venerdì 24 aprile 2015

Semplicità

Aprile volge quasi al termine, ma il mio calendario - ancora una volta! - resta caparbiamente aperto sul mese scorso, nè so decidermi ad aggiornarlo.
Faccio un po' fatica infatti a rinunziare all'immagine che vedete qui a fianco, con quel viola intenso dei campi di lavanda che m'illumina gli occhi e il cuore ogni volta che vi passo davanti.
E' il mio calendario provenzale di cui ho già parlato tempo fa, che raffigura casolari di pietra, campagne verdeggianti, fiori e frutta, l'abbazia di Sénanques - per quella però, abbiate pazienza, dovete aspettare qualche mese! - e molto altro ancora.

Adoro il viola di questa foto: ferisce e al tempo stesso riempie lo sguardo ed è bello scoprirlo al mattino, in alto sul muro bianco della cucina, quando il sole me lo illumina esaltandone la vivacità.
Ma amo anche il contrasto col verde rigoglioso della vegetazione circostante e il grigio chiaro della casa che ha finestrelle tra l'azzurro e il lavanda, tendine fantasia blu di Provenza e - ingrandite la foto! - dei fiori e un cagnetto sul davanzale. Particolari di un paesaggio vivo e rasserenante, di un luogo tranquillo in cui riposare lo sguardo, segno di una vita attenta al gusto e alla bellezza della semplicità, come il lindore di quella pietra chiara marezzata di ombre sotto la folta chioma dell'albero.
E mi rendo conto ancora una volta che è proprio la luce, con le sue variazioni, a dare forma e rilievo a ciò che abbiamo intorno, conferendo smalto ai colori della natura così come agli oggetti quotidiani, facendone emergere la solarità, ma anche la freschezza e il fascino. Proprio come quest'angolo di paesaggio che ci offre un ambiente di pace, una cornice semplice e serena insieme a quel viola lumeggiato di sole in cui affondare lo sguardo e l'anima.

Allora, in sintonia con quest'immagine, oggi desidero regalarvi un brano di Mozart tra i più ricchi di soavità, nel suo alternarsi di luci ed ombre e nella limpida semplicità della sua melodia.
Si tratta del quarto movimento, "Adagio", dal "Divertimento n.15 in Si bemolle maggiore K.287".  
Un Adagio regala sempre un senso di soavità, ma questo in particolare, oltre alla sua leggiadrìa, riecheggia tanto altro Mozart e non solo.
Frutto del compositore appena ventunenne, il pezzo infatti ha in sè la dolcezza di altri tempi lenti già composti o ancora da venire come - ad esempio - quelli dei "Concerti per violino K. 218, K.219 e K.211" richiamati nella conclusione di certi passaggi. Ma vi si può ritrovare anche la luminosità del "Concerto per clarinetto K.622", o ancora la pace assolutamente terapeutica della "Serenata Gran Partita K.361" soprattutto nel suo terzo movimento.
Ma il clima che questo pezzo ci regala può anche ricondurci, in qualche breve squarcio, alle atmosfere intime e ombrose di certi quartetti di Haydn.

E' la semplicità mozartiana a dominare, miracolo di equilibrio tra profondità e leggerezza, una semplicità che non ignora la complessità spesso sofferta dell'esperienza umana, ma che dal suo abisso risale facendola fiorire con sorridente consapevolezza e sublime distacco.
La melodia esordisce nitida come una finestra aperta verso un mondo di serenità, e prosegue segnata dal canto pieno del violino e dal sommesso ritmo dei pizzicati cui gli archi danno spessore. Ne deriva un'aria marezzata di luci ed ombre, ricca di limpida gioia e tuttavia punteggiata qua e là di malinconia com'è lo sguardo di Mozart.
Note semplici e intense che ci aiutano a leggere la vita con gli occhi della Musica per scorgervi - anche attraverso le ombre - ogni suo segreto splendore.

Buon ascolto!

 

venerdì 17 aprile 2015

Da un genio all'altro...

