domenica 26 luglio 2020

Lui e lei

Li vedo tutti i giorni nel mio paesetto di montagna, quando vado a bere il caffè in un mirabile angolo di verde: delicati e lievi come due giovani amanti un po' timidi, eppure tenaci nella loro leggerezza.
Sono due alberelli che osservo da tempo, due betulle che crescono in un prato dietro il quale scorre il torrente che, con suono fragoroso e continuo, sottolinea il silenzio circostante e la tranquillità del primo mattino.

Da tempo li ho chiamati "lui e lei" perchè, a differenza delle piante che crescono intorno, dritte e svettanti verso il cielo, intrecciano le loro chiome come fossero una coppia
Non nascono vicini: i loro tronchi sottili dalla bianca corteccia tipica delle betulle, sono ben distanziati; ma negli anni i rami si sono pian piano avvicinati a somiglianza di quelle persone che per un po' procedono isolate e poi intrecciano gradatamente relazioni con chi da tempo avevano accanto magari senza saperlo.  
Ma la loro presenza mi richiama alla mente anche le parole della volpe al Piccolo Principe sull'arte di creare dei legami:

"In principio tu ti siederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino..."
 
Potrebbe essere una coppia giovane, talora avviluppata da segreti pudori e che arrossisce anche al solo prendersi per mano. 
Altre volte invece, i due alberelli mi ricordano una di quelle coppie di una certa età e lunga consuetudine: lui un po' spampinato nei rami più alti e lei che gli si appoggia dolcemente, in certe mattine con un'inclinazione ancor più accentuata per il peso della pioggia della notte. Due alberelli che - come tutti - seguono l'andamento del cielo, esposti ora al sorriso ristoratore dell'azzurro, ora al vento o alla tempesta, in una dimensione di bellezza e insieme di provvisorietà che induce a pensare.
Stamattina, li attraversa il sole suscitando bagliori sulle foglie che sono tutte un palpitante luccichìo mentre, in controluce, appare più evidente il disegno dei loro rami lievemente allacciati. Ed è singolare come la natura - nel suo variegato splendore - sia vicina alla nostra umanità suggerendoci gesti, immagini, relazioni, dettagli di bellezza che ci parlano proprio dell'arte di creare dei legami.

Per questo, oggi ai miei alberelli desidero dedicare il "Larghetto" della "Serenata in mi minore per orchestra d'archi, op.20" di Edward Elgar (1857 - 1934): un pezzo di raffinata scrittura ma soprattutto di intenso romanticismo, forse tra i più celebri del compositore inglese.
Dopo un' introduzione pervasa da un clima nostalgico, il tema che si apre resta in sintonia con tale atmosfera attraverso accenti di profondo lirismo e tratti di intimità, sottolineati da misuratissime pause e sapienti pianissimo
Nella ripresa, tuttavia, Elgar ci regala un più energico e compiuto afflato di passione, per concludere poi tornando alla delicatezza iniziale.

Una musica ora scorrevole e luminosa, ora pacata e sommessa, che tuttavia sa scavare dentro: struggente malinconia e sprazzi di sereno si alternano infatti nel brano, ma - a mio avviso - è un vago senso di provvisorietà a conferire a queste note un fascino indicibile, degno quasi di un'aria pucciniana. È quella particolare malinconia che deriva dalla contemplazione di una bellezza destinata a sfiorire, mentre in ciascuno di noi abitano il desiderio e la nostalgia di una dimensione definitiva.

Buon ascolto!

sabato 18 luglio 2020

Donne col libro - 7


A.Renoir : "Ragazza che legge" Houston, Museo di Belle Arti.




















"Donne col libro, ovvero l'interesse": potrebbe intitolarsi così, questa volta, la piccola serie di dipinti - tre in tutto - che ho scelto tra la vasta gamma di esempi che la Storia dell'Arte ci offre.
Gli autori sono Renoir, Faruffini e Birney: un artista francese, uno italiano e uno statunitense pressocchè contemporanei, che hanno operato nella seconda metà dell'Ottocento o talora alle soglie del Novecento.

