lunedì 31 dicembre 2018

Stupore di una nascita

Bruno Grassi : "Natività"  (foto presa dal web)
Come mi è già capitato altre volte, prima di andare oltre vorrei tornare per qualche momento sul brano di musica pubblicato il giorno di Natale - "In the Bleak Midwinter" di Gustav Holst - e condividere con voi un paio di aspetti che hanno motivato la mia scelta.

Di Holst conoscevo composizioni di tono ora vivacissimo, ora invece molto romantico e non mi aspettavo un canto natalizio. Ma ciò che mi ha convinto a pubblicarlo è stata la particolare interpretazione che ho trovato su youtube. Del brano avevo già scelto un video del "King's College Choir" di Cambridge in una celebrazione ricca di intimità, ma proprio all'ultimo ho scoperto gli "Chanticleer" - coristi statunitensi attivi dal 1978 - e la loro esecuzione mi ha veramente affascinato. 
Perchè mai?
Prima di tutto, per i cambi di tonalità inseriti quasi ad ogni ripresa del testo che ci conducono in un clima musicale sempre differente. Insieme a questo, il canto è affidato di momento in momento a voci diverse: prima al coro in modo sommesso e a bocca chiusa, poi più forte, poi alla solista, infine di nuovo al coro. Voci diverse - appunto - ciascuna ad interpretare il Natale con una sua particolare sfumatura. Inoltre, l'impianto armonico presenta spesso dissonanze che conferiscono alla melodia spessore e modernità.
Ma a convincermi davvero è stata quella sorprendente esplosione di solarità che possiamo ascoltare a 1,43 dall'inizio - andate a risentirla, please! - che ci dice quanto il Natale non sia semplicemente dolcezza e intimità, ma anche un evento colmo di una gioia robusta, dirompente e coraggiosa. 

Bene. Dopo queste piccole precisazioni, oggi andiamo avanti a celebrare lo stupore di una nascita, lasciandoci prendere però da un'atmosfera musicalmente ancora diversa come quella di un coro alpino.
Si tratta di un canto di Bepi de Marzi interpretato da "I Crodaioli" e intitolato "Intorno a la cuna", dal cd "Varda che vien matina" (1977). 
È un brano pervaso dal consueto afflato poetico che anima i testi del compositore vicentino, un pezzo ricco di trasparenza e caratterizzato da una struttura armonica semplice che alterna passaggi di tono energico ad altri molto più dolci e sommessi. Ce lo suggerisce anche l'indicazione "Dolcemente con semplicità" che accompagna lo spartito.

Nasce un bimbo e tutti sono presi da stupore: dal padre cui segretamente trema la barba per la commozione, alla mamma che è contenta, dagli alpini a tutta una comunità di persone che si accinge a cantare una ninna-nanna per il piccolo. Sembra proprio di vedere tanti visi curvi sulla culla del piccino, ciascuno col proprio sorriso e il proprio incanto davanti alla meraviglia di una vita nuova.
Due particolari mi colpiscono nel testo. 
Primo è il fatto che ci si rivolga direttamente al bimbo: è il racconto dello stupore di una nascita narrato al neonato stesso ("la to cuna...to pare...to mama...te ghè...") e, anche se non tutte le strofe sono costruite così, mi pare comunque significativo questo regalare uno sguardo di positività alla persona che nasce. Infatti, è sottolineare la bellezza della sua esistenza, un po' come quando si mette per la prima volta un piccino davanti a uno specchio dicendogli: "Chi è questo bel bambino?...", perchè in lui inizi una sorta di riconoscimento del proprio splendore di essere umano e della festa che ciò irradia.
Il secondo aspetto degno di nota sta, a mio avviso, nel primo verso: "Intorno a la to cuna, l'amor se gà incantà!": un amore quasi personificato che ama il suo frutto, che ha un moto di toccante stupore per l'essere cui ha dato vita, proprio come Dio nel racconto biblico della creazione "...vide che era cosa buona".
E sulla gioia espressa da queste parole e queste note, mi piace augurare un sereno anno nuovo a tutti voi che passate di qui!

Buon ascolto!

martedì 25 dicembre 2018

Buon Natale!!!


Gerard van Honthorst (1592 - 1656) : "Adorazione del Bambino" - Firenze, Galleria degli Uffizi.

 
Gustav Holst (1874 - 1934) : "In the Bleak Midwinter".

venerdì 21 dicembre 2018

Voci di straordinaria trasparenza

(foto presa dal web)
Oggi è la volta di un ensemble vocale britannico che ho scoperto da poco su youtube e che mi ha colpito per la purezza delle voci e l'ampiezza del repertorio. 
Le sue interpretazioni vanno infatti da brani di polifonia rinascimentale fino ad arrangiamenti di musica contemporanea e tale versatilità è proprio la cifra distintiva del gruppo che si esibisce sia a cappella che all'interno di contesti orchestrali.

