sabato 31 ottobre 2020

"Ottobre - Canto d'autunno"

Siamo ormai alla fine di ottobre, accompagnati dai caldi colori dell'autunno ma pure dalle sue brume, e mi piace seguire il ritmo della natura intonando ad essa anche la musica.

Così, per il nostro ascolto ho scelto un brano di Piotr Ilic Tchaikovsky (1840 - 1893) tratto da "Le stagioni op.37b", composizione formata da dodici miniature pianistiche dedicate ai mesi dell'anno. Di questa raccolta avevo già pubblicato qualche tempo fa "Giugno", e torno oggi proprio col pezzo intitolato "Ottobre - Canto d'autunno".

Non è nuova nella musica, ma anche nell'arte figurativa e nella poesia, l'attenzione allo scorrere del tempo e delle stagioni così come esse si caratterizzano non solo nei diversi aspetti della natura, ma anche nei lavori dell'uomo legati al mondo agricolo e più in generale al suo modo di vivere.

Sul piano della poesia, mi vengono subito in mente i "Sonetti dei Mesi" scritti da Folgòre da San Gimignano alle soglie del Trecento, mentre su quello delle immagini innumerevoli sono le testimonianze sia di epoca medioevale che rinascimentale. Tre splendidi esempi sopra gli altri: le celebri miniature francesi dei fratelli Limbourg con il "Ciclo dei Mesi" conconservate al Castello di Chantilly; la decorazione pittorica attribuita al Maestro Venceslao nella Torre dell'Aquila al Castello del Buon Consiglio a Trento; e le sculture dell'Antelami nel Battistero di Parma che a ciascun mese associano i mestieri più tipici.
Cicli pittorici o scultorei sull'argoment
o troviamo inoltre a Ferrara, Lucca e Arezzo: testimonianze di un mondo come quello del passato in cui la vita - dai lavori agricoli alla guerra - nelle sue possibilità e nei suoi limiti era scandita dai ritmi delle stagioni.
Ma anche la musica ha tratto
spesso ispirazione da esse. Doveroso ricordare i celeberrimi quattro Concerti di Vivaldi, ispirati ai relativi sonetti scritti forse dallo stesso compositore e lo splendido Oratorio di Haydn intitolato appunto "Le stagioni". E arriviamo a quelle di Tchaikovsky.

La raccolta non è forse tra le composizioni più celebrate del musicista russo, tuttavia i vari brani hanno un carattere intimo e introspettivo che li colloca tra quelli eseguiti di frequente al pianoforte.
"Ottobre" è un pezzo soffuso di malinconia, che nel fascino del re minore riproduce il clima
dolce e talora brumoso di questo mese. Lo conferma anche l'indicazione in cima allo spartito - "Andante doloroso e molto cantabile" - insieme all'epigrafe che compare nell'edizione russa con i seguenti versi di Tolstoj: "Autunno, il nostro povero giardino sta cadendo tutto, le foglie ingiallite volano al vento".

Confesso che la prima volta che anni fa l'ho ascoltato, non mi aveva particolarmente colpito. L'ho risentito invece nei giorni scorsi nella pregevole interpretazione del Maestro Giuseppe Merli che qui vi riporto, e mi è sorta subito la curiosità di leggerne lo spartito. A volte infatti non basta ascoltare, occorre vedere come una musica si dipana nel suo movimento di note, contemplarne i tratti, se possibile entrare in essa suonandola, ed è proprio così che questo brano mi ha preso!
Ho già scritto in passato che leggere uno spartito è u
n po' come guardare negli occhi una persona e cogliervi bagliori d'anima. Quella musicale è infatti una scrittura immensamente rivelatrice: basta osservare per esempio un testo di Bach per riconoscere al primo sguardo l'ordine delle parti, le proiezioni, il gioco dei rimandi o dei temi prima enunciati e poi capovolti in totale simmetria.

