti dalla lontananza tra campi e filari di pioppi, ma che talora risuonano anche più vicini inducendomi a pensare che qualche volta finirò impallinata mentre stendo la biancheria...

Non mi sono mai interessata di caccia, nè ho particolari conoscenze sull'argomento. Tuttavia ho sempre apprezzato le rappresentazioni che l'arte ha dedicato ad essa nel tempo - sia che fosse praticata per motivi di sopravvivenza, sia come svago della classe nobile - e che hanno attraversato tutte le epoche, dai graffiti rupestri al Medioevo e su fino al Settecento. Miniature, tavole, affreschi, dove la caccia è declinata in tutte le sue caratteristiche: a piedi, a cavallo, coi cani o col falcone, alla volpe, al cinghiale e via dicendo.

Dai famosi cicli dei Mesi al Botticelli, a Brueghel il Vecchio e ancora più in là nel tempo, molti artisti  l'hanno rappresentata nelle loro opere
E spesso si tratta di creazioni in cui gli autori hanno realizzato veri pezzi di bravura per esempio nel raffigurare gli animali.

Tra le varie composizioni dedicate a questo tema, una mi ha sempre colpito in modo particolare. Si tratta della "Caccia notturna" di Paolo Uccello (1397 - 1475) dipinto conservato all'Ashmolean Museum di Oxford.
L'opera - forse l'ultima del pittore fiorentino - si colloca già nella seconda metà del Quattrocento, quando dall'esperienza del Gotico internazionale col suo gusto del decorativismo si passa a nuove ricerche prospettiche su base matematica e all'adozione di differenti moduli compositivi.

A catturare la mia attenzione per questa tavola è stato il fascino della rappresentazione notturna, peraltro rara nell'ambito della pittura del periodo. Ma, oltre a ciò, è proprio l'impostazione prospettica che, insieme alla gamma delle tinte usate, la rende particolarmente interessante.

Ci troviamo di notte in una foresta dove l'oscurità è illuminata dal rosso di panneggi e finimenti e dal chiaro di alcune figure umane e dei cani. 
Siamo in piena battuta di caccia e la rappresentazione è concitata. Tuttavia - come si osserva dalla riproduzione completa riportata qui sotto - la scena, ordinatissima, costruita con ritmo e simmetria, in alcuni punti è quasi ferma.

C'insegnano i pittori del Novecento che non basta dipingere un cavallo con una zampa alzata per creare il movimento. E qui, in effetti, le figure rosse a cavallo, soprattutto nella parte destra del dipinto, risultano  statiche e quasi bloccate nei loro gesti.

Ma è la prospettiva - elemento fondamentale per Paolo Uccello - a ricreare il movimento dandoci da un lato l'dea che le figure si affollino verso il centro del quadro, e dall'altro dilatando lo spazio dello sfondo.
Gli alberi infatti, disposti in filari così da risultare ordinatamente alternati, e la dimensione ben calcolata delle figure dal primo piano a quelli retrostanti, costruiscono un impianto che guida il nostro sguardo fino in fondo alla scena.
Così pure, le macchie di colore distribuite sul tappeto verdescuro del sottobosco creano una sorta di alternanza di chiaro e di rosso invitandoci a seguire la direzione dei cacciatori.
Ma sono i cani, nel loro volgersi ora a destra ora a sinistra, a individuare una prospettiva frantumata in differenti punti di fuga, come diagonali che s'intersecano a creare l'illusione del movimento e a condurci subito là, nel folto e nell'ombra, dove forse si nasconde la preda.
Un'immagine costruita quindi con minuziosa precisione, in una profondità prospettica che la suggestione del buio sembra dilatare all'infinito e a cui i colori - in particolare il rosso sullo sfondo scuro - conferiscono eleganza insieme a un tono quasi fiabesco di mistero.

E a commentare questo mirabile dipinto, ancora un brano di Mozart: il "Rondò - Allegro" dalla celeberrima Serenata n.13 in Sol maggiore "Eine kleine Nachtmusic" (Piccola musica "notturna" ....appunto!) K.525.
Con la vivacità e la leggerezza che lo contraddistinguono, qui messa particolarmente in luce dalla pregevole esecuzione, il pezzo sembra infatti animare la scena del quadro e assecondare con leggiadrìa quel movimento che nasce dagli incroci prospettici.

Buon ascolto! 

venerdì 19 ottobre 2012

Aria di festa

19 ottobre 2012 : "Gioire in Musica" compie oggi due anni e mi piace ricordarlo insieme a tutti voi che passate di qui perchè è proprio a voi che devo il mio GRAZIE! 