Della loro produzione sull'argomento mi hanno affascinato le figure femminili qui rappresentate: tre giovanissime donne in tre atteggiamenti e contesti diversi, eppure accomunate da un'attenzione vivida alla lettura e dal fatto di essere - in ciascun dipinto - le protagoniste assolute della rappresentazione.
Certo, ci sono anche i libri, e se nel primo quadro ne è raffigurato uno solo, negli altri sono parecchi: testi vecchi e nuovi, volumi antichi, tomi di biblioteca, libri di studio o romanzi...chissà! 
Ma nonostante questo, mi pare che l'attenzione dei pittori si sia incentrata non tanto sull'oggetto in sè, ma prima di tutto sulle persone che ne fruiscono: donne colte, che fanno della lettura ora un arricchimento interiore, ora una forma di svago, ma anche uno strumento di studio o di lavoro.

Osserviamo il quadro di August Renoir (1841 - 1919) intitolato "Ragazza che legge" e realizzato nel 1890. 
Mi pare sia poco più che una fanciulla la giovane raffigurata, che riempie con la propria presenza e col caldo colore del vestito buona parte dello spazio circostante. 
Pochi gli arredi intorno: la poltrona e il tendone le cui tinte richiamano quella dell'abito e quasi vi si fondono. Ma è proprio quest'ultimo, con la scollatura un po' arricciata e le maniche a sbuffo, a suggerirmi la giovane età della ragazza: forse un'adolescente attratta dai primi romanzi d'avventura o d'amore o da un testo di poesia. 
In realtà, non sappiamo che genere di libro stia leggendo, ma cogliamo il suo interesse dall'atteggiamento sereno e assorto, e dalle sue labbra leggermente socchiuse forse in un gesto di stupore. E mi pare che la composizione - peraltro non l'unica di Renoir su questo tema - si possa inquadrare bene tra le varie raffigurazioni del mondo borghese e soprattutto femminile ripreso spesso dall'artista e dalla pittura del secondo Ottocento.

F.Faruffini : "La lettrice" - Milano, Galleria d'Arte Moderna
Altra cosa - a mio avviso - è il quadro di Federico Faruffini (1831 - 1869) intitolato "La lettrice" e datato intorno al 1865.
Se l'attenzione assorta è la caratteristica della fanciulla di Renoir, qui la protagonista, pur sempre concentrata nella lettura, lo è tuttavia in modo diverso.
La giovane - forse Clara, donna con cui il pittore aveva una relazione, tant'è che non espose mai il quadro in vita - dimostra certamente interesse e forse piacere per ciò che legge, ma a me pare di scorgervi anche l'ombra di un atteggiamento critico.

Mi spiego: il suo non mi sembra l'abbandono di chi legge entrando in una storia e lasciandosene portar via, ma è lo sguardo di chi valuta e soppesa, l'attenzione di chi giudica e forse  confronta, data la quantità di libri affastellati sul tavolo.
Me lo suggerisce anche la posizione della testa leggermente tesa all'indietro, atteggiamento di chi non si lascia rapire totalmente da ciò che legge, ma - forse inconsciamente - frappone tra sè e il libro una distanza, quasi a rivendicare un'autonomia di giudizio.

Anche lo spazio che circonda la  protagonista è più ricco e articolato rispetto al dipinto di Renoir e, mentre da un lato ci riporta al passato, dall'altro ci riconduce agli anni in cui Faruffini vive.
Se infatti in secondo piano l'artista ha dipinto una natura morta - libri disordinati sulla scrivania, una candela, un'ampolla di vetro, un calamaio e un bicchiere con una viola del pensiero - ispirandosi alle tante opere del genere dal Seicento in poi, in primo piano ci regala un'immagine indubbiamente più moderna. 
La protagonista è presa in un momento di distensione in cui si rilassa leggendo, e ci appare come una giovane donna colta, disinvolta, libera e - rispetto ad altre raffigurazioni - anche un po' spregiudicata.
Ce lo suggeriscono il taglio fotografico che la riprende in un efficacissimo scorcio e soprattutto quella sigaretta accesa che la giovane tiene tra due dita, dati che ci testimoniano la vicinanza di Faruffini agli ambienti della pittura realista del secondo Ottocento e della Scapigliatura milanese.