Ma l'Ottocento è diverso e, sia pure nel rispetto di tempi e ritmi, la scrittura di tanti musicisti è aperta alla ricerca di particolari sonorità e più libera nei confronti delle regole compositive.
Ne deriva un andamento variato e multiforme che lascia maggiore spazio
all'interpretazione e a questo riguardo il brano di Tchaikovsky mi pare un esempio. La sua difficoltà, infatti, a mio avviso non sta tanto sul piano tecnico, ma proprio su quello interpretativo. È una musica da suonare prima di tutto con l'anima, poichè il fulcro della sua bellezza dipende anche da un'esecuzione che ne valorizzi ogni singola nota, sottolineando dinamiche, crescendo e diminuendo, le aperture luminose e l'intimo, delicato splendore della melodia.

Proprio per questo, tra le varie interpretazioni offerte da youtube, ho scelto quella di Giuseppe Merli. Pur essendo più sostenuta rispetto ad altre, sa restituirci con dolcezza il colore del brano, sottolineando i lievi spiragli di luce che si accendono qua e là, e insieme facendoci percepire la malinconia del tema nell'atmosfera indefinita di certe splendide dissonanze.
Un'aria più che mai affascinante in tutte le sue parti fino all'ultima nota che va a svanire, pianissimo, nell'incanto del silenzio. 

Buon ascolto!


venerdì 23 ottobre 2020

Red carpet

(Foto presa dal web)

Ebbene sì, cari amici, questo è un post un po' particolare! E benchè non ci troviamo nè al Lido di Venezia, nè a Cannes, nè ad altre manifestazioni cinematografiche, oggi desidero ugualmente far festa con voi srotolando il red carpet!!!

Che sta succedendo?... Intuisco nei lettori più fedeli e affezionati una vena di curiosità e vado subito a chiarire la ragione di questo mio preambolo. Il fatto è che, per esibire tanto di tappeto rosso, ho un motivo molto goloso che ho pensato a lungo se rendere pubblico o passare invece sotto silenzio, sia perchè non amo le autocelebrazioni, ma anche perchè il periodo - in effetti - non è proprio il più adatto...
Poi però mi sono detta che, insieme a me, il post avrebbe festeggiato voi che leggete e ascoltate, i tanti che si sono avvicendati qui nel tempo, e soprattutto la MUSICA, protagonista indiscussa di questo spazio. Sì perchè - e vengo finalmente al dunque - nei giorni scorsi, esattamente il 19 ottobre, il mio blog ha compiuto la bellezza di dieci anni!!!

Quando ho pubblicato il post che ha dato il via alla mia avventura di blogger e che per l'occasione vi riporto qui, mai avrei immaginato che l'impulso a condividere con altri la mia passione per la musica potesse diventare un'esperienza così duratura e coinvolgente.
Invece lo è ancora sia sul piano della comunicazione, che su quello dell'ascolto.
E mi riferisco non solo all'ascolto puro e semplice dei pezzi musicali, ma soprattutto a quel quotidiano guardarsi dentro per farne scaturire pensieri, reazioni ed emozioni, divenuto per me nel passare degli anni una sorta di salutare abitudine.
Un blog salva la vita allora?
Forse sì, se aiuta a tenersi desti nella voglia di imparare e se consente di rimuovere la pietra che talora ostruisce quella sorgente vitale che tutti abbiamo dentro. In questo senso la musica è un mondo di ricchezza inesauribile, capace di portare alla luce energie interiori sorprendenti che magari non pensavamo di possedere.
E poi, un blog che nasce dal cuore è anche un po' come una sorta di figlio e, ora che "a creatura" tiene dieci anni, mi ci sono più che mai affezionata
! 

Allora oggi, oltre che alla musica, dico GRAZIE a tutti coloro che nel tempo sono passati di qui: chi solo per una fuggevole occhiata, chi per condividere gusti ed esperienze di ascolto, chi - come ricorda appunto il titolo "Gioire in Musica" - per trovare un piccolo sprazzo di serenità. Senza dimenticare gli amici blogger che in questi anni sono volati via...ma che ricordo con particolare gratitudine e che - secondo me - dall'Alto fanno il tifo per noi.

