lunedì 22 aprile 2024

Specchi d'acqua - 4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non è una serie di dipinti, stavolta, l'oggetto della mia osservazione, ma un corso d'acqua che, al pari di tanti altri, si snoda dalla sorgente alla foce, dando luogo a panorami e spettacoli dove prima la natura e poi l'uomo sono protagonisti.
Sto parlando della Moldava, fiume della Repubblica Ceca famoso non solo perchè attraversa la città di Praga, ma anche perchè
è stato celebrato da Bedřich Smetana (1824 - 1884) in "Ma Vlast" (La mia patria). 

L'opera si compone di sei poemi sinfonici dedicati a luoghi, storie e leggende della tradizione boema. Di questi, il più conosciuto è proprio quello che descrive la Moldava ("Vltava") attraverso vari momenti che corrispondono a ciò che si può vedere lungo il suo corso: le sorgenti, il fiume in pianura, scene di caccia, nozze di contadini, danze al chiaro di luna, le rapide di San Giovanni, il castello di Vyšehrad e l'ngresso a Praga.

Un pezzo di musica a programma, dunque, che è stato spesso ampiamente analizzato. Per questo intendo soffermarmi solo su pochi aspetti che tuttavia mi affascinano da sempre. Si tratta infatti di un brano che amo da tempo tanto che è stato tra i primi pubblicati in questo blog. Ma lo ripropongo con gioia anche perchè, anni fa, vi avevo dedicato poco spazio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il primo aspetto incantevole è proprio l'inizio. Qui Smetana ricrea con delicatezza e precisione la sorgente della Moldava, che nasce all'interno della foresta boema da due rami che poi confluiscono. Lo sentiamo subito dall'esordio del flauto seguito dal clarinetto che vi si sovrappone dopo quindici battute. È una melodia lieve dal timbro leggero, un'incantevole armonia imitativa dove gli strumenti musicali riproducono il suono sottile dei rivoli d'acqua che scendono e s'intrecciano qua e là, saltellando tra piante e sassi come ruscelli di montagna.

Il movimento si fa gradatamente più acceso mentre, dopo i pizzicati iniziali, gli archi vanno a creare un sottofondo sommesso ma continuo. È la preparazione al momento in cui, sceso ormai dai monti, il fiume si dirige verso il piano in un alveo più aperto e con un ritmo più tranquillo e regolare.
Inizia qui il celebre tema che percorre tutto il brano, una malinconica e intensa melodia in mi minore che
tanta fortuna avrà nel tempo: si mi  fa# sol  la si  si  si do  do  si...si la  la  la sol fa# sol  sol fa# fa#  fa#mi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una melodia prima ascendente e poi discendente, ma è su quel do che indugia, si allarga, si apre e s'illumina. Un'aria che sembra talora ripetersi tornando su se stessa, ma che è ricca di movimento e intensità proprio come descrivesse un un percorso o raccontasse una storia. Sono note che sembrano seguire le anse del fiume nella loro ombra discreta, così come nella luce improvvisa e balenante di un andamento che inizia in tonalità minore, si rischiara su quel do e torna di nuovo pervaso di malinconia.

Una frase musicale che è quasi una sorta di nenia e ha origini lontane.
Pare infatti che Smetana si sia ispirato alla
canzone popolare di un anonimo del XVI secolo - o forse Giuseppino del Biado - intitolato "Fuggi  fuggi", conosciuta anche come "Il ballo di Mantova".

Del resto, è un motivo cantabile che avrà seguito anche in futuro tanto che lo ritroviamo in contesti molto diversi. Basti pensare all'esordio nella famosa canzone napoletana "Fenesta ca lucive", poi al tema dell'inno nazionale israeliano e addirittura a un ambito che forse non ci aspetteremmo: quello del pop degli anni Sessanta. Ricordate - parlo ai meno giovani - la canzone "Nessuno mi può giudicare" resa celebre da Caterina Caselli? Quella!

