giovedì 27 maggio 2021

La dimensione insondabile

Mi ha incantato questa foto di Franco Battiato bambino o forse appena adolescente, un'immagine che già conoscevo ma che ora - dopo la sua morte - mi restituisce ancora più intensamente quella dimensione di verità che sta nel profondo, all'origine di ognuno di noi.
Un' immagine d'altri tempi, se vogliamo: un
ragazzino in posa per il fotografo, in giacca e cravatta col vestito della festa, le labbra che accennano appena un sorriso, mentre i grandi occhi scuri tradiscono un lampo di malinconia.

Forse ad affiorare è l'indole pensosa
dell'artista insieme a quell'attitudine contemplativa tipicamente mediterranea che induce a osservare la realtà esterna senza perdere mai di vista un proprio riferimento interiore. Al di là dei capelli corti e delle orecchie un po' a sventola, è infatti lo sguardo - vivo e tuttavia discreto - a renderlo riconoscibilissimo e a regalarci quel filo che lo legherà poi al Battiato adulto, figura poliedrica di cantautore, musicista, pittore, filosofo.
E se la fisiognomica è quella disciplina che dai caratteri somatici vuol dedurre la
psicologia di un individuo, a mio avviso non poteva esserci foto di copertina migliore per il titolo di questo disco. 

Si tratta appunto di "Fisiognomica", album del 1988 da cui è tratto "Nomadi", il brano che oggi vi propongo, forse non altrettanto popolare e celebrato come "La cura", "Prospettiva Nevsky", "E ti vengo a cercare", "Centro di gravità permanente" o altri ancora, ma ugualmente suggestivo e profondo.
Il pezzo, in realtà, è stato scritto dal cantautore Juri Camisasca e Battiato ne è
solo l'interprete. Tuttavia il testo - che poi vi riporto - si sposa bene con la spiritualità del musicista siciliano e con i contenuti tipici delle sue canzoni. 

Già il titolo, "Nomadi", ci rimanda al tema del viaggio, all'inquietudine dell'andare e del cercare ripresa da termini come camminatore, viandanti, e poi ancora straniero e forestiero. Vi avvertiamo infatti un costante senso di straniamento e al tempo stesso il bisogno di una ricerca che spinge ad essere nomadi nello spazio ma anche nel tempo, perchè è alla fine della strada che si entrerà in quella dimensione insondabile cui ogni essere umano aspira.

Ma vi si coglie anche la solitudine di fronte all'immensità dell'universo e agli interrogativi esistenziali, perchè non possiamo delegare ad altri la ricerca di un senso che è soltanto nostro. Vengono in mente per certi aspetti i versi di Quasimodo nella poesia "Ed è subito sera" : "Ognuno sta solo sul cuor della terra..."; ma anche quelli di Ungaretti in "Girovago": "In nessuna / parte / di terra / mi posso / accasare (...) E me ne stacco sempre / straniero.".
Soli e forestieri dunque, come se ciò che chiamiamo casa fosse altrove,
e tuttavia animati dalla speranza che, alla fine della strada, un risveglio ci aprirà ad un altro cammino verso ciò che ora è insondabile mistero.
Un testo pervaso da profonda spiritualità e da quell'attenzione all'esperienza
interiore di cui Battiato si farà straordinario interprete per tutto il corso della sua vita e che andrà a permeare il suo pensiero e - inscindibile - la sua musica.

"Nomadi che cercano gli angoli della tranquillità
nelle nebbie del nord e nei tumulti delle civiltà
tra i chiari scuri e la monotonia
dei giorni che passano
camminatore che vai
cercando la pace al crepuscolo
la troverai
alla fine della strada.
Lungo il transito dell'apparente dualità
la pioggia di settembre
risveglia i vuoti della mia stanza
ed i lamenti della solitudine
si prolungano.
Come uno straniero non sento legami di sentimento 
e me ne andrò
dalle città
nell'attesa del risveglio.
I viandanti vanno in cerca di ospitalità
nei villaggi assolati
e nei bassifondi dell'immensità
e si addormentano sopra i guanciali della terra.
Forestiero che cerchi la dimensione insondabile
la troverai, fuori città
alla fine della strada."

Buon ascolto!

