domenica 22 aprile 2018

Abbandonarsi alla gioia

Avete presente i bambini quando giocano, corrono, ma soprattutto saltano? 
Saltano a volte così, per conto proprio, non necessariamente dietro a qualcosa come un pallone o - per esempio - per far festa a qualcuno. 
Saltano perchè sono felici, per manifestare la loro allegria, quell'allegria senza un preciso motivo se non l'essere vivi.

Ecco, il brano musicale di oggi mi fa pensare proprio a questo abbandonarsi alla gioia di vivere, ragione di fondo più sostanziale di tante altre contingenti ed effimere. A creare in me tale suggestione è il particolare ritmo del pezzo decisamente animato e danzante.

Si tratta della "Fuga alla Giga in Sol maggiore BWV 577" di Bach, qui eseguita dall'olandese Matthias Havinga, organista, pianista e docente al Conservatorio di Amsterdam, erede di quella generazione di organisti cui appartengono - per esempio - Ton Koopman e il compianto Gustav Leonhardt.
Mi pare che la bellezza e la singolarità del brano stiano proprio nel fatto che il compositore vi ha associato l'architettura della fuga al ritmo di una danza in tempo ternario come la giga, qui in particolare in 12/8. 
Di origine inglese o forse irlandese, tale danza si è diffusa in tutta Europa nel periodo barocco, conferendo particolare ritmo e vivacità ai vari brani, come possiamo notare in questo pezzo così movimentato e quasi saltellante.

Ma osserviamo la concentrazione appassionata del bravissimo interprete che pare letteralmente abbandonarsi all'onda della musica che ha dentro di sè - suona infatti a memoria - lasciandosene trasportare e immedesimandosi nel suo splendore!
Non solo mani e piedi si muovono con straordinaria scioltezza e altrettanta leggerezza su tastiere e pedaliera, ma tutto il suo corpo è coinvolto e accompagna l'andamento del brano. La tecnica - frutto certo di spiccate doti naturali, ma anche di esercizio costante - lascia qui spazio al piacere di suonare in totale fusione con lo strumento e con le note, quasi tra loro e l'interprete corra una passione reciproca. Lo cogliamo dai gesti, ma anche dall'ombra di sorriso che si disegna sul volto dell'organista.

C'è infatti un livello oltre il quale è solo la Bellezza a parlare, mentre il rigore si traduce in un gusto che rende partecipi anche noi, consentendoci - per quanto possibile - di entrare nel vivo del brano.  
Allora, per un misterioso sortilegio, tutti diventiamo Bach, la musica va oltre la musica e quel ritmo che già avvertiamo in corpo, si trasmette anche alla mente e al cuore lasciandovi dilagare - liberissima - la gioia.

Buona visione e buon ascolto!

domenica 15 aprile 2018

Un luminoso respiro

Van Gogh: "Ramo di mandorlo fiorito".
Mi mancava.
Incredibilmente, è dal mese di luglio dello scorso anno che non ho più pubblicato nulla di lui e mi sono resa conto che mi mancava.
Avevo nostalgia della luminosità delle sue note, di certi tempi lenti venati di malinconica dolcezza, ma soprattutto di quella sua attitudine pensosa, capace di metterci in sintonia con lo splendore segreto dell'esistenza.
Sto parlando di Mozart. 
Tornare alla sua musica è come ritrovare una misura nostra, un respiro interiore più calmo e più profondo, è aprirsi a una luce che viene dal cuore e si trasmette allo sguardo. O come riprendere un passo che col respiro procede in armonia, traducendosi in una serena percezione della realtà circostante, in un luminoso stupore verso il creato.
Per questo oggi vi propongo il secondo movimento, "Adagio", tratto dal "Divertimento n.2 in Re maggiore K.131": un brano che per certi aspetti può ricordare la leggiadria di altri pezzi ancora più famosi. Penso, per esempio, al terzo tempo della Serenata n.10 K.361 "Gran Partita", ma le citazioni si potrebbero moltiplicare.

Si somigliano gli Adagi di Mozart?
A me pare di sì: hanno spesso una struttura simile, una tessitura timbrica inconfondibile e sempre ci regalano un' aura tutta particolare che rende subito riconoscibile il compositore, come del resto accade anche per lo stile di altri artisti. E tuttavia ogni pezzo è diverso perchè Mozart vi ha saputo coniugare la bellezza in una molteplicità di modulazioni e di tratti simili ma al tempo stesso differenti, realizzando un mirabile ideale di unità nella varietà. 
Sette note soltanto - o dodici, se preferite - ma capaci di aprirsi all'infinito come  infinita è l'anima del compositore.
Così è pure in questo brano. Ascoltiamolo.

Luminosissimo il suo esordio con un la maggiore che introduce una breve scala discendente poi ripresa varie volte al suo interno. È come se la serenità scendesse proprio dall'alto, posandosi con un ritmo di pacata, danzante dolcezza sugli oggetti circostanti e sul nostro cuore. 
Ma anche dove la trasparenza talora si offusca e il tema si fa più ombroso ammantandosi di tristezza come nella seconda parte, il dialogo tra gli archi - in particolare tra primo e secondo violino - ci regala comunque un'incomparabile, terapeutica armonia.
Una melodia che ci tocca nel profondo come una primavera che, dopo il lungo inverno, si annunzia lieve e ci pervade con il fascino arioso di un ramo fiorito nel vento e con la leggerezza ricca di fremiti di queste note. 
Un brano da ascoltare a lungo perchè ci conceda pienamente il suo incanto trasparente eppure discreto, come un cielo nel quale sprazzi di sereno si alternano a qualche nube leggera che, a poco a poco, va a svanire.

Buon ascolto!

sabato 7 aprile 2018

Meraviglioso Vivaldi !!!

Beato Angelico: "Incoronazione della Vergine" (particolare)
Meraviglioso Vivaldi, sì!!!
E non solo per il timbro inconfondibile di tanti suoi brani o la struggente malinconia di altri; o ancora per la vena descrittiva delle "Quattro stagioni" e dei vari concerti dove l'armonia imitativa si dispiega in mille modi.
Ma meraviglioso anche per la drammaticità profonda, per il tocco lieve e al tempo stesso intensissimo col quale il compositore si è accostato a certi eventi cogliendone l'anima.
Sto pensando al brano dallo "Stabat Mater" RV 621 che ho pubblicato qui lo scorso Venerdì Santo e sul quale vorrei tornare brevemente, per sottolinearne la sublime bellezza. Andate a riascoltarlo, per favore.

"Eja Mater, fons amoris..." Oserei dire che nel dolore di Maria sotto la croce Vivaldi si è letteralmente inabissato, tentando di interpretare ed esprimere in note ciò che - in realtà - esprimibile non è. Ci sono infatti dimensioni esistenziali di cui la grandezza dell'arte sa essere specchio luminoso e altre che - al contrario - può solo adombrare. E il dolore di Maria è un oceano senza fondo.
Eppure, il desiderio espresso dal testo di condividere tale sofferenza - "me sentire vim doloris fac, ut tecum lugeat" - si traduce per il compositore in un cammino simile a quello di chi si avventura sottoterra, nel buio, tra anfratti di rocce scabre, in un percorso sconosciuto dove la Madre si addentra seguendo il Figlio. E noi con Lei. 
È proprio qui, infatti, che la musica ci conduce attraverso sentieri tortuosi, per sorprendenti e inusitati cambiamenti di tonalità, ritmati dal violino con due note di fondo ripetute, secche, quasi sferzanti, di un'ineluttabilità che non lascia scampo.
Ma l'incanto di questo pezzo è sottolineato anche dalla straordinaria voce del controtenore Philippe Jaroussky che conferisce al brano una purezza ineguagliabile, quasi fossimo condotti a sfiorare il cuore di Maria.

Così, oggi ho scelto di nuovo un brano di Vivaldi, ma - questa volta - segnato dalla gioia, come si addice al tempo liturgico che stiamo attraversando.
Si tratta del "Laudate Dominum" RV 606, mottetto sul testo del Salmo 116 (117) col quale - tra gli altri - si sono misurati anche Monteverdi, Haendel e Mozart.
Mi ha colpito molto questa composizione, non solo per la vivacità e l'energia che si addicono ad un canto di lode, ma anche per un aspetto a mio avviso singolare. Diversamente da ciò che di solito si osserva altrove, il brano è giocato prevalentemente in tonalità minore e non maggiore come ci si aspetterebbe dal tema cui è dedicato.
Ad eccezione infatti di alcuni passaggi e dell'accordo finale, il pezzo è impostato in re minore e la luminosa assertività tipica dei toni maggiori è recuperata qui dalla trascinante vivacità del ritmo e da una tensione capace di far scaturire la gioia anche dagli anfratti più ombrosi della musica.
Un'esortazione, insomma, all'intensità della lode "quoniam confirmata est super nos misericordia eius", che mi sembra bello pubblicare proprio oggi, vigilia della Festa della Misericordia.
  
"Laudate Dominum omnes gentes
laudate eum, omnes populi.
Quoniam confirmata est
super nos misericordia eius,
et veritas Domini manet in aeternum.

Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto,
sicut erat in principio, et nunc et semper
et in saecula saeculorum.
Amen." 

Buon ascolto!

domenica 1 aprile 2018

Buona Pasqua !!!



Eugène Burnand (1850 - 1921): "I discepoli Pietro e Giovanni corrono al sepolcro la mattina della Resurrezione" - Museo d'Orsay - Parigi.

 
William Byrd (1543 - 1623): "Haec dies", mottetto a sei voci.