Se l'entusiasmo da parte mia, col tempo, invece di affievolirsi è cresciuto, se i miei interessi si sono ampliati, se talora ho scoperto musica nuova sollecitata da qualche suggerimento, il merito è vostro e l'affetto che mi avete fatto respirare in questo piccolo angolo di web mi incoraggia a proseguire.

Ma desidero ringraziare anche coloro - e so che sono tanti! - che, pur non essendo mai intervenuti con i loro commenti, ascoltano puntualmente i brani  che di volta in volta amo postare. 
L'ho già detto in passato: per me è impagabile gioia pensare che persone  conosciute o sconosciute, vicine o forse lontanissime, possano trovare qui uno spazio di serenità nel segno della Musica! E' come lanciare un ponte, aprire un piccolo sentiero di luce, sapendo che qualcuno - magari in un remoto angolo del mondo - lo percorrerà e per qualche momento sarà preso dal luminoso incanto delle note.

La mia gratitudine però va anche a quanti - a volte esplicitamente, ma talora in modo implicito - sono stati all'origine della nascita di questo blog: persone che, per quegli intrecci segreti nel tempo e nello spazio che la vita ci regala, con il loro cuore, la loro arte e la loro esistenza hanno sollecitato in me il desiderio di condividere ciò che amo.

Allora, come lo scorso anno nella medesima occasione, per festeggiare ho deciso di regalarmi (....e regalarvi) un brano di Mozart, l'autore con cui ho iniziato.
E' il terzo tempo, "Presto", dalla "Sinfonia concertante in Mi bemolle maggiore K.364" ad accompagnarci oggi con l'esuberanza che lo contraddistingue: è infatti sul vivacissimo duettare di violino e viola, ora energico ora giocoso, che esso si snoda. 
A differenza del tono di malinconica intensità dell' Andante - forse il movimento più famoso della composizione - questo finale ci regala una ricca varietà di timbri in un crescendo di spumeggiante leggerezza. 
L'esecuzione decisamente grintosa dei due solisti poi, insieme al loro appassionato coinvolgimento, sembra mettere ulteriormente in luce il tono brioso del pezzo sviscerandone ogni possibile spunto ritmico. 
Col risultato di un'irrefrenabile gioia.

Buona visione e buon ascolto!

lunedì 15 ottobre 2012

Spalancare lo sguardo

Prendo spunto per il post di oggi da un articolo di Marina Terragni apparso  lo scorso 13 ottobre sul settimanale del Corriere della Sera "IO donna" e intitolato "La meraviglia può essere qui". 
La brava giornalista vi osserva che anche a poca distanza dalla grande città - Milano nel suo caso - esistono luoghi di tutto riposo che non ci impongono viaggi lunghi o faticosi e possono farci respirare bellezza, luce e silenzio. Giusto "dietro l'angolo" quindi, c'è modo di sfuggire al caos della metropoli e la gita fuori porta da fare in giornata può rivelarsi piacevole e rilassante.
Non occorrono treni ad alta velocità o aerei: basta meno di un'ora di auto per raggiungere, ad esempio, il lago di Como e magari salire con la funicolare ad ammirarne il panorama dal faro di Brunate. O percorrere il lungolago di uno dei paesetti della costiera tra le numerose ville che li abbelliscono, mete tipiche dei milanesi di una volta, ricchi o poveri che fossero. 
Ed è un conforto - afferma la Terragni - poter sapere che tante meraviglie sono così vicine a noi, quasi nel tempo reale di un pensiero, di un sogno, di un desiderio da formulare a occhi chiusi.

Anch'io amo molto queste brevi uscite e mi ha sempre attirato la possibilità di andare in cerca di un sollievo interiore così a portata di mano. In fondo, ciò che osserva la giornalista è abbastanza scontato; tuttavia, trovo interessante l'osservazione finale dell'articolo che riporto perchè in qualche modo ne amplia e approfondisce il senso:

"Vicino" è quasi come dire "qui". E forse c'è altrettanta meraviglia ancor più vicino. E allora non è detto che non ce ne sia anche qui, dove mi trovo ora.
Non chiudo gli occhi. Li spalanco per riuscire a vedere."

