mercoledì 27 giugno 2018

Sigle Rai

(foto presa dal web)
Chi di noi può vantare quella che si dice una certa età, ricorderà sicuramente l' "Intervallo" televisivo trasmesso dalla Rai.
Erano gli anni Sessanta quando questo breve intermezzo nasceva dalla necessità di riempire ora lo spazio vuoto tra un programma e l'altro, ora il silenzio di qualche improvvisa interruzione dovuta a problemi tecnici.

In attesa che la trasmissione riprendesse il più presto possibile, si susseguivano immagini fisse in bianco e nero: pecore in particolare, insieme a scorci di paesaggio e monumenti un po' da tutta l'Italia. Era una pausa distensiva accompagnata da buona musica e in fondo anche un modo di viaggiare attraverso le foto che spesso ritraevano luoghi famosi.
Più avanti, negli anni Ottanta, al bianco e nero si è sostituito il colore, ma un certo cambiamento si è registrato quando le immagini - invece di panorami e monumenti - hanno iniziato a riportare scorci di vita quotidiana, luoghi di lavoro, a volte treni e stazioni, compreso talora il degrado di certi ambienti.

Oggi, all'intervallo si sono sostituiti gli spot pubblicitari una volta affidati al mitico "Carosello", ma in qualche modo la vecchia formula non ha cessato di esistere ed è stata riproposta dal 2013 col titolo di "Intervallo 2.0"
Lo scopo è ormai solo commerciale, tuttavia dell'antica versione è rimasta la colonna sonora che tanti certo ricorderanno, fatta di musica squisitamente barocca. 
E proprio qui volevo arrivare! Si tratta infatti della "Toccata" dalla "Sonata VI in La maggiore" di Paradisi, poi della "Sarabanda" dal "Concerto n.4 dei Concerts Royaux" di Couperin e infine della "Passacaglia" dalla "Suite per clavicembalo n.7 HWV 432" di Haendel.

Così, oggi vorrei soffermarmi sul primo e più vivace dei tre brani, dando il benvenuto in questo blog al napoletano Pietro Domenico Paradisi (1707 - 1791), contemporaneo - come si vede dalle date - dei più celebri musicisti dell'epoca a cominciare dagli italiani Vivaldi, Scarlatti e Porpora del quale a Napoli Paradisi era stato allievo. 
Il pezzo è nato in realtà come secondo movimento, "Allegro", della "Sonata VI in La maggiore" e l'appellativo di "Toccata" gli è stato dato poi, certo per il suo andamento brillante e il vivacissimo andirivieni di note particolarmente melodiose soprattutto nella famosa versione per arpa. Ma il brano è stato eseguito nel tempo anche con altri strumenti solisti, come pianoforte, organo, chitarra, fisarmonica, e pure arrangiato in versione jazz nelle più recenti rivisitazioni.
Una toccata ricca di scintillante inventiva dove il tema si articola prima in luminosi crescendo, poi in modo più sommesso e - nella clip video che ho scelto - l'arpa è accompagnata dall'orchestra d' archi.
Se già mi piaceva al tempo del primo intervallo televisivo, ancor più mi prende oggi con la sua freschezza e la sua trasparenza, le voci che s'inseguono, si richiamano e riecheggiano quasi fosse un canone, mentre ne scaturisce la gioia sorgiva di un ruscello ricco di acque.

Buon ascolto!

martedì 19 giugno 2018

Eleganza francese

(foto presa dal web)
Sono sempre più convinta che, in questo piccolo spazio web, sia la musica a imporsi guidando le mie scelte, talora anche al di là delle mie intenzioni del momento.
Ero infatti orientata a pubblicare un brano diverso da quello che troverete, incerta tra una mazurka di Glinka e un valzer attribuito a Chopin. Avevo già scritto quasi tutto il post, quando ho risentito per caso il pezzo di oggi salvato nelle bozze diverso tempo fa, e mi ha catturato di nuovo con un fascino che ha superato di gran lunga quello del primo ascolto.

Scatta a volte una sintonia per cui comprendiamo al volo che cosa ci è più congeniale in un determinato momento e che cosa no, da quali melodie ci sentiamo di lasciarci prendere e quali invece - per quanto si adattino bene al discorso, al dipinto, all'immagine cui sono associate - non sono le nostre qui e ora. Non basta infatti che siano belle, devono suscitare uno scatto interiore immediato e insieme un amore che regga al passare del tempo, capace di sorprenderci anche a distanza di giorni.