Sto parlando di VOCES8, coro nato nel 2005 e formato - appunto - da otto componenti così suddivisi: due soprani, un contralto, un controtenore, due tenori, un baritono e un basso.  
Ad affascinarmi è stata la luminosità delle voci insieme alla loro coesione perfetta che mi pare particolarmente evidente nel pezzo che ascolterete.
Ma a proposito del brano scelto, devo confessare che ho preso spunto dal blog "La verità vi farà liberi". Il carissimo Amicusplato ne ha infatti pubblicato alcuni giorni fa una versione ricca di pregio che potete trovare qui e della quale lo ringrazio. Ma insieme spero che mi perdoni se - presa dallo splendore di queste note - non ho resistito alla tentazione di postarle anch'io, sia pure nella differente interpretazione offerta proprio dai VOCES8.

Si tratta di un canto tradizionale tedesco intitolato "Maria durch ein Dornwald ging" ("Maria attraversò una foresta di spine"), melodia più volte rimaneggiata e usata come inno dai pellegrini intorno alla metà dell'Ottocento, ma ancor prima come canto di Avvento. Tuttavia il testo ha radici più antiche e, nonostante manchino certezze sulla data precisa della sua composizione, pare che, almeno nel suo nucleo originario, possa essere ricondotto a un Anonimo del XVI secolo.
In poco più di due minuti di musica, il canto ci riporta all'episodio evangelico della Visitazione, introducendo tuttavia elementi favolistici e un'atmosfera un po' fiabesca che può ricordare anche qualche tratto del Vangeli apocrifi. 
Maria è incinta e nel suo viaggio lungo e probabilmente difficoltoso verso la casa della cugina Elisabetta - il testo di Luca dice che andò verso la montagna - attraversa un bosco da tempo inaridito. Ma al passaggio suo e del bimbo che porta in seno, i rami secchi rifioriscono e le spine si trasformano in rose. 
Un racconto in cui la dimensione del pellegrinaggio e quella dell' Avvento si fondono, un luminoso miracolo, simbolo di un rifluire di vita tesa a distruggere la morte e rinnovare tutta la creazione.

Così pure, l'andamento malinconico del pezzo strutturato prevalentemente in tonalità minore, si carica di progressiva intensità e va a concludersi in maggiore con un accordo di rara bellezza proprio sulla "a" finale di Maria.
Straordinaria la trasparenza delle voci degli otto coristi che cantano le prime due strofe a sezioni separate e l'ultima tutti insieme, mentre l'arrangiamento conferisce al brano modernità e spessore.

Riporto qui la traduzione del testo:

"Maria attraversò una foresta di spine
Kyrie eleison!
Maria attraversò una foresta di spine 
che non aveva dato foglie in sette anni.
Gesù e Maria!

Cosa portava Maria sotto il suo cuore?
Kyrie eleison!
Un bambino piccolo senza dolore, 
questo era ciò che Maria portava sotto il suo cuore.
Gesù e Maria! 

Ma poi le spine  sono fiorite in rose
Kyrie eleison!
Mentre il bambino attraversava la foresta
lì le spine hanno portato rose.
Gesù e Maria!"

Buon ascolto!

venerdì 14 dicembre 2018

"Morning Grace"

Il mio vagabondare su youtube continua e così pure proseguono le mie esplorazioni di un mondo per me musicalmente nuovo come quello delle colonne sonore dei videogiochi giapponesi. 
Un mondo fantascientifico che ho sempre sentito estraneo ai miei gusti, e che tuttavia mi ha sorpreso per la suggestione dei brani che accompagnano i vari filmati.

Così sono ritornata alla musica di Yoko Kanno della quale, proprio a fine novembre, avevo pubblicato "Eyes" dal cd "Escaflowne - Over the Sky", in una incantevole versione per archi.
Oggi è quindi al volta di un altro videogioco, "Brain Powerd 2", uscito nel 1998, che fonde fantascienza e fantasy, terremoti, navi aliene, robot e guerre tra fazioni nella necessità di salvare l'umanità dall'estinzione. 
Si tratta di un canovaccio che in qualche modo ricalca altre precedenti composizioni e che, tra vicende di combattimenti, eroi e nemici, mi pare vada a costruire una sorta di mitologia fantascientifica degli anni Duemila. 
Non eccelso, secondo gli esperti, sul piano della realizzazione tecnica - risale infatti a vent'anni fa - il filmato ha però il pregio di vantare la colonna sonora di Yoko Kanno, musicista indubbiamente pregevole per la versatilità che - come scrivevo a suo tempo - la fa spaziare tra stili ed epoche diverse. Dal jazz al pop, dal rock alla classica e ancora indietro fino al Medioevo, mille riferimenti si possono ritrovare nelle sue note. Ed è anche questo il bello. 

