domenica 31 marzo 2024

Buona Pasqua !

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Duccio di Buoninsegna (1255 - 1319ca) : "Noli me tangere" - Siena, Museo dell'Opera del Duomo.

 

Johann Sebastian Bach (1685 - 1750) : Cantata "Singet dem Herrn ein neues Lied" BWV 190 - Coro iniziale.

venerdì 29 marzo 2024

Venerdì Santo


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giovanni Bellini (1430 - 1516) : "Compianto sul Cristo morto" (particolare) - Roma, Musei Vaticani.

 

 Karl Jenkins (n.1944) : "Fac ut portem Christi mortem" dallo "Stabat Mater".

venerdì 22 marzo 2024

Specchi d'acqua - 3

Masolino da Panicale  : "Battesimo di Cristo" - Castiglione Olona
Nella carrellata di opere nelle quali - dal Medioevo in poi - i vari pittori hanno raffigurato degli specchi d'acqua riportando i tratti di un evento o all'interno di una descrizione di paesaggio, non possono mancare i fiumi. E come già ricordavo il mese scorso, è in particolare il Giordano ad essere stato rappresentato nei numerosi dipinti del "Battesimo di Cristo" che troviamo  soprattutto nei periodi in cui i temi pittorici erano in gran parte religiosi, anche se non manca qualche esempio più vicino a noi.
L'argomento infatti ricorre spesso nella pittura del passato, anche se in diverse opere il fiume non è
in evidenza con quella chiarezza che consente di coglierne caratteri e suggerire confronti con altri artisti. Per questo, tralascerò autori anche molto importanti quali Verrocchio, Leonardo, Raffaello, Lorenzo Lotto, Mantegna, El Greco e altri ancora, limitandomi a una breve carrellata delle opere che mi sono parse più idonee a far risaltare alcune differenze.

Anonimo del XIII sec. : "Battesimo di Cristo", Basilica di San Marco - Venezia













Consideriamo prima di tutto che la raffigurazione di uno specchio d'acqua è legata a quella del paesaggio. Come questo muta nel tempo non solo per i tratti più o meno naturalistici o fantasiosi, morbidi o stilizzati con cui è riprodotto, ma insieme per lo spazio che ad esso è dato nelle varie opere, così è anche di un corso d'acqua.
Lo dimostra uno dei più antichi esempi di "Battesimo di Cristo": il mosaico del XIII
secolo riportato qui sopra di un Anonimo del XIII secolo.
La stessa schematicità fantasiosa ed essenziale che troviamo nella raffigurazione
delle montagne e degli alberi è anche nelle onde del fiume: strisce sinuose e oblique nelle quali sono visibili i pesci oltre che una figura umana. Una schematicità tuttavia affascinante che, insieme al fondo oro, può ricordare le icone bizantine. 

Diversa nei tratti, seppure ancora in parte inverosimile, la rappresentazione delle onde nell'affresco dei primi del Quattrocento che vedete qui a lato e che ho già riportato altrove: opera attribuita al Maestro di San Bassiano e conservata nella chiesa di San Francesco a Lodi.
Ma tali esempi saranno superati ben presto da un'
iconografia ispirata ad un più marcato realismo e alla capacità di rendere le linee con tratti più plastici e sfumati.

Interessante fase di passaggio tra questi modi differenti di riprodurre il mondo delle acque, è costituita dalle opere di due pittori che - per quanto siano vissuti a un secolo di distanza - hanno trattato il tema del Battesimo con caratteri per certi aspetti simili: Giotto (1267 - 1337) e Masolino da Panicale (1383 - 1440).

Il fiume in entrambi i dipinti - quello di Giotto in un dettaglio qui a lato e quello di Masolino in grande in alto - è una distesa di onde verdi dalle quali traspare il corpo di Gesù che vi è parzialmente immerso.
Tratti senza dubbio più realistici, così come
l'impostazione prospettica che - per quanto approssimativa e ancora lontana dai calcoli matematici del pieno Quattrocento - ha comunque una sua efficacia.
Lo vediamo in particolare nell'opera di Masolino dove
è proprio il Giordano a segnare la profondità col suo andamento un po' sinuoso che si delinea dietro la vera e propria scena del Battesimo.

Tuttavia, la rivoluzione più significativa avviene con Piero della Francesca (1412ca. - 1492) al quale si ispireranno poi numerosi artisti rinascimentali.

Piero della Francesca: "Battesimo di Cristo" (part.) - Londra, National Gallery

Nella sua celebre tavola, l'acqua è davvero uno specchio e - se ci fate caso - l'ansa del Giordano riflette con grande limpidezza il cielo chiaro, le nuvole, la vegetazione e il colore vivace degli abiti di alcuni personaggi in secondo piano.
Un altro mondo rispetto al passato: un mondo fatto di
immobilità, compostezza e toni delicati che caratterizzano tutte le figure del dipinto, come si può osservare nell'immagine qui a lato.