Così, quando ieri sera a post quasi finito ho riascoltato per caso Rameau, ho capito che avrei dovuto ricominciare tutto da capo perchè era la sua musica che volevo, quasi mi parlasse dentro.
Di Jean Philippe Rameau (1683 - 1764) ho già pubblicato altri pezzi tra i quali la famosa e splendida "Gavotta con variazioni" che - se volete - potete ritrovare qui. La cito perchè il brano di oggi, anzi i due brevi brani che si susseguono nella clip video fanno parte della stessa composizione: la "Suite in la minore RTC 5". Si tratta in particolare della "Sarabanda" seguita dal brillante pezzo di bravura intitolato "Les trois mains".  
Tre mani? Proprio così, e posso immaginare che il motivo di un titolo tanto singolare derivi dalla difficoltà, ma anche dalla velocità di esecuzione che, insieme all'incrocio della sinistra sulla destra, può dare l'impressione che davvero le mani siano tre!
  
Entrambi i pezzi sono tutta una fioritura di trilli e abbellimenti che l'interpretazione della bravissima pianista esalta in modo particolare, ora facendoci percepire il silenzio tra le note lente e solenni della Sarabanda a cominciare dal suo splendido esordio, ora consentendoci di cogliere anche le sfumature più giocose del branetto successivo. 
Prima un'attitudine meditativa, poi un andamento più leggero che si anima fino a diventare vivacissimo, sottolineati dall'uso del pianoforte invece del clavicembalo e da un'interpretazione certo più morbida. Delicatezza e brio meravigliosamente coniugati insieme all'inconfondibile eleganza francese del compositore.
Una musica sulla quale soffermarsi senza fretta, per lasciarsi pervadere dalla sua pace così come dalla sua luminosa, scattante energia.

Buon ascolto!

lunedì 11 giugno 2018

Un garbo pensoso

Una straordinaria, variegata, multiforme passione per la Bellezza della vita, quella con la maiuscola e quella nascosta negli angoli più quotidiani dell'esistenza: questa è la Sandra che ho conosciuto!

Basta scorrere i post e le immagini del suo blog che potete trovare qui o la sua pagina Facebook, per scoprire la ricchezza della sua anima creativa. 
Dagli splendidi acquarelli caratterizzati da un particolare gusto per il colore, alla poesia, dall'amore per la natura ai viaggi, fino ai tanti incantevoli lavori a maglia, segno non solo di abilità manuale, ma soprattutto di fantasia ed eleganza. Ho sempre avuto la sensazione che per lei fosse sufficiente mettere gli occhi su di un gomitolo di lana per vedere già cosa ne potesse nascere, quale ricamo raffinato, quale intreccio sapiente di trame e di trafori.

E poi le tante fotografie della sua quotidianità, attraverso le quali ci ha permesso di entrare nel suo mondo sempre teso a cogliere il calore degli affetti, a testimoniare il suo gusto, il suo desiderio di rendere bella la vita. Mi sono permessa di prendere dalle sue pagine alcune istantanee come la foto che vedete a lato, per me tenerissima, dove sta insegnando a suonare il pianoforte all'adorato nipotino.
Ma Sandra non era solo questo. Era anche una donna schietta e arguta, ironica e grintosa, di una grinta che la malattia aveva moltiplicato facendo emergere da lei tutta la sua capacità di mettersi in gioco in ogni situazione e rendendola ancora più combattiva. "Resistere" era la sua parola d'ordine, come lo era stata anche della nostra carissima Ambra.

Mi piace tuttavia ricordare qui anche un altro tratto del suo carattere che ho potuto apprezzare una volta in cui, per qualche momento, ci siamo trovate noi due sole, a tu per tu. Ed è un tratto di pacatezza e di discrezione, potrei definirlo un garbo pensoso.
Eravamo alla fine di un incontro tra blogger tenuto a Milano alcuni anni fa e Sandra, diversamente dal solito, era da sola. 
A sera ci eravamo recate insieme alla stazione: i rispettivi treni erano più o meno allo stesso orario e nell'attesa ci eravamo fatte compagnia. 
Era un po' affaticata, forse la stanchezza di fine giornata o forse un'avvisaglia della malattia che l'avrebbe aggredita di lì a poco. Mi pareva ci fosse in lei un sotterraneo timore o una segreta consapevolezza che qualcosa nella sua vita stesse per cambiare. Mi aveva parlato infatti di alcuni "pensierini" così come li aveva definiti, che ogni tanto la prendevano, niente di più. Ma chiacchierando di noi, dietro il suo sorriso e il suo consueto garbo, avevo colto un grande spessore insieme a una capacità di leggersi dentro - e di leggerti dentro - come poche: una capacità dolce e non invasiva, ma delicata come il gesto di una carezza. E me n'era derivato un gran senso di vicinanza.

Per questo, a lei voglio dedicare una delle più belle musiche di Giacomo Puccini, un'aria ricca di leggiadrìa e al tempo stesso di passione come il famosissimo "Vissi d'arte" dalla "Tosca".
Ho dato qui la preferenza ad una versione solo strumentale perchè lo splendore di una voce solista non ci distolga dall'incanto di queste note e dalla loro intensità. Intense come le parole della stessa Sandra tratte da un suo post dell'otto marzo 2015 che anche altri amici blogger hanno citato, ma che voglio ricordare anch'io per il loro coraggioso richiamo all'essenziale:

"L' essere anaffettivi, questo è il vero cancro dell'esistenza e io sono immune.
Quando la mia via - come quella di tutti - troverà la meta, so fin d'ora quali e quanti tesori saranno miei per sempre."

Grazie di cuore, Sandra, e buon ascolto!

mercoledì 6 giugno 2018

Armonie di un fabbro

 Nicolas de Larmessin II (1638 -1694): "Allegoria di un fabbro".
Non c'è due senza tre...ed ecco ancora Haendel per la terza settimana di seguito, naturalmente però con un brano che per atmosfera e stile si distacca dai precedenti.
È la versatilità del compositore - come ricordavo la volta scorsa - che gli ha consentito di spaziare con grande ricchezza creativa tra opere teatrali, musica sacra, concerti e melodie per voce solista o oper coro, divenute veri e propri patrimoni dell'umanità.

Oggi allora, ho scelto un' "Aria con variazioni", ultimo movimento della "Suite n.5 in Mi maggiore HWV 430" per clavicembalo, anche se ho dato la preferenza alla morbidezza di una versione per pianoforte.
Si tratta di un pezzo molto celebre, adattato nel tempo a diversi strumenti solisti e intitolato "The Harmonious Blacksmith": "Il fabbro armonioso". 
Si sa con certezza che il titolo non è stato dato dal musicista, tuttavia sulla sua origine sono state formulate varie ipotesi, anche se spesso prive di reale fondamento. 
Forse deriva dal soprannome di un certo William Lintern, apprendista fabbro con una grande passione per la musica di Haendel. 
O forse un caso aveva portato il compositore a ripararsi dalla pioggia vicino a una fucina, dove era rimasto colpito dal suono e dal ritmo del martello sull'incudine, e si sa che per un musicista - soprattutto se è dotato di orecchio assoluto - ogni rumore anche udito casualmente sa tradursi in note precise. Francamente non so se Haendel avesse questa capacità, immagino di sì ed è sempre una cosa affascinante. Ricordo una giovanissima pianista che, sentendo in piazza la campana della chiesa mi diceva: "È un do diesis!" e io dentro di me pensavo: "Beata te!". 
Ma torniamo alla musica.

Il brano si compone di un'aria e cinque variazioni. 
L'esecuzione, a mio avviso particolarmente scandita, mentre conferisce una giusta pacatezza alla parte iniziale, diventa poi più animata mettendo sapientemente in luce gli accenti ritmici che ci permettono di apprezzare il tema enunciato alternativamente dalla mano destra e dalla sinistra.
Mi pare che il pezzo si ponga sulla scia di quelle composizioni di contemporanei di Haendel quali Daquin, Rameau, Couperin, per non parlare di Vivaldi, che hanno riprodotto in note i più svariati suoni presenti sia in natura che altrove. 
E proprio Couperin ha imitato il battere di un martello nel pezzo intitolato "Le Tic Toc choc ou les Maillottins" che - se volete - potete trovare qui.

Ma il ritmo e la vivacità del brano di Haendel mi fanno pensare anche a dei bambini che cantano o che giocano. C'è infatti a partire dall'aria iniziale un'atmosfera di allegria che può ricordare una filastrocca infantile. 
Ciò non ne sminuisce affatto il pregio, ma ci induce a pensare che anche le composizioni più articolate nascano spesso da uno schema armonico di grande semplicità, come del resto le famosissime "Dodici variazioni per pianoforte K.265" di Mozart e tanto altro ancora.

Buon ascolto!