Ormai lo sapete: ogni tanto mi piace tornare sui miei passi a riconsiderare i brani di musica già pubblicati. 
Così, non posso lasciar passare senza neppure una piccola riflessione i due pezzi postati il Venerdi Santo e il giorno di Pasqua, non perchè le mie parole possano aggiungere anche solo una virgola alla bellezza di certe melodie, ma perchè non riesco a tacere le emozioni che esse mi suscitano.

Comincio da Pergolesi e a colpirmi non è solo l'intensità struggente del suo "Quando corpus morietur", ma sono gli anni che circoscrivono la sua esistenza: 1710 - 1736 ! 
Non è la prima volta che mi capita di tremare scrivendo alcune date: quanti compositori hanno avuto vita breve! Certo, a ciò hanno contribuito malattie, povertà, in taluni casi una vita sregolata, a volte anche la follia...ma resto sempre stupita di fronte a esistenze che, in una breve manciata di tempo, sono state comunque in grado di lasciare un segno immortale. 
Ho in mente per esempio Chopin, Schubert, Bellini, Mozart.....e Pergolesi morto a soli ventisei anni, poco più che un ragazzo!

Siamo talora portati a pensare che la maturità, anche quella artistica, sia frutto dell'età o dell'esperienza e in tanti casi è davvero così. 
Ma il genio è un vento che soffia dove vuole e quando vuole, spalancando a  qualunque età squarci d'infinito nell'anima del compositore e suscitando in lui   la capacità di esprimere la passione che lo ricolma.
E il tempo della giovinezza, tempo di palpiti, ha in sè l'incanto di una sensibilità finissima, di un cuore nudo e stupito di fronte alla bellezza tanto da lasciarsene trafiggere, cogliendo in essa ogni sfumatura di sentimento quasi l'anima l'avesse già attraversato e vissuto.
Il "Quando corpus morietur" dallo "Stabat mater" di Pergolesi, nel suo canto dolcissimo e scuro, nel suo ritmo dolente, mi dà proprio questa percezione.
E mi viene da pensare che se ne sia ricordato Mozart nel "Requiem" - in particolare nelle battute introduttive del "Lacrimosa" - tanto è simile, per così dire, l'ansito delle note, il respiro, il clima in cui esse ci conducono.

Ma vorrei soffermarmi brevemente anche sul luminoso brano che ho postato il giorno di Pasqua per passare - oltre che da un genio all'altro della composizione - da un genio all'altro della direzione: dal giovane Abbado nel pezzo di Pergolesi, a un altrettanto giovane direttore nella "Messa in si minore" di Bach.
Allora per piacere tornate qui, ad osservare il gesto netto e rigoroso di Karl Richter, il suo sguardo di acciaio ma pure capace di addolcirsi nel guidare i singoli coristi, di entusiasmarsi nel cantare con loro vivendo la partitura bachiana dell' "Et resurrexit" con una forza che spalanca il cuore! 
Guardate l'espressività delle sue mani, ora sobria e pacata, ora viva e imperiosa nel dirigere un pezzo che, in certi passaggi, ha l'ampiezza e l'architettura delle Suites per orchestra, mentre altrove ci offre quasi la leggerezza e la vivacità di una danza!
Una direzione che è assoluta gioiosa fedeltà alla precisione dei tempi e allo splendore della musica, come potete osservare anche dal brano che desidero offrirvi oggi. 
Si tratta - sempre dalla "Messa in si minore BWV 232" di Bach - del "Sanctus", composizione lenta e grandiosa nella prima parte in cui le note sembrano declinare il testo in ogni possibile tonalità, ma poi più vivace e animata nella successiva fuga.
E Richter - insieme al Munchener Bach-Chor e alla Munchener Bach-Orchester - ci conduce con le mani, con lo sguardo e con rigorosa passione fino al cuore dell'universo bachiano.

Buona visione e buon ascolto! 

 

venerdì 10 aprile 2015

La rugiada della notte

Prima di passare ad altri argomenti, permettetemi oggi di aggiornarvi sullo stato di salute delle mie primule. 
Ricordate??? 
Sì, proprio quelle di cui ho postato la foto circa un mese fa esattamente qui.

Stante la mia assoluta mancanza di pollice verde come ormai sapete, la sfida era quella di mantenerle in vita il più possibile e - cosa incredibile! - nonostante la chiara incompetenza della sottoscritta, sono sopravvissute. 
Hanno avuto, è vero, un periodo di crisi più o meno dopo una settimana che - si fa per dire - le curavo. Allora, mi sono ricordata del consiglio datomi una volta dalla mamma della mia parrucchiera che vanta da sempre uno splendido giardinetto: rose, gelsomini, giacinti, gerani....e naturalmente primule che, di tempo in tempo, sono una vera e propria gioia per gli occhi. 
"Le primule - mi aveva detto - non vanno annaffiate troppo, ma lasciate fuori, quando la temperatura lo consente, a prendere la rugiada della notte".

Così, invece di tenerle in casa in bella vista sul tavolo del tinello, quando temevo non ci fosse più nulla da fare, le ho messe fuori in un angolo del balcone riparato dal sole, come in una sorta di sala di rianimazione o di terapia intensiva. E lì, al freddo della notte e al tepore del giorno, all'aria di queste mattine ancora rigide, ma anche all'umidità ristoratrice delle pioggerelle primaverili, si sono riprese. 
L'ideale sarebbe forse trapiantarle in un vaso più grande e con altra terra, ma....conoscete i miei limiti, una cosa alla volta!
Insomma, passato il momento di crisi, sono tornate a risplendere superando le mie aspettative e, nonostante i nuovi fiori siano leggermente più piccoli rispetto ai primi, quando li guardo mi regalano ancora luminosità e freschezza.

Certo, ora le mie primule sono diventate un po' timide e non amano più essere fotografate, come una bella donna che non desideri essere vista in veste da camera. Ma mi piace ugualmente questo loro splendore casalingo e mi lascia sempre colma di stupore il modo in cui la natura fa il suo corso continuando il suo prezioso rammendo anche al di là delle nostre speranze.

E mi viene da pensare che non solo per le piante e i fiori, ma anche per gli esseri umani, quando si trovano ad attraversare il buio, possa esistere la rugiada della notte a rianimare e ristorare infondendo nuova freschezza.
Una sorta di carezza notturna che scenda quando la tenebra toglie ogni altra percezione, un silenzioso respiro, un segreto lavorìo simile a quello che cova d'inverno sotto i rami stecchiti degli alberi e darà frutti alla sua stagione.

Per questo, oggi desidero dedicare a voi - e alle mie primule - un brano di musica d'incomparabile dolcezza che certo tutti conoscete: il "Largo" dal "Concerto in fa minore per violino, archi e continuo n.4 op.8 RV 297" di Antonio Vivaldi (1678 - 1741).
Sì!....Proprio l'Inverno da "Le quattro stagioni", nel suo famosissimo secondo tempo qui eseguito dai Solisti Veneti diretti da Claudio Scimone, in una raffinata interpretazione che esalta l'assoluto incanto della melodia vivaldiana. I pizzicati degli archi ne segnano infatti la ritmica in modo sapiente, mentre i passaggi in cui l'aria si fa dolcemente più lenta ci conducono in un'atmosfera sognante, consentendoci di assaporarne ogni sfumatura.

Certo, può risultare anacronistico un richiamo all'inverno ora che siamo già in primavera, ma queste note, lungi dall'essere tristi, scendono in cuore - almeno così a me pare - proprio come una rugiada notturna e una lieve pioggia rigeneratrice. E non solo per il canto del violino solista e il senso di sereno abbandono della composizione, ma anche perchè è nel buio invernale che la natura prepara la primavera e ricama la futura luminosità dei suoi fiori.

Buon ascolto!
  

domenica 5 aprile 2015

Buona Pasqua !!!

Giotto: "Noli me tangere" - Cappella degli Scrovegni, Padova.

 
 




























 
J. S. Bach : "Et resurrexit" dal "Credo" della "Messa in si minore BWV 232".

venerdì 3 aprile 2015

Venerdì Santo

Vincent Van Gogh (1853 - 1890) : "Pietà", Van Gogh Museum, Amsterdam.

























Giovanni Battista Pergolesi (1710 - 1736), "Stabat mater"
"Quando corpus morietur".