 

mercoledì 19 maggio 2021

"Eglantine table"

"Eglantine table" - Hardwick Hall, Derbyshire (UK)

 

 

 

 

 

 

 

Tra le esperienze più memorabili che mi hanno regalato i viaggi fatti fin quando è stato possibile muoversi liberamente, ci sono alcune sorprese.
A dire il vero, mi è sempre piaciuto programmare nei dettagli i miei itinerari o scegliere percorsi già organizzati che lasciassero ben poco all'improvvisazione. Tuttavia, i miei ricordi più intensi sono spesso legati a certi luoghi visitati un po' di straforo rispondendo a un'urgenza del cuore, o ad eventi cui ho assistito in modo del tutto inaspettato.

Penso a un viaggio a Lipsia e alla mia fuga di prima mattina sulla tomba di Bach nella solitudine della Thomaskirche, o alle ore rubate per correre alla National Gallery a Londra mentre il resto del gruppo andava altrove.
Ma ho in mente anche sorprese legate a precisi brani di musica: inni ortodossi di una bellezza sublime ascoltati in
San Basilio a Mosca; il Sanctus della Deutsche Messe di Schubert cantato con una solennità da mettere i brividi da una corale di passaggio, nella cattedrale di Spira.
Indimenticabili poi le prove del Concerto del Sabato Santo dirette da Gianandrea
Gavazzeni nel Duomo di Orvieto. Ci eravano entrati alle nove del mattino con altri programmi e invece eravamo rimasti lì fino alle undici, nonostante il freddo, incantati dal "Laudate Dominum" dei "Vesperae sollemnes de confessore" di Mozart, se ci fate caso proprio uno dei primi brani che ho pubblicato in questo blog. E l'elenco potrebbe continuare.

Il fatto è che quando la musica ci cattura all'improvviso, ha talora un impatto ancora più intenso di un ascolto rigorosamente programmato, perchè le sue note si fondono con il luogo e l'atmosfera circostante, facendo affiorare in noi suggestioni nuove che ne modificano la percezione. E tale è la corrispondenza che si crea con quelle note che la loro bellezza sembra nascere dal nostro cuore.

È il caso, per esempio, dei flash mob. Avete mai notato le espressioni delle persone che, i
n una piazza, in un grande magazzino, in metrò o in un museo si trovano casualmente ad assistervi? Certo c'è anche chi guarda e passa via, ma chi rimane - dai grandi e soprattutto ai bambini! - viene spesso catturato dalla bellezza, come si vede dal sorriso e dall'incanto con cui resta ad ascoltare. Piccoli cenni che indicano una grande partecipazione del cuore.

Bene. Proprio per questo, oggi andiamo insieme in un castello inglese, anche noi visitatori sorpresi da un flash mob come le persone riprese nel video.
Siamo in una sala di Hardwick Hall, fastosa dimora nobiliare in stile elisabettiano -
che ricorderete di aver visto anche in un film della serie di Harry Potter - e ci troviamo davanti a una singolare opera d'arte che, come altri arredi del castello, risale alla seconda metà del XVI secolo.
Si tratta della "Eglantine table" che vedete nelle foto, tavolo finemente intarsiato da artisti rinascimentali che, con abilità, decorativismo e diversi tipi di legno, sulla sua superficie hanno raffigurato strumenti musicali, spartiti, stemmi e giochi.
Ma vi hanno aggiunto anche ornamenti
floreali che rappresentano una varietà di rose - le "eglantine" presenti nell'emblema di famiglia - che hanno dato il nome al tavolo.

Il manufatto, probabilmente un dono di nozze, si pone nel tempo al seguito delle numerose opere in legno intarsiato di cui è ricca l'arte rinascimentale non solo all'estero, ma anche in Italia. Basti ricordare prima di tutto il celebre "Studiolo" di Federico da Montefeltro nel Palazzo Ducale di Urbino e insieme le tante tarsie lignee che ornano stalli di coro, armadi da sacrestia, cassoni nuziali e via dicendo, in molte chiese e palazzi disseminati nel nostro territorio.

Ma torniamo al castello di Hardwick dove il tavolo campeggia nella High Great Chamber. Qui, i coristi dell'ensemble "Les Canards Chantants" - specializzati in musica del Rinascimento - hanno dato vita agli spartiti intarsiati sull' Eglantine table, sorprendendo i turisti con un coinvolgente flash mob.
Il brano cantato è un inno penitenziale a quattro voci del compositore inglese
Thomas Tallis (1505ca. - 1585) il cui testo, intitolato "Lamentazione", fonde invocazioni presenti in diversi Salmi ed esordisce dicendo "O Lord in Thee is all my Trust!", Signore in Te è tutta la mia fiducia.