Il brano che ho scelto s'intitola "Morning Grace", sempre in un'intensa versione per orchestra d'archi: un pezzo luminoso e di ampio respiro, un suggestivo esempio di musica che si può accostare a varie creazioni di fine Ottocento e non solo.
Se a proposito di "Eyes" avevo fatto riferimento a compositori tardoromantici, oserei dire che qui - oltre a Brahms o Tchaikovsky - si potrebbe citare anche Rachmaninov, in particolare nel terzo movimento del famosissimo "Concerto in do minore n.2 op.18 per pianoforte e orchestra".  
Non si tratta di una ripresa che vada a ricalcare con esattezza la melodia del tema, ma di un'atmosfera, di un clima musicale che sembra aleggiare sul brano in tutta la prima parte, mentre nel finale le ultime quattro note chiudono invece il pezzo con un modulo degno addirittura di una suite bachiana.
Non dimentichiamo, del resto, che anche uno dei più famosi film di animazione giapponesi - "Nodame Cantabile", uscito nei primi anni Duemila con musiche di vari autori - nella colonna sonora comprende svariati brani di classica.

E ancora una volta mi viene spontaneo osservare quanto la musica del passato sia più che mai presente nelle opere dei contemporanei, talora come vera e propria citazione, ma più spesso come substrato e patrimonio che riemerge nei moduli compositivi, in certi passaggi o nelle varie progressioni. 
Una lezione che, senza nulla togliere all'autenticità e alla fantasia di Yoko Kanno, ne va a sostanziare l'afflato: una cultura ormai interiorizzata che riaffiora naturalmente, divenuta parte integrante della sua ispirazione.

Buon ascolto!

venerdì 7 dicembre 2018

Attese

Osservo da qualche giorno la foto che il calendario mi riserva per il mese di dicembre.
Sto parlando del mio calendario toscano comprato lo scorso anno a Lucca, che da un anno è appeso vicino alla finestra della cucina e s'illumina al primo sole, quando c'è.

Dicevo che ne osservo da un po' la foto perchè, a tutta prima, mi è parsa strana. A dicembre mi sarei aspettata la neve o comunque un paesaggio invernale, magari arricchito da qualche tocco natalizio; invece trovo un tratto di campagna arata, dei cipressi, un antico casale e un sentiero segnato da cespi di erba ancora verde. 
Autunno?...Primavera? Anacronismi di chi ha scelto le immagini? È vero che il clima sta facendo impensate bizzarrie, ma...che anche nei calendari non ci siano più le stagioni di una volta???

A parte questo però, il panorama mi piace. E non solo perchè probabilmente si tratta di uno scatto sulla campagna senese che amo da sempre, ma perchè mi affascina il contrasto tra la delicatezza del cielo e la terra arata di fresco, lavorata, smossa e densa di promesse.
Ma in quale momento della giornata sarà stata presa questa foto? Al mattino o prima del tramonto? E quella sfumatura rosata da un lato è l'ultimo segno del fuoco dell'alba ormai dissolto, o annunzia lieve il prossimo calar del sole? 
Non ci sono riferimenti che ci orientino con precisione, così voglio pensare a un paesaggio colto nella nitidezza del mattino, definito da un'aria trasparente e colori tenui, ma anche da una terra corposa, accesa da tinte che vanno dall'ocra al marrone. Basta infatti ingrandire la foto per contemplare lo splendore di quelle zolle in rilievo dalle quali la luce va traendo intense sfumature e un senso di calda pienezza.

Mi pare stia proprio qui il fascino di questa immagine, nella vicinanza tra cielo e terra nonostante l'apparente contrasto tra alto e basso, vuoto e pieno, chiaro e scuro. Da un lato la suggestione d'infinito col suo mistero a suscitare da sempre interrogativi nel cuore dell'uomo, dall'altro quel campo arato, segno di concreta operosità e insieme di aspra fatica.
Ma un contrasto apparente - dicevo - perchè proprio dal cielo la terra attende con pazienza la pioggia o il sole, la neve o il vento, e ogni frutto che nasce dal suo grembo, come dal grembo degli esseri umani, è sempre in qualche modo il risultato di una fusione tra finito e infinito. E in questo senso sì, l'immagine può legarsi anche all'attesa del Natale.

Così, mi piace associarla a un brano di polifonia sacra: l'inno "God in my head" del compositore inglese Waldford Davies (1869 - 1941).
Si tratta di un pezzo brevissimo, simile a una sorta di antifona di apertura tesa a mettere sotto lo sguardo di Dio pensieri, parole e tutto ciò che nell'uomo è capacità di comprendere e sentire, come una sorta di cornice nella quale inscrivere ciò che vivremo. 
Una musica pacata e luminosa che si sofferma in particolare sulla parola heart (cuore) con un accordo più lungo che, nella sua armonia, esprime anch'esso  tensione e attesa verso un compimento.
Un inno che ha lo stile di un augurio all'inizio di un periodo nuovo, un nuovo giorno, un nuovo anno, e adatto - almeno così a me pare - anche a queste settimane di Avvento. Note e parole che mettono sotto un segno di sacralità, e al tempo stesso di concretezza, i giorni presenti e futuri.

Buon ascolto!