Ecco: splendido il sogno che ci porta via, l'uscita verso luoghi di tranquillità, il viaggio che ci cambia dentro! 
Ma altrettanto affascinante l'idea che la bellezza sia ancor più vicina a noi, magari nel grigiore dell'ovvio dal quale forse non ci aspetteremmo niente; affascinante il pensiero che essa sia un tesoro nascosto da scoprire non chissà dove ma, per così dire, sotto la stufa di casa. 
E questo spalancare gli occhi per riuscire a vedere mi piace quasi più dell'intero articolo perchè fa pensare e conduce oltre, ad altre prospettive, verso ciò che la Terragni non scrive ma in qualche modo lascia intendere.
E' questione di sguardo, sono gli occhi dell'anima a rivelarci la vera bellezza, a superare l'apparente opacità delle cose per farcene cogliere lo splendore segreto e ricondurci in definitiva a noi stessi.

Allora, mi permetto di citare anche il post pubblicato recentemente dall'amica blogger Sandra (sandramaccaferri.blogspot.com "L'ombelico del mondo") che, commentando le splendide foto del suo viaggio in Grecia, ricorda - insieme al famosissimo "Conosci te stesso!" - le seguenti parole dell'oracolo di Delfi: 

"Se ignori le meraviglie della tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie? In te si trova occulto il Tesoro degli Dei".

"In te": come dire, là dove abiti, nel tuo paese, nella tua casa, nel tuo cuore. 
"Occulto": segreto, nascosto forse anche al tuo stesso sguardo che devi spalancare e fare attento per poter vedere dentro e fuori di te!
"Il Tesoro degli Dei" : quel dono divino che in definitiva....sei tu! 
Saggezza che giunge a noi dall'antica Grecia, ma che ritroviamo anche in quel filo rosso di pensatori e filosofi che, da S.Agostino in poi, ci ricordano la sacralità del mondo interiore.

E la musica che - come ogni forma d'arte - nutre e custodisce questo mondo interiore con particolare intensità, può aiutarci a spalancare lo sguardo su di esso con un brano dell'autore che, forse più di ogni altro, vi si è addentrato: Frédérick Chopin.  
Il "Notturno in do minore op.48 n.1" con le sue note profonde e arcane ci accompagna infatti per il variegato paesaggio dell'interiorità. E' un cammino ora lento e soffuso di malinconia, ora impetuoso e agitato, ora ricco di limpide aperture, dove il tema del brano riaffiora con ricchezza sempre nuova per condurci fino alle più intime delicate sfumature dell'anima.

Buon ascolto!

 

martedì 9 ottobre 2012

Incanto di una voce

Siete stati mai affascinati dalla voce di una persona mentre parla? 
Sì, proprio la voce : non lo sguardo o le mani, il viso o i gesti.
Solo la voce che, con la sua inflessione, il tono, il timbro, il colore, è subito musica e sa narrarci tante cose. 

Vellutata o roca, piena o sottile, carezzevole o tagliente, essa racconta di noi come una melodia che si dipana rivelando desideri, ansie, tristezza, allegria, tradendo la minima incertezza o il più piccolo turbamento, o incrinandosi nella profondità della commozione.

Quante cose capiremmo di noi e degli altri se qualche volta potessimo riascoltarci al di là delle parole e la nostra voce potesse essere registrata e tradotta in note! I discorsi diventerebbero spartiti musicali: arie, adagi, fughe, minuetti o rondò a esprimere quell'impulso segreto che ci anima a monte del linguaggio verbale, quel palpito che dà significato e pienezza al nostro dire.
Sarebbe un modo di conoscerci un po' inusitato, ma fecondo di chissà quali scoperte!...

Voce però è anche quella degli strumenti musicali che ci regalano suoni variegati e diversi, ciascuno col suo timbro e la sua peculiarità: dalla dolcezza melodiosa dell'arpa alla potenza degli ottoni, dall'intensità ariosa degli archi  fino alla luminosa morbidezza del pianoforte. Per non parlare poi dell'organo che somma tutti i suoi registri in una complessità sonora quasi orchestrale.

E tra queste diverse voci, oggi mi piace soffermarmi su quella del violino che - acuta, sottile, struggente o impetuosa - sa sempre addentrarsi in noi con particolare intensità andando letteralmente a toccare le corde più segrete del nostro cuore. 
Quello che propongo all'ascolto è un brano di Camille Saint-Saens (1835 - 1921), compositore, pianista e organista francese di grande creatività, ma famoso presso il grande pubblico soprattutto per la "Danza macabra" e "Il carnevale degli animali".
Tuttavia non è da queste opere che ho preso spunto per il pezzo di oggi, bensì dal suo "Concerto per violino e orchestra in si minore n.3 op.61" di cui ascoltiamo il secondo movimento "Andantino quasi allegretto".

Il brano - qui nella bellissima interpretazione di Zino Francescatti - ci conduce subito in un'atmosfera di profonda suggestione, a cominciare dalle prime battute del tema iniziale che ricordano un po' "Il Cigno", forse la composizione in assoluto più conosciuta del musicista francese. 
Si sviluppa poi un vero e proprio dialogo tra il solista e i vari strumenti che riprendono la melodia ampliandone l'aura di tono ancora romantico e reinterpretandola con grande dolcezza.
Segue una parte centrale più movimentata mentre, verso la fine, l'aria iniziale viene ripresa prima dall'orchestra e poi dal violino con accenti ancor più toccanti: delicatissima voce che ci parla con incanto e intensità.

Buon ascolto!

mercoledì 3 ottobre 2012

Dolcezza di una colonna sonora

Quando un brano di musica sa toccare il nostro cuore, non importa che venga dal passato o dal presente, che il suo autore sia più o meno famoso e celebrato, che si sia occupato di musica squisitamente classica o di altri generi.

Se le sue note sanno raggiungerci nel profondo arrivando fino a quel luogo segreto dove noi...siamo veramente noi, lo scopo è raggiunto: il compositore ha attinto alla sorgente della Musica - e qui mi piace usare proprio la maiuscola! - e ne ha saputo rivelare quella ricchezza pulsante capace di toccare la nostra esistenza.

Sarà un concerto classico o un brano jazz, un canto polifonico o una canzone, una sigla o una musica da film: se sa parlarci, diventa un piccolo grande tesoro da custodire in cuore e di cui nutrirsi fino ad averne illuminato lo sguardo. Così, una melodìa ci può "prendere" in un teatro, in una sala da concerto, ma anche per strada, nel sottofondo di una pubblicità o attraverso una colonna sonora e via dicendo.

Ed è proprio sul fascino di una colonna sonora che desidero soffermarmi oggi.
Non è la prima volta che parlo di questo argomento, ma l'ho fatto scegliendo spesso commenti musicali che comprendevano pezzi del repertorio classico. Penso, per esempio, al Beethoven della scena finale del film "Il discorso del re", o all'Adagio di Barber a conclusione del famosissimo "Platoon", o a quell'incantevole Vivaldi che accompagna una delle più belle sequenze di "Shine".

Tuttavia, al di là di questo, il panorama musicale è ricco di compositori contemporanei che hanno creato splendidi pezzi appositamente per il cinema o la tv. Ho in mente prima di tutto il grandissimo Morricone, ma - per restare solo in ambito italiano - anche Piersanti, Piovani, per certi aspetti Einaudi e altri autori di pregio tra i quali, in particolare, Dario Marianelli.
Si tratta di un artista che ha firmato le musiche di numerosi film tra cui "Espiazione" - per il quale ha vinto l'Oscar per la miglior colonna sonora - e il famosissimo "Orgoglio e pregiudizio". Ed è da quest'ultimo che voglio condividere qui una piccola selezione di pezzi.

La pellicola che riprende il capolavoro di Jane Austen, vero e proprio classico della letteratura inglese, è stata diretta da Joe Wrigth nel 2005 ed è l'ultima di varie riduzioni cinematografiche e televisive del romanzo che si sono susseguite nel tempo. 
Questa versione ha avuto particolare fortuna per la bella ricostruzione ambientale e la bravura degli attori che conferiscono freschezza al grande affresco della provincia inglese del primo Ottocento creato dalla Austen.
Ma insieme alla trama e alla recitazione, è sempre la musica a completare ciò che parole o immagini talora non arrivano a dire. 
Ecco allora la colonna sonora che - come sempre - sottolinea, enfatizza, scava, suggerisce, facendo emergere mille sfumature dell'interiorità dei personaggi e delle loro vicende.

E' proprio il caso dei brani di Marianelli che - avvalendosi della English Chamber Orchestra e del pianista Jean-Yves Thibaudet - regala al film un commento musicale di grande fascino, capace di interpretare l'animo dei protagonisti ora con delicatezza estrema, ora con romantica passionalità. 
Sono creazioni dalle quali emerge spesso la matrice classica del compositore: non è un caso infatti che le sue melodie rivisitino qualche aria del passato - vedi il brano "Meryton Townhall" ripreso da Henry Purcell - e che altri pezzi s'ispirino un po' allo stile del giovane Beethoven, sia pure con una maggiore semplicità anche di scrittura musicale.

La clip audio comprende i seguenti brani: "Darcy's Letter" - "Mrs. Darcy" - "Dawn" - "Georgiana" - "Liz on Top of the World" - "Meryton Townhall" - "Another dance", un insieme di melodie che ci rimangono dentro con dolcezza e intensità.

Buon ascolto!