Così, per festeggiare adeguatamente questi primi dieci anni (!), non solo vi regalo una sfilata virtuale sul mio red carpet, ma soprattutto vi invito a danzare sui ritmi sfrenati di un "Mambo" in compagnia della "Simon Bolivar Orchestra" diretta da Gustavo Dudamel.
Non è un mambo qualsiasi: infatti è tratto dal celebre musical "West Side Story" di Leonard Bernstein (1918 - 1990). Ma la sua esecuzione si trasforma qui in uno spettacolo ancor più movimentato ed entusiasmante perchè la vivacità della musica si sposa benissimo con l'anima festosa del pubblico latino-
americano, dell'orchestra e del suo bravissimo direttore. La "Simon Bolivar" è infatti il fiore all'occhiello del sistema delle orchestre giovanili venezuelane, come altrettanto venezuelano è Dudamel.
Guardando il video, inoltre, ci si rende conto di quanto sia vera la convinzione di alcuni compositori, come pure di certi critici, secondo la quale è proprio il pubblico a completare l'opera d'arte.
Ciò naturalmente non significa che, a porte chiuse, la musica non abbia più valore: pubblico è anche il singolo ascoltatore o il singolo musicista. Ma nella clip che vedrete la cosa si realizza in modo molto più plateale.
Esagerati? Certo, abituati come siamo alla composta ritualità dei nostri teatri e delle orchestre classiche, non possiamo non restare qualche istante senza fiato davanti a un'atmosfera che ricorda più uno stadio o un concerto rock.

Trovo tuttavia che l'esibizione, sia pure così chiassosa e sopra le righe nel suo irrefrenabile ritmo, abbia il pregio di dare libero sfogo alla gioia!
Ed è il motivo per cui l'ho scelta ad esprimervi il mio calorosissimo GRAZIE!

Dunque, applausi a tutti, buona visione e buon ascolto!

P.S. : Avviso ai naviganti: se il video risulta non disponibile, lo si può ugualmente aprire su youtube cliccando direttamente sulla clip. Grazie!


giovedì 15 ottobre 2020

Arcobaleno

Ha per me un fascino particolare la foto che vedete qui. Non è mia, ma l'ho presa dal sito web intitolato "L'occhio sul Granpa", del quale ringrazio l'autore che in esso riporta immagini quotidiane di un luogo che conosco da anni.

Lo scatto risale agli inizi di ottobre e ci offre la suggestione dell'autunno in montagna, dopo la prima ondata di freddo dei giorni scorsi. Non ci sono ancora i larici dorati a creare splendidi contrasti con le cime innevate: è una visione più cupa e meno sfolgorante questa, e tuttavia per me ricca di altrettanta bellezza, di un incanto che mi resta dentro. Guardarla, infatti, mi appaga come se con essa si creasse una straordinaria corrispondenza interiore. 

Il motivo è che amo profondamente questi luoghi e, se ci fate caso, nonostante sia diverso per inquadratura e colori, il panorama è quello dell'icona del mio profilo blogger la cui foto - stavolta scattata da me tanti anni fa! - riprende lo stesso paesaggio in una giornata estiva. Ma torniamo qui.
Davanti a noi si apre un'immagine fatta di contrasti: neve sulle cime e prati ancora verdi, nubi temporalesche e un lieve, sottile arcobaleno che attraversa il paesaggio a illuminarlo di speranza. Ai margini dell'ampia distesa erbosa si scorgono le ultime case del paese sulla strada che scende a valle; e dove i due versanti s'incontrano, nubi plumbee coprono il cielo nascondendo, là in fondo, un piccolo scorcio del Monte Bianco. Il "Granpa" infatti - il Gran Paradiso! - da qui non si vede perchè resta alle nostre spalle sulla sinistra.