Successivamente, numerosi altri pittori hanno rappresentato il fiume seguendo la stessa iconografia, ma conferendo al tratto pittorico morbidezza e plasticismo via via sempre maggiori.
Osserviamo qui sotto il particolare del "Battesimo di Cristo" del Perugino (1446 - 1523) e poi la foto dell'intero dipinto. 

Perugino: "Battesimo di Cristo"  (part.) - Kunsthistorisches Museum, Vienna

Se il dettaglio mette in luce la trasparenza dell'acqua e una rappresentazione sempre più realistica del fiume insieme alla vegetazione sulle sue sponde, vista nella sua interezza la tavola mostra tutta la lunghezza del Giordano col suo andamento sinuoso che diventa elemento portante del paesaggio segnando con molta verosimiglianza la prospettiva. 

La medesima caratteristica si può riscontrare anche nell'opera realizzata sempre dal Perugino sullo stesso tema e conservata nella Cappella Sistina in Vaticano, della quale ho riportato qui sotto un dettaglio della parte centrale.
Sono visibili distintamente le anse chiare e
serpeggianti del fiume che l'artista ha disegnato fino in fondo, a individuare la vastità di un panorama sempre più ricco di figure, edifici e vegetazione.

Proprio come scrivevo sopra, la rappresentazione dell'acqua si inquadra in quella del paesaggio che, col passare del tempo, non è più solo elemento secondario e accessorio, ma spazio al quale viene riservata sempre maggiore ampiezza.

Lo dimostrano i due dipinti successivi nei quali è evidente l'inversione di tendenza che si verifica nel rapporto tra figura umana e natura circostante. Se infatti nel Medioevo quest'ultima faceva solo da cornice, sia pure splendida, al tema rappresentato, col tempo essa prenderà sempre più spazio arricchendosi di affascinanti particolari. Saranno paesi, castelli, boschi e sull'acqua imbarcazioni o animali che talora - al di là di alcuni elementi di valore simbolico - poco hanno a che vedere con l'argomento del quadro, ma molto con la volontà di una riproduzione realistica dell'ambiente. Senza contare poi il fatto che, spesso, tale ambiente non è quello della Palestina, ma si ispira alla morfologia delle regioni di origine dei diversi artisti.

Maestro dell'Adorazione di Groote: "Battesimo di Cristo" - Collezione della Banca d'Italia  
 
Lo si osserva bene, a mio avviso, nella tavola che vedete qui sopra, attribuita al cosiddetto Maestro dell'Adorazione di Groote, artista fiammingo che opera agli inizi del Cinquecento. Qui, il rapporto tra figure umane e paesaggio è completamente capovolto rispetto al passato, e in mezzo a un panorama montuoso ampio e variato, tali figure risultano molto più piccole. Il fiume poi è un incantevole specchio d'acqua che disegna con grazia l'andamento del paesaggio, riflettendone le tinte giocate su sfumature di verde ora chiaro, ora più cupo. Non mancano inoltre splendidi particolari come nel dettaglio qui a lato: una felce che cresce sulla riva e due anatrelle che nuotano tranquille. 
Altrettanto significativo il quadro che vedete qui accanto. Si tratta del "Battesimo di Cristo" di Cima da Conegliano (1459 - 1517), conservato nella chiesa di San Giovanni in Bragora a Venezia e costruito con la stessa iconografia di tante opere coeve in cui la ricca natura circostante è raffigurata in una morbida atmosfera di serenità. Ma tale serenità tipicamente rinascimentale lascerà presto il posto a un clima pittorico molto differente, per svariati fattori tra i quali la diversa concezione della luce che si affermerà da Caravaggio in poi. Tuttavia prima ancora di lui, i mutamenti in atto sono già evidenti nel quadro riportato qui di seguito: il "Battesimo di Cristo" del Tintoretto (1518 - 1594) conservato a Venezia presso la Scuola Grande di San Rocco.
Ciò che colpisce è la grande drammaticità con cui è trattato il tema, una drammaticità che sembra quasi preludere alla Passione e che si riflette anche sull'ambiente e sulla rappresentazione del fiume. Le onde - a ben guardare molto realistiche - compaiono infatti dal buio per fugaci e improvvisi bagliori, in un clima fumoso e onirico che caratterizza diverse altre opere dell'artista. Ma sono soprattutto i forti contrasti luministici e le tinte scure e qua e là rossastre della composizione a conferire una patina di tragicità a quello che dovrebbe essere invece un evento gioioso.  
 
E per passare finalmente alla musica, ho preferito ispirarmi alla serenità dei dipinti precedenti scegliendo un pezzo di Franz Joseph Haydn (1732 - 1809) : il "Largo cantabile" dal "Concerto per pianoforte in Fa Maggiore n.3 Hob XVIII". 
Mi sono presa la briga - come del resto faccio spesso - di andare a vederne sul web la partitura: un modo - per così dire - di guardare negli occhi il brano osservandone tempo, dinamiche, abbellimenti e organico orchestrale. 
Così ho scoperto una composizione dalla scrittura nitidissima, di una chiarezza quasi mozartiana. E in effetti alcuni passaggi possono essere proprio assimilati a quelli del genio di Salisburgo. 
Originale l'introduzione che si apre su di una delicata melodia del violino solista. Di conseguenza sorprende - subito dopo - l'esordio del pianoforte che riprende la stessa melodia dolcemente ritmata e arricchita, qua e là, da una serie di trilli e abbellimenti. Sono proprio questi a condurci in un'atmosfera che sembra quasi imitare la scorrevolezza fluida dell'acqua, fatta di sonorità liquide e luminose in una sorta di affascinante sinestesia che ci cattura con garbo.

Buon ascolto!

(Le foto sono prese dal web)

giovedì 14 marzo 2024

A proposito di divertimento

Il web mi riserva sempre delle sorprese, e le mie frequenti scorribande su youtube ogni volta si rivelano ampiamente fruttuose.
Così, stante il fatto che nel pubblicare musica
non seguo un ordine cronologico, ma quello dell'umore, del tempo, della passione per tanti brani compresi quelli che cerco di suonicchiare, oggi mi ritrovo con vari pezzi di autori diversi - come dico spesso - in gioiosa lista d'attesa.
Da Bach a Rachmaninov, da Vivaldi a Mozart e
- perchè no? - ancora a Scarlatti, la provvista che mi attende è molto nutrita.

Bene. Complice il ritorno di un sole già primaverile dopo le piogge torrenziali dei giorni scorsi, oggi ho voglia di leggerezza. Così nella mia riserva di pezzi ho scelto un bel Divertimento di Mozart.
Sul significato di questo termine in ambito musicale credo di aver già fatto qualche cenno altrove
. Si tratta di un genere molto in voga nel Settecento, composto da una sequenza di movimenti diversi, spesso scritti per celebrare svariate ricorrenze, talora eseguiti all'aperto o durante un banchetto e improntati quindi a un clima di festosa leggerezza.

Una parola interessante divertimento, non solo nel suo significato di svago e distrazione, ma soprattutto per la sua etimologia che - dal latino divertere o devertere - indica un volgersi altrove, cambiando direzione o argomento o atmosfera o tono. E mi sembra proprio adatta a definire la successione di movimenti - tra loro, appunto, diversi - che compongono questo genere musicale come Allegro, Andante, Adagio, Minuetto, Trio, Rondò, Presto, solo per citarne alcuni.

Quando ancora andavo a scuola ma ero già - diciamo così - dall'altra parte della barricata, ogni tanto ai miei alunni che si lamentavano di una mattinata pesante dicevo che passare da una lezione di italiano a una di matematica, poi a scienze, a chimica o inglese, non era altro che...divertimento! Esattamente quel de-vertere, che distoglie l'attenzione da un argomento volgendo la mente ad altro oggetto, come recita nientemeno che la Treccani!
A dire il vero, qualcuno di loro mi guardava male...e per certi aspetti lo posso capire. Però sapevano che il mio era un
modo di alleggerire la lezione col sorriso, anche se quella che poteva sembrare una battuta in realtà non lo era.

Bene. Chiedo scusa per la diversione e torno subito al brano che è lo splendido "Allegro di molto" dal "Divertimento per archi n.2 in Si bemolle Maggiore K.137" di un Mozart appena sedicenne.
Il brano esordisce fondendo una vivacità spumeggiante a quella gioiosa e giocosa
freschezza trasfusa dal compositore nelle prime sinfonie che aveva iniziato a scrivere a otto anni!!!
Certo, questo è un pezzo d'intrattenimento dalla vena un po' salottiera e non vi
possiamo cercare lo spessore drammatico o l'intensità di altre successive creazioni. Tuttavia, quando si parla di un genio come Mozart, per quanto nel suo itinerario musicale si possano ravvisare le fasi di un cammino verso la maturità artistica, mi sembra sempre difficile classificare i brani giovanili come frutto di un'ispirazione ancora acerba. Ci sono pezzi scritti dal musicista appena diciannovenne che possono essere considerati veri e propri capolavori: basti pensare, solo per fare qualche esempio, ai Concerti per violino K.218 e K.219!
A volte la giovinezza, con le sue speranze e il suo sguardo rivolto al futuro, offre
ventate di leggerezza e cristalline trasparenze di straordinario splendore e, se pure nel trascorrere del tempo l'ispirazione si approfondisce, queste restano come una sorta di luminoso prodigio.

Buon ascolto!

(La foto è presa dal web)

 

venerdì 8 marzo 2024

Fantasticando un po'...

Come vedete, sono ancora in compagnia di Domenico Scarlatti ed è una settimana che giro intorno alle sue Sonate, anche se sarebbe più corretto dire che sono loro a girarmi in testa sovrapponendosi liberamente ai miei pensieri.
Il fatto è che questo complesso di ben 555
brani ha tale ricchezza e originalità sia sul piano dell'inventiva che su quello degli espedienti tecnici che, ogni volta che ne ascolto qualcuno, mi vengono in mente i riferimenti più disparati. 

Il primo naturalmente è Bach e non solo per la contemporaneità dei due compositori, ma perchè nei pezzi scarlattiani risuona spesso l'eco delle fughe, delle progressioni o di quelle strutture polifoniche di cui il musicista tedesco è stato indiscusso maestro.
Ma non è tutto. Se mi si consente un'affermazione azzardata, l'intero corpus delle Sonate mi ha
fatto pensare a due celeberrimi lavori bachiani fatti di pezzi diversi ordinati in meravigliosa unità: il Clavicembalo ben temperato e le Variazioni Goldberg.
Non oso andare oltre stabilendo paragoni più precisi perchè non ne ho le competenze e poi
perchè - come scrivevo sopra - forse l'idea è davvero un po' eccessiva: sia le Goldberg che il Clavicembalo ben temperato, infatti, presentano un impianto organico, una coesione e una simmetria pensate con programmazione matematica da un genio musicale unico al mondo.

Tuttavia, per quanto la fantasia scarlattiana si sia sbrigliata più liberamente rispetto a Bach esprimendo spesso tutta la bizzarria del tardo-barocco, ascoltando le Sonate mi viene comunque spontaneo pensare anche qui a un complesso non privo di una sua organicità. E se poco appropriato potrebbe essere il riferimento alle Goldberg, forse più adatto può rivelarsi quello al Clavicembalo ben temperato che Bach aveva composto in precedenza a scopo didattico, come sarà poi delle Sonate del compositore napoletano, pubblicate - almeno in parte - proprio come esercizi.

Ma il pensiero non va solo a Bach. Oltre a Zipoli che citavo la volta scorsa, l'ascolto mi suggerisce anche altri autori. Così oggi, sempre di Scarlatti vi regalo ancora due pezzi a mio avviso interessanti.
Avevo pensato in un primo tempo di tornare a un vecchio amore: la mitica Sonata
K.27 che ho già pubblicato tanti anni fa e che per me è tra le più affascinanti; ma proprio per questo merita un post a parte. Così, ho scelto due brani che, nonostante siano tecnicamente più facili, esigono però un'attenta interpretazione per fiorire in tutto il loro splendore.

Il primo è la "Sonata in La Maggiore K.208" che il compositore ha scritto, come le altre, durante il suo soggiorno in Spagna. I musicologi parlano di un'armonia dall'andamento talora inatteso che supera gli schemi della tradizione e qualcuno pensa proprio all'influsso della musica iberica.
Può anche darsi ma, ad essere sincera...io ci sento Vivaldi!

Appena ho iniziato ad ascoltarla, mi è parso infatti di immergermi nella magica atmosfera d
i certi pezzi lenti vivaldiani. L'indicazione è "Adagio e cantabile" e se provate a immaginare questa melodia trascritta per archi, sentite un brano dove il basso ritma e scandisce le note con splendida misura, mentre il violino ci regala un'aria ricca di dolcezza ed eleganza. Naturalmente sto fantasticando perchè non mi pare esista una versione per archi. Ce ne sono invece per chitarra o arpa dalle quali emerge soprattutto la nitidezza della composizione. Ma anche così, per pianoforte solo, la trovo di una meraviglia assoluta.

Diversa la "Sonata in Do Maggiore K.95" in apparenza lontana dallo stile scarlattiano e della quale esistono interpretazioni diametralmente opposte: alcune per clavicembalo a mio avviso troppo veloci, per quanto ritmate e ricche di abbellimenti; altre invece per pianoforte molto più lente, scorrevoli e oserei dire riposanti. Ho scelto così una di queste ultime le cui battute iniziali mi riportano nientemeno che a Mozart e ad Haydn: a Mozart per un'ombra di somiglianza con l'esordio della celebre Aria di Papageno dal "Flauto magico"; e ad Haydn per il ritmo ternario del tema che mi ricorda lo splendido Duetto di Adamo ed Eva dall'oratorio "La Creazione".

Sto fantasticando ancora certo, e non ho prove che tali riferimenti siano corretti se non il mio sgangherato orecchio musicale dove le melodie s'intrecciano a modo loro, seguendo percorsi un po' folli. Però mi piace pensare che sia così.

Buon ascolto!

(La foto è presa dal web)