Il video riprende prima i visitatori che si aggirano per la sala osservando il tavolo e poi coglie la loro progressiva attenzione, attratti come sono dalla bravura dei solisti e dallo splendore del canto. Così si soffermano affascinati mentre, dalle espressioni e dai sorrisi che fioriscono sempre più vivi sui loro volti, affiora una gioia palpabile che spero raggiunga anche voi, nell'incanto di questa piccola parentesi di bellezza.

Buona visione e buon ascolto!

 

mercoledì 12 maggio 2021

Lezione di latino

Leggo con gioia che, da alcuni giorni, hanno riaperto i battenti teatri e cinema e - certo con le dovute precauzioni - è possibile assistere in presenza a spettacoli e concerti.
A Milano infatti, la Scala ha ripreso ad accogliere il
pubblico e lo stesso hanno fatto diversi altri prestigiosi luoghi di cultura.
Ma insieme vedo che, da giugno, sarà possibile
tornare a frequentare anche palestre, centri sportivi, scuole di danza e - nella leggerezza della ritrovata libertà - mi torna in mente un piccolo episodio che, a suo tempo, mi aveva fatto sorridere. Così ve lo racconto.

Siamo forse nel 2019, in ogni caso la pandemia è ancora lontana.
Sono in giro per compere e incontro la giovanissima figlia di una coppia
conosciuta solo un paio di settimane prima in casa di amici.
È lei a salutarmi con un sonoro "Ciao!" mentre cammino immersa nei
miei pensieri tanto che rischio di non vedere chi mi sta davanti. Sorride nello splendore dei suoi diciotto anni o forse meno, e quando la ravviso mi fermo un attimo a scusarmi di non averla riconosciuta al volo. Non importa, lei continua a sorridere e ricorda il giorno in cui ci siamo incontrate, mentre il discorso si dipana con una cordialità che - per essere due persone di età molto diverse che si sono viste una volta sola - mi sorprende.
Simpatica e spigliata questa ragazza: ha occhi chiari, una zazzeretta bionda e porta una
vivace gonna a palloncino sopra dei leggings neri, attillatissimi.
Parliamo ancora per qualche momento, poi si piega un attimo verso di me come
per farmi una confidenza, ma in realtà si scusa perchè è di corsa e deve andare:
"Sai, ho lezione di latino e non voglio arrivare in ritardo!". E vola via.

Per carità! La lascio andare subito, la lezione è più importante delle nostre chiacchiere e riprendo la mia strada con un sorriso.
Ma guarda un po' questi giovani, se ne parla tanto male mentre in realtà sono studiosi e
diligenti. Rivedo me stessa ai tempi del liceo: avevo preso anch'io per un certo periodo lezioni di latino, ma - diciamo la verità - ci andavo con questo gioioso entusiasmo??...Ma quando mai??!!
Strano però che la ragazza non avesse in mano un libro, nè un quaderno, un notebook, nè
uno zainetto che lo potesse contenere. Anche l'abbigliamento, a pensarci, era un po' originale: la gonna sopra i leggings...ma di sicuro è la moda! Rimugino questi pensieri per qualche istante mentre lo sguardo va alle vetrine e alle case vicine dove, fuori da un portone, mi colpisce una targa e all'improvviso mi si accende in testa una lampadina!!!

Stordita che sono!...Certo che la ragazza va a lezione di latino! E come no?... Ma di ballo latino!!!
Resto un attimo a bocca aperta, poi mi esce irrefrenabile una risata e rido da sola
in mezzo alla strada per la mia ingenuità, mentre una vocetta dentro di me dice: "Ma quanto sei indietro, mia cara, ti devi aggiornare!".
In ogni caso, qualunque fosse il contenuto della lezione di latino - Cicerone o un
paso doble, Tacito o una rumba - la ragazza era e resta simpatica, ragion per cui oggi le dedico una bella musica.

Ora lo so, penserete subito che, data la situazione, qui occorrerebbe come minimo una salsa o un brano di merengue. Ma ho deciso diversamente.
Da un lato, per la fanciulla danzante sono andata a cercare proprio un brioso
compositore latino-americano, e va bene. Ma dall'altro, il pezzo che ho scelto ha chiari riferimenti bachiani e Bach, nella storia della musica, è un pilastro fondamentale - lasciatemelo dire! - proprio come il latino nella nostra cultura. Entrambi antichi e moderni insieme, rigorosi, sistematici e - nonostante talora non ce ne rendiamo conto - vivissimi ancora oggi, uno nelle forme e strutture musicali, l'altro in quelle della nostra lingua.