Un'ambientazione per certi aspetti simile, ma un differente carattere della protagonista ci offre invece il dipinto di William Verplanck Birney (1858 - 1909) intitolato "The reader" e datato 1890.
W.V. Birney: "The reader" - Florida  (coll. privata)
Davanti a una scrivania stracolma di vecchi volumi talora un po' squinternati, con a lato un sottilissimo calice e un fiore, sta una giovane intenta alla lettura di un corposo testo.
Chi può essere? Una scrittrice? Una storica? Una giornalista? O una studiosa che desidera soddisfare un interesse personale?
Non lo sappiamo, ma di questa figuretta mi colpiscono il viso luminoso, la vivida attenzione e soprattutto la freschezza tipica di una persona desiderosa di apprendere.

Nonostante certi punti di contatto, anche questo dipinto si stacca dai precedenti. 
Quello della protagonista non è infatti il sereno abbandono della fanciulla di Renoir e neppure il piglio disinvolto e - se vogliamo - un po' critico della lettrice di Faruffini. 
Ma è la concentrazione seria di una giovane donna che forse cerca informazioni per motivi di studio o di lavoro.
Non si trova in casa propria in una pausa di distensione, ma probabilmente in una biblioteca a consultare vecchi testi, ed è pure di fretta. Lo dimostra il fatto che non si è neppure tolta il cappello e ha lasciato borsetta e guanti su di uno sgabello vicino. Una donna impegnata quindi, e ricca di un interesse per la lettura che sembra addirittura illuminare il suo viso.
Osservandola, mi viene in mente lo spirito appassionato e indipendente della celebre Jo March di "Piccole donne" e "Piccole donne crescono", romanzi che - proprio negli Stati Uniti - Louisa May Alcott aveva già pubblicato tra il 1868 e il 1869. Chissà mai che, raffigurando questa giovane lettrice, Birney non vi si sia ispirato?

E per passare alla musica, in sintonia con le immagini vi propongo un brano di Gabriel Fauré (1845 - 1924): la "Fantasia in mi minore op.79" per flauto e pianoforte.
Si tratta di un pezzo che coniuga il tema - un'aria inizialmente dolce e malinconica - con una varietà di accenti che vanno dall'atmosfera di una romanza a parti più accese e ricche di vivacità. 
Per quanto non sia suddiviso in veri e propri movimenti, il brano si compone di sezioni diverse: dopo un inizio più romantico, infatti, la Fantasia - proprio com'è tipico di questo genere di composizioni - si vivacizza con un andamento che alterna passaggi qua e là scherzosi ad altri più meditativi, toni maggiori a toni minori.
E mi pare che un andamento così variato possa in fondo rispecchiare la molteplicità di spunti che ci possono offrire i libri con i loro generi diversi, ma anche - e soprattutto - la multiforme ricchezza di emozioni e sentimenti che la lettura stessa sa suscitare in noi come nelle protagoniste dei dipinti qui presentati.

Buon ascolto!

venerdì 10 luglio 2020

"You were a child"

Ci sono versi di poeti, stralci di testi magari brevissimi come fulminee illuminazioni, che talora ci restano dentro e riaffiorano quando meno ce lo aspettiamo a interpretare una situazione, a identificare uno stato d' animo come noi meglio non potremmo.

Si tratta magari di ricordi lontani che pensavamo di aver dimenticato. 
Invece si sono depositati in noi quasi a nostra insaputa e talora - a distanza di tempo - si staccano come madrepore che da un fondale marino arrivano in superficie. Così prendono a parlarci fuori dal contesto in cui sono nati per diventare nostri. Del resto, prerogativa del linguaggio poetico è proprio la capacità di superare spazio e tempo per farsi universale, pur avendo origine da un impulso squisitamente soggettivo.

A me succede ogni tanto, soprattutto con i versi di Giuseppe Ungaretti che fotografano in modo essenziale e incisivo situazioni e moti interiori che il lettore può applicare anche a se stesso. Ed è stato qualche giorno fa che, riflettendo sulla pandemia e sulle prospettive future disegnate da vari esperti con l'incertezza che le contraddistingue, mi è affiorato da chissà dove questo verso ungarettiano:

"D'altri diluvi una colomba ascolto."

Un unico verso, ma in realtà un'intera poesia intitolata "La colomba" e formata proprio da un solo endecasillabo.
Non l'ho mai studiata a scuola, ma so da dove me ne deriva il ricordo perché me l' avevano chiesta - una vita fa! - all'esame di abilitazione. Francamente, non ho idea di cosa posso aver detto improvvisando su di un testo mai visto in precedenza, ma d'allora questo verso si è depositato in me lavorando in segreto, tant'è vero che è riaffiorato spontaneamente nei giorni scorsi.

La colomba nel racconto biblico annunzia la fine del diluvio universale, ma a me pare che qui, parlando di "altri" diluvi, il poeta faccia riferimento a sventure più recenti e vicine che egli stesso può aver vissuto - prima fra tutte la guerra - ma in rapporto alle quali avverte in sè segnali di salvezza. 
Me lo suggerisce il fatto che Ungaretti non scrive "una colomba attendo" - indice di una speranza, sia pure non ancora realizzata - ma proprio "ascolto", come se la fine dei diluvi fosse già in atto e andasse semplicemente colta prestando attenzione a una piccolo evento qual è il canto di una colomba. 
Un ascolto tuttavia anche interiore, quasi che la pace e l'armonia che essa simboleggia fossero da cercare prima di tutto in noi stessi, in un impulso profondo al quale dare spazio e voce.
Per questo, il verso ungarettiano mi comunica un senso di fiducia, come se la salvezza dalle varie tempeste della vita fosse già insita nella realtà, e il mondo fosse già stato riscattato in una dimensione che, però, non riusciamo a percepire e che solo l'intuizione di un poeta sa cogliere e anticipare.

E in parallelo con tali considerazioni, mi è tornato in mente un brano di musica di Giovanni Allevi tratto dal cd "Hope" - speranza, appunto! - uscito proprio verso la fine dello scorso anno. 
Il pezzo s'intitola "You were a child" - tu sei stato un bambino - e per certi aspetti è nuovo nello stile del compositore ascolano perchè, oltre che all'orchestra, è affidato ai "Pueri cantores" della Cappella Musicale del Duomo di Milano e al Coro dell'Opera di Parma.
A colpirmi è prima di tutto il testo, scritto dallo stesso Allevi, che recita così: 

"Please, remember when you were a child just like me
Everything was magic like a mirror of God
Now the world is crying for the lack of love
And the thirst for power has stolen your hearts.

See the world through my eyes
Remember when you were a child."

Non è nuova invece, nell'attività del compositore, l'attenzione verso il mondo dell'infanzia che qui è visto proprio come simbolo di uno sguardo di luce su tutto il creato. Nel canto, sono infatti i più piccoli a rivolgersi agli adulti chiedendo che essi - in un mondo che soffre per mancanza di amore e sete di potere - ricordino di essere stati bambini, recuperando quella dimensione di innocenza in cui la realtà era percepita come specchio di Dio.

Musicalmente, il brano si apre con una lunga introduzione per orchestra e coro: un canto senza parole che sembra arrivare dalla profondità di un mondo ignoto e lontano, da un buio che va dissolvendosi pian piano verso la luce, una sorta di caos primordiale che prelude però ad una nascita. 
Infatti, la parte sinfonica e corale, al culmine di un senso di intensa attesa, va a risolversi nella trasparenza di due splendide voci bianche con una semplicità che desta stupore. Il loro canto, prima pacato, si anima poi nell'esortazione conclusiva segnata da alcune vibranti dissonanze, e viene successivamente ripreso da tutto il coro con una leggiadrìa che lascia nell'ascoltatore un senso di profonda pace.
Dolcissimo, a mio avviso, il duetto finale dei piccoli solisti: un sorta di contrappunto che ci riporta alle radici classiche della musica di Allevi, e che si conclude con un acuto in cui strumenti musicali e voce umana si fondono diventando una cosa sola. 
Un canto che ci esorta a recuperare lo sguardo salvifico dei bambini, una luce di speranza nata dalla sapienza di un cuore di fanciullo come quello del compositore.

Buon ascolto!

lunedì 6 luglio 2020

Grazie, Maestro !



 

Ennio Morricone (1928 - 2020) : "Finale di concerto romantico interrotto"