Dico la verità, è proprio questo l'autunno in montagna che preferisco: non tanto uno sfolgorante caleidoscopio di colori caldi, ma l'atmosfera di quiete e solitudine che vedete, come se d'un tratto tutto si fosse fermato. E mi ricorda un inizio di settembre di qualche anno fa quando, dopo lunghe giornate di sole pieno, una mattina ci siamo svegliati sotto una coperta di nuvole basse, una sorta di tempo sospeso in attesa della pioggia, come se la stagione autunnale fosse arrivata d'improvviso, con le sue brume e la sua atmosfera di intimità e di silenzio.
 
Ma c'è di più. È quel lieve arcobaleno dopo il temporale, in apparenza così vicino e basso sui prati, a offrirmi suggestioni di speranza quasi quel paesaggio fosse un emblema della nostra condizione esistenziale di questi ultimi tempi. 
Un cielo plumbeo incombente sopra di noi, ma insieme la delicata bellezza della prima neve sulle cime e quel sottile arco di luce che sembra comprendere l'intero panorama in un delicatissimo abbraccio: un'immagine che, pur nel senso di solitudine che può comunicare - o forse proprio per quello - porta in sè un'infinita dolcezza e una riposante pace.
 
Così, ho sentito il desiderio di associare il panorama che vedete a un brano di Mozart che - a dire il vero - avevo già pubblicato anni fa. 
In genere non amo ripetermi e cerco musiche nuove rispetto al passato, ma contemplando la foto di questo autunno in montagna, mi sono affiorate dal cuore proprio le note dell'incantevole "Adagio" del "Concerto per pianoforte n.23 in La maggiore K.488", una delle più mirabili creazioni del compositore salisburghese, scritta nel 1786, cinque anni prima della sua morte.
Ha un grande fascino il canto del pianoforte con cui il brano si apre in forma di  "siciliana", danza lenta di ritmo ternario, qui in particolare di 12/8. È questa tipica, misuratissima semplicità mozartiana a farci percepire timbro e profondità di ogni singola nota, insieme all'afflato intimo e struggente del tema a cui l'orchestra conferisce poi spessore e intensità. 
Un'atmosfera di dolce malinconia data dall'iniziale tonalità di fa diesis minore  alternata al luminoso la maggiore, e sottolineata dall'interpretazione di Arthur Rubinstein che - oggi come anni fa - trovo ancora inarrivabile.

Buon ascolto!

giovedì 8 ottobre 2020

Donne col libro - 10

F. Frotzel : "The old bookcase",  Vienna - Galleria del Palazzo del Belvedere

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
È uno solo, questa volta, il dipinto su cui ho scelto di soffermarmi per la serie di post intitolata "Donne col libro". Ma è una rappresentazione che mi ha parlato al primo sguardo, forse perchè mi ci sono rispecchiata subito e in qualche modo ritrovata.
Si tratta di un quadro di Friedrich Frotzel (1898 - 1971), pittore viennese contemporaneo di Klimt e di Schiele, vissuto quindi in un periodo di grande fervore artistico, ma ricordato soprattutto per alcune nature morte e il quadro che vedete, probabilmente la sua creazione più celebre.

Una ragazza ritratta di spalle siede davanti a un vecchio armadio zeppo di libri altrettanto vecchi. Testi di scuola? Volumi antichi? Ricordi del passato?
A ben guardare, non sono solo libri - alcuni un po' squinternati o con la copertina usurata dal tempo - ma fogli, quaderni, cartellette, scartafacci affastellati nei vari ripiani in modo non sempre ordinato. Quello che vediamo sembra uno di quegli armadi che forse in tanti abbiamo avuto nelle nostre case o in una soffitta, dove conservare i ricordi che hanno segnato il nostro percorso scolastico e sui quali non è possibile ritornare senza soffermarsi con nostalgia.
 
L' immagine mi riporta alla mente i pomeriggi in cui - ormai anni fa - ho dovuto svuotare la vecchia casa in cui avevo trascorso la mia adolescenza e anch'io, come la protagonista del dipinto, ho indugiato a lungo su testi ritrovati, quaderni, diari...persino alcuni temi del liceo con tanto di giudizio del mio amatissimo professore di Italiano! 
Ricordi preziosi che ci restituiscono un mondo come se all'improvviso, ritrovando carta, grafia, note o appunti del passato, ci potessimo immergere nelle atmosfere di un tempo favoloso, distante e al tempo stesso vicino. Distante come capitoli di un libro ormai chiusi e vicino come possono esserlo reperti archeologici che ancora ci parlano, tanto sono radicati e vivono in noi.
 
Mi è capitato spesso di pensare a quanta ricchezza di vita ci possono restituire i vecchi libri che abbiamo in casa a cominciare dai testi di scuola, non solo per il contenuto che essi offrono, ma perchè - al pari di tanti altri oggetti - ci riportano quasi intatta l'atmosfera degli ambienti frequentati o il sapore di particolari eventi che ci hanno segnato. Del resto, la vita stessa somiglia a volte alle pagine di un libro: anni simili a capitoli aperti e poi conclusi, alcuni complessi e articolati come una sintassi ciceroniana, altri più brevi e stringati - tacitiani direi - e tuttavia talora non meno difficili da comprendere.
 
Giuseppe Maria Crespi (1665 - 1747): "Libreria"
Ma torniamo al dipinto. 
Non è nuova nel tempo la rappresentazione di libri nei loro scaffali. Possiamo tornare indietro fino alle tarsie lignee dello "Studiolo" di Federico da Montefeltro nel Palazzo Ducale di Urbino, o - circa due secoli dopo - al celebre quadro di Giuseppe Maria Crespi che vi riporto a lato, da cui forse Frotzel potrebbe aver tratto ispirazione. 
Qui tuttavia c'è di più.
 
C'è una ragazza che legge a conferire alla scena un senso di intimità. 
L'armadio è vecchio e consunto: lo si nota dalle ante e dal vetro smerigliato, segno di uno stile che ci riporta indietro nel tempo. E la protagonista è forse solo di passaggio - è sua la borsa sullo sgabello lì accanto? - come pure improvvisato sembra il sedile altrettanto vecchio su cui si è fermata.
Eppure qualcosa ci parla del suo coinvolgimento interiore nella lettura del libro che ha tra le mani. Un fazzoletto caduto a terra e rimasto lì, il suo capo chino sul testo e tutta la sua persona che quasi entra nell'armadio come in un antico abbraccio possono suggerirci che abbia trovato qui un luogo appartato, un rifugio dove restare sola a far fiorire ricordi di vite passate. 
E il suo essere di spalle, se da un lato concentra l'attenzione sulla libreria, dall'altro è un modo per escludere il mondo esterno, a parte noi che guardiamo e in qualche modo partecipiamo alla scena.
 
Ma ritrovare un ricordo o uno scritto è un po' come riascoltare una musica che si dipana col suo ritmo e le sue svariate tonalità, parlandoci anch'essa con un linguaggio diverso ma altrettanto incisivo, se non di più.
Così, mi piace associare al dipinto di Frotzel un delicatissimo brano di Franz Schubert (1797 - 1828): il secondo movimento, "Adagio", dal "Quintetto per archi in Do maggiore op.163 D 956".  
Scritto dal compositore poco prima della sua morte e considerato dai musicologi quasi una sorta di testamento spirituale, il Quintetto si caratterizza per la dilatazione delle forme e alcune scelte tonali innovative.
L' Adagio - di cui la clip audio riporta solo una parte - è una pagina elegiaca di grande intimità e tono intensamente romantico: una melodia fatta di note ribattute che salgono progressivamente, prima luminose e poi drammatiche, prima pacate e poi inquiete. Ma i vari passaggi dal sereno Mi maggiore al cupo Fa minore vanno quasi sempre a sciogliersi in dolcezza.  
Una musica che sembra esplorare gli angoli nascosti dell'anima, con la stessa acuta, struggente intensità di un lontano ricordo ritrovato.

Buon ascolto!