Così, è il brasiliano Heitor Villa-Lobos (1887 - 1959) l'autore che ho scelto perchè nelle sue composizioni ha fuso melodie popolari del suo paese di origine con lo stile di Bach del quale è stato appassionato cultore fin dalla giovinezza.
Lo dimostra il fatto che tra le sue opere spiccano le "Bachianas brasileiras": nove
composizioni per diverse formazioni orchestrali in cui ha inteso realizzare proprio una fusione tra lo stile della musica brasiliana e quello dei Concerti brandeburghesi.
Il brano di oggi tuttavia, a dimostrazione di quanto l'amore per la musica bachiana
permei un po' tutta la sua produzione, non è preso da qui.
Si tratta infatti dello "Studio n.1 per chitarra W235", primo dei dodici studi che
Villa-Lobos aveva dedicato al chitarrista Andrés Segovia.
A parte il brio e la vivacità del pezzo,
talora nel suo insieme, talaltra in particolari passaggi si possono individuare precisi richiami a diverse creazioni bachiane. Nella sua struttura, io risento - per esempio - l'eco del celebre "Preludio n.1 in Do maggiore" dal primo libro del "Clavicembalo ben temperato".
Ma ancor più viva, per i continui arpeggi ripetuti su accordi diversi, avverto la
somiglianza col "Piccolo preludio in do minore BWV 999"  che chissà quanti di noi avranno suonato nei primi approcci a Bach. E ancora, in certi passaggi dall'andamento discendente, colgo un ricordo della cadenza del primo tempo del "Concerto brandeburghese n.5".
Sono riferimenti dei quali Villa-Lobos ha esaltato soprattutto il ritmo, creando un
brano antico e moderno insieme, uno Studio esuberante e acceso che, per la gioia della nostra giovane fanciulla, potrebbe anche essere danzato!

Buon ascolto!

 

mercoledì 5 maggio 2021

In cerca di leggerezza - 5

Rogier van der Weiden (1399 - 1464) : "Trittico dell'Adorazione dei Magi" (particolare)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Se poteste tornare indietro nel tempo, in quale epoca e dove vorreste vivere?
È una domanda che raramente mi sono posta e alla quale non credo saprei
rispondere con precisione indicando un periodo, un secolo insieme a un determinato luogo.
Nonostante i problemi della pandemia che, per certi
versi, hanno trasformato il mondo attuale in un cupo film di fantascienza, non ho mai desiderato essere altrove, neppure in una dimensione temporale, anche perchè non c'è un'età dell'oro che sfugga alla presenza di aspetti negativi. Eppure...

Eppure, a volte mi sono chiesta perchè certi luoghi esercitino su di me una misteriosa attrazione che me li rende familiari quasi li avessi già conosciuti o ad essi mi legassero oscure radici delle quali tuttavia non so ricostruire il percorso.
Ricordi d'infanzia? Può darsi. Reminiscenze di viaggio o suggestioni ricevute in quell'età in cui tutto
lascia in noi un' impronta destinata a riemergere nel tempo come cosa che ormai ci appartiene? Forse.
Il fatto è che spesso ho avuto proprio la percezione di appartenere ai
luoghi, quasi in essi abbia lasciato una parte di me che poi - ripercorrendoli a distanza di anni - puntualmente ritrovo. 

Ma esercita su di me una forte attrazione anche ciò che ci riporta ai secoli del passato, non solo nel fascino antico di alcuni nostri centri storici, ma anche nel nitido splendore di certi paesetti d'oltralpe che - ancora oggi - nelle loro architetture gotiche dallo stile fiorito, ci regalano un'aura fiabesca. Castelli, vecchie case a graticcio o altre dalle facciate spioventi, sagomate con originalità e fantasia, mi hanno sempre affascinato soprattutto in alcune cittadine dell'Europa centrale.
Come dicevo, reminiscenze di viaggio o forse - tornando ancora più indietro nel tempo -
immagini di una vecchia enciclopedia che sfogliavo spesso da bambina e tra le quali mi perdevo nel mio approccio incantato col mondo.

Così, la leggerezza che vado cercando oggi prende la forma di questi antichi ricordi, