giovedì 15 agosto 2019

Buon Ferragosto!!!

A. Carracci: "Assunzione della Vergine" (particolare) - Madrid, Museo del Prado.















Con un dipinto del Carracci (1560 - 1609) e sulle note di Tomás Luis de Victoria (1548 - 1611), auguro a tutti voi buona Festa dell'Assunzione, buon ascolto e buone ferie!
Anche questo blog va in vacanza per qualche settimana.


A presto!

 

Tomás Luis de Victoria (1548 - 1611) : "Ave Maria".

venerdì 9 agosto 2019

Bach in jazz

Carlo Maria Barile (Foto presa dal web)
Non ho l'abitudine di ripetermi ripubblicando, magari a distanza di tempo, lo stesso brano musicale. 
Mi piace sempre cambiare e, anche se il numero delle musiche che pian piano si sono sommate in questo blog è già considerevole, cerco ogni volta di allargare lo sguardo a nuovi stimoli e magari a nuovi autori.
Tuttavia, talora si possono fare delle eccezioni, soprattutto se sono giustificate da un'interpretazione particolare o da un determinato arrangiamento che presenti il pezzo sotto un'ottica differente.

È il caso di una delle composizioni più conosciute - e forse anche più eseguite - di Bach: il "Preludio n.1 in Do maggiore BWV 846" del primo libro del "Clavicembalo ben temperato", famoso non solo perchè apre una delle opere più gigantesche del compositore tedesco, ma anche perchè è stato preso da Gounod come base per la sua celeberrima "Ave Maria".
Lo avevo pubblicato tempo fa proprio qui, splendidamente eseguito da Tzvi Erez, insieme a un altrettanto famoso studio di Schumann, perchè quest'ultimo mi pareva prendere spunto proprio dal preludio bachiano ed esserne un po' - diciamo così - la risoluzione in chiave romantica.
Oggi però lo ripubblico volentieri perchè - andando a zonzo su youtube come spesso mi capita - ho scoperto che, in un recentissimo concerto, questo pezzo è stato oggetto di una splendida improvvisazione jazz, e la cosa ha destato il mio interesse. Interprete è Carlo Maria Barile, giovane musicista di sicuro talento, già affermato a livello internazionale come organista classico, compositore e insieme pianista jazz, dimensioni differenti che convivono integrandosi perfettamente nella sua poliedrica personalità musicale.

Pur essendo numerosissimi gli artisti contemporanei che hanno arrangiato Bach con svariati tipi di contaminazione, l'interpretazione del Maestro Barile mi sembra particolarmente affascinante perchè cattura subito l'ascoltatore con una fantasia inesauribile che va oltre la semplice rielaborazione ritmica del brano, pur restando rispettosa del testo. Le sue improvvisazioni infatti - al di là della vivacità talora anche molto accesa di certe performances - non sono mai estreme perchè, se da un lato la sua inventiva fa fiorire le note con grande spontaneità, dall'altro - a ben ascoltare - è possibile riconoscere e seguire facilmente l'impianto armonico dell'originale. 
Inoltre, dal suo modo di suonare affiora a volte il ricordo di certi temi con variazioni di stampo barocco, coniugati però con la sensibilità di chi ha dentro il sapore della musica contemporanea. E ascoltarlo diventa solo gioia.

Nonostante qui il clima musicale sia inizialmente molto pacato, è possibile riconoscere tali caratteri anche nella rielaborazione del preludio bachiano.  
Il Maestro Barile ne esegue la versione originale all'inizio e alla fine, mentre la parte centrale della sua esibizione è dedicata proprio all'arrangiamento jazz.
È una passione dolce e progressivamente più intensa quella che il pianista vi esprime, tendendo un filo tra passato e presente e trasfondendo nel rigore bachiano la ricchezza della propria sensibilità.  
Vi si respira un'atmosfera di morbida dolcezza, talora vagamente danzante, declinata in un andirivieni di note nelle quali - ancora una volta - si può ravvisare la struttura armonica su cui Bach ha costruito il testo, insieme a qualche richiamo, qua e là, a ciò che ne ha tratto in seguito Gounod.
E l'inventiva dell'interprete è bellezza che si aggiunge a bellezza.

Buon ascolto!

sabato 3 agosto 2019

La lezione degli orti

Non ho il pollice verde - devo averlo già detto in passato - e benchè mi piacciano molto piante e fiori, non sono capace di farli durare se non per il periodo necessario perchè si completi la fioritura e a volte anche alcuni giorni in più.
Ma in confronto a chi mantiene e fa riprodurre da un anno all'altro il verde di casa, sono decisamente una frana. 
Lo so: le piante vanno amate, con loro si deve parlare - ho alcune amiche che lo fanno! - e vi assicuro che anch'io le curo e me le covo. 
Ma che volete? Temo sia un amore non ricambiato.

Piante ornamentali a parte, però, col passare del tempo, ogni tanto rispolvero l'idea di farmi un orto. 
Pare che dedicarvisi a una certa età abbia ampi benefici non solo in termini di produzione di ortaggi, ma anche sul carattere.
Dico rispolvero perchè - ad essere sincera fino in fondo - anni fa avevo tentato l'esperimento. Non ho un giardino tutto mio, ma ampi balconi dove, nell'arco della giornata, si alternano sole e ombra a volontà. Così, avevo pensato di sistemare la terra nelle cassette da frutta e voilà!, lì mettere a dimora le varie piantine. Detto e fatto. Così, per cominciare avevo scelto le fragole, pregustando un raccolto abbondante.
Ne sono nate tredici, di numero. Belle, buone, rosse al punto giusto...ma tredici. Poi le piante non hanno voluto più saperne di fruttificare.
Mi direte: ma la terra era quella giusta?...e il concime ?...l'acqua? l'esposizione???
Calma per favore, una cosa per volta, credete pure che ho fatto il possibile. Però, quando dopo il fatidico numero tredici non è nato più nulla, ho desistito.

Tuttavia, mi dev'essere rimasto dentro un desiderio inquieto di orto, perchè una delle passeggiate che più apprezzo qui, nel paesetto di montagna dove passo le vacanze, è proprio quella che costeggia i numerosi orti della zona.
Sono appezzamenti di terreno talora piccoli - magari ricavati da uno spazio estremamente ridotto - altre volte di più ampie dimensioni, ma sempre ben curati e spesso circondati da fiori come usa qui, con verdure rigogliosissime che, dalle foto che ho scattato, potete osservare nelle loro svariate gradazioni di verde.
Vi sono patate, carote, insalatine varie, coste, piselli, aglio, salvia, zucche e zucchine di cui nel tempo ho potuto seguire la crescita. Mentre infatti un mese fa spuntavano ancora timidamente dal terreno - va detto che qui siamo a più di 1700 metri! - ora lo ricoprono con cespi fitti e folti che sono una gioia per gli occhi. Li guardo e vi assicuro che faccio il tifo perchè ogni piantina possa giungere a maturazione senza danni dopo che, qualche anno fa, una violenta grandinata - fenomeno peraltro raro in questa valle - aveva letteralmente triturato fiori e verdure.
L'evento aveva gettato nella costernazione abitanti e turisti perchè un orto, qui, non è soltanto una fonte di sostentamento e un piccolo cespite di guadagno, ma anche un segno di attenzione e di perseverante cura del paesaggio, una delle tante dimensioni della bellezza del quotidiano. 
Una bellezza umile ma non meno preziosa di altre, che s'inserisce nella grandiosità e nella magnificenza del panorama circostante con un suo rasserenante splendore.

Forse per questo, quando è stato il momento di scegliere una musica da associare al piacere offerto dal verde degli orti, d'istinto ho pensato a Mozart e alla tranquillità riposante e insieme pensosa di certi suoi brani. 
Mi è poi venuto in mente che, anche nel bellissimo film "Il mio amico giardiniere" che ho recensito qui qualche anno fa, una delle colonne sonore della pellicola è proprio Mozart con il secondo tempo del "Concerto per clarinetto in La maggiore", il famosissimo K.622 ! E allora...
Allora del compositore salisburghese oggi ho scelto il "Concerto per flauto in Sol maggiore K.313" nel suo  secondo movimento "Adagio ma non troppo".

Si tratta di un pezzo rasserenante e cantabile che si snoda con ritmo tranquillo come nella mia passeggiata tra gli orti di montagna, dove la terra ancora insegna a scrutare il cielo in paziente attesa, insieme al piacere di veder nascere dei germogli, seguirne la crescita quotidiana e raccogliere con gioia i frutti.
Un Adagio che, nella calma e nella dolcezza del flauto solista, ci aiuta a ritrovare il giusto respiro. Ci accompagna così in un procedere privo di affanno, mentre ci guardiamo intorno lasciando che gli occhi si posino un po' pigramente sul panorama e si riempiano di colori, magari indugiando sul giallo dei fiori di zucca che occhieggiano tra il verde.

Buon ascolto!