Ma torno a Smetana per sottolineare altri spunti che testimoniano la varietà del brano. Il primo è l'uso di svariate forme musicali, dalla polka alla marcia, a indicare le danze o il castello di Vyšehrad. Efficacissima anche la descrizione delle rapide di san Giovanni dove l'andamento orchestrale si fa turbinoso e sembra imitare le onde movimentate e impetuose che interrompono il placido corso del fiume.
In tutto lo sviluppo del pezzo troviamo poi un'armonia imitativa per cui ora Smetana si
avvale dell'arpa, ora dell'ottavino, ora della potenza degli ottoni nel riprodurre il moto tranquillo o quello più spumeggiante delle acque. E così pure usa tempi diversi: dai 6/8 ai 2/4, ai 4/4 per tornare di nuovo ai 6/8.
Ne derivano quadri musicali che - come in tante altre composizioni descrittive - sollecitano più che mai la nostra immaginazione consentendoci non solo di ascoltare, ma insieme di vedere ciò che le note illustrano ed evocano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma il pezzo a mio avviso più affascinante, a fronte della delicatezza dell'esordio, è proprio la conclusione che descrive il corso del fiume ormai ricco di acque in tutta la sua ampiezza. È sempre il tema iniziale a ritornare, ma coniugato in modo diverso: non più malinconico, bensì maestoso e solenne, veloce e festante, ricco di una gioia messa in chiara evidenza dalla tonalità che passa in Mi maggiore.
C'è qualcosa di trionfale nell'atmosfera di questa musica che raggiunge qui il suo
acme in una sorta di inno alla vita, prima di tornare a farsi più sommessa nella parte che precede i due forti accordi finali. Un brano che è quasi una parabola dell'esistenza dalle origini fino alla conclusione del viaggio, quando il moto ondoso va piano a svanire e il fiume disperde le sue acque nell'Elba.

E a proposito di vita - oltre al fatto che lo spunto per il poema è venuto a Smetana proprio da una navigazione sulla Moldava - mi sembra significativo ricordare che la composizione dei vari brani è stata segnata dall'improvvisa sordità del musicista. Viene spontaneo pensare a Beethoven che ha vissuto la stessa dolorosa esperienza, e provare meraviglia per la stupefacente capacità di entrambi di percepire - ormai totalmente interiorizzati - accordi, note, armonie, consonanze, timbri, modulazioni che l'orecchio non poteva più sentire.
E come Beethoven nella Sinfonia Pastorale ha riprodotto i suoni della natura campestre,
così qui Smetana ci ha restituito mirabilmente l'intero splendore del corso di un fiume.

Buon ascolto!

(Le foto sono prese dal web)

4 commenti:

Marina ha detto...

Bellissimo. Conosco questo brano, ma l'ho apprezzato ancora di più dopo aver letto la maestria con cui lo descrivi.

Annamaria ha detto...

È un brano che, una volta conosciuto, non ti abbandona più, tale è il fascino di ogni sua parte.
Grazie Marina!!!

Arrigo Lupo ha detto...

C'è un lavoro di Smetana cui sono molto affezionato, lo conobbi al primo concerto che ho ascoltato, sui 10 anni, avevo il pianoforte da poco: il Trio con piano in sol minore. Mio padre non era un appassionato di musica ma, vedendo che mi piaceva, mi incoraggiò molto presto all'ascolto dai dischi e dalla radio, portandomi poi a qualche concerto.

Annamaria ha detto...

Io ho suonicchiato il pianoforte da bambina, ma ad ascoltare sistematicamente musica classica ho iniziato a quindici anni, quando i miei mi hanno regalato il giradischi. In contemporanea, andavo a sentire i concerti dell'associazione "Amici della Musica" che si tenevano proprio nell'aula magna del mio liceo. Così mi sentivo a casa.
Grazie, Arrigo, per il Trio di Smetana!