L'estate è iniziata, il caldo pure, le vacanze forse e allora dai...oggi cambiamo decisamente argomento e parliamo di piacevolezze gastronomiche.
Non so voi, ma io - se ho
tempo - mi diverto a curiosare tra i siti di cucina. Ce ne sono di
bellissimi dove competenza e praticità sono unite a grande raffinatezza, a
cominciare da quello dell'amica blogger Patrizia Malomo intitolato "Andante con gusto", che è una vera gioia per gli occhi e per il palato.
Preciso subito che ai fornelli me la cavo con dignità, ma non sono quel che si dice una brava cuoca. Anche per questo amo prendere spunto dai vari siti sull'argomento, compresi quelli con annesso video che - fase per fase e in men che non si dica - illustrano la preparazione di torte, biscotti, semifreddi e creme. Così, m'illudo di poter raggiungere gli stessi risultati, anche se - ahimè - i miei a volte lasciano un po' a desiderare.
Proprio in alcuni di questi angoli del web mi hanno colpito da un
po' di tempo i titoli dei post perchè parecchi, nell'intento di vantare
le proprietà dietetiche di torte, creme e via dicendo, non sbandierano tanto gli ingredienti che ci sono, ma quelli che non ci sono!
"Senza olio, senza burro, senza zucchero, senza farina, senza lievito, senza panna..." come se quel senza fosse
la parolina magica, lo specchietto per attirare il lettore. È pur vero
che, se poi leggete gli articoli, andate a scoprire che non c'è
zucchero ma miele o altro dolcificante, e fin qui mi va bene; non c'è
burro ma yogourt e sono d'accordo; al posto del lievito il
bicarbonato, e passi. Ma scrivere senza panna e poi metterci il mascarpone, eh no, questo non vale!
C'è però una seconda categoria di siti dove i vari senza rispondono tristemente a nuda verità. Tu leggi e ti dici: "Ma com'è possibile?..."
È possibile, ve lo assicuro. Una volta mi è stato regalato un dolce fatto seguendo proprio questi dettami: "Stai tranquilla - mi aveva detto la cuoca - non ci ho messo uova, nè burro, nè olio, nè zucchero...".
A dire il vero, sarei stata tranquillissima anche se fosse stato fatto con questi ingredienti. Mi aveva impensierito invece la sua pasta sottile, crudarella, il suo colore un po' triste, anzi, tristanzuolo come mi aveva detto una volta
la commessa di un negozio a proposito di un abito dai colori spenti e
il termine mi era rimasto impresso. Tristanzuolo, sì!
Istintivamente, mi ero ricordata di alcuni dolci della mia infanzia che preparavano le
nostre mamme per i giorni di festa: creme con otto uova, crostate con burro a
volontà, ricette prese da antichi libri di cucina che ignoravano l'esistenza di colesterolo e trigliceridi! Certo, poi, dopo un po' di questo
regime alimentare, potevi anche dare il tuo fegato al gatto di casa, perchè a te non serviva più.
Ma la gioia di questi pranzi era impagabile, per il palato e per gli occhi.
Eh sì, perchè anche l'occhio vuole la sua parte, come sapeva Josefa de Obidos, la seicentesca pittrice
portoghese che ha dipinto la "Natura morta con dolci" che vedete in alto, dando loro un bel giallo energetico e vitale.
Ora lo so, insorgeranno dietisti e vegani, dicendo che i vari senza sono
in realtà un salvavita e - entro certi limiti - posso dar loro ragione. Ma
oggi volevo sorridere con voi e soprattutto sottolineare il piacere del
buon cibo e della tavola come luogo di gioia e convivialità.
Lo sapevano bene anche gli antichi per i quali un banchetto era così importante da dover essere allietato con la musica. Ma è nel periodo rinascimentale e poi barocco che tale consuetudine diventa un vero e proprio genere: la musica da tavola. Svariati sono i compositori che scrivono brani a tale scopo, primo tra i quali Georg Philipp Telemann (1681 - 1767) con al sua Tafelmusik, definita - come recita il titolo originale - "Musique de Table partagée en
Trois productions, dont chacune contient 1 Ouverture avec la Suite à 7
instrumens, 1 Quatuor, 1 Concert à 7, 1 Trio, 1 Solo, 1 Conclusion à 7
et dont les instruments se diversifient par tout". Un ricco insieme di brani da camera, quindi.
Tra questi, dall' "Ouverture in mi minore TWV 55" della "Tafelmusik Production 1" ho scelto la Giga. Il motivo è che, al di là della sua bellezza, questa musica fa riferimento a quella del grande contemporaneo di Telemann, Johann Sebastian Bach: lo stile delle Ouvertures, sia nella struttura che in certi spunti di contenuto, ricorda infatti le grandi Suites orchestrali bachiane.
Ma il brano che vi propongo, nel ritmo e soprattutto nell'esordio, mi richiama anche un altro pezzo di Bach, famosissimo per una sua moderna rivisitazione. Lo riconoscerete facilmente dalle prime battute: si tratta della "Bourrée" dalla "Suite n.1 per liuto BWV 996" arrangiata nel 1969 dal gruppo rock dei Jethro Tull. Così possiamo ipotizzare che anche Telemann vi si sia ispirato, dato che il pezzo bachiano precede la sua Tafelmusik di una quindicina d'anni.
Ultima precisazione. Stranamente, la didascalia del video su youtube porta l'indicazione "Air, un peu vivement" che si riferisce a un movimento che precede la Giga, errore purtroppo ripetuto anche in altre registrazioni dove i due brani sono stati scambiati. Ma vi assicuro che questa - e lo anche si sente anche dal ritmo - è senza dubbio la Giga: per esserne certa sono andata a vedermi la partitura sul Petrucci Music Library che è la fonte più ampia di testi musicali.
Quindi, potete mettervi a tavola tranquilli!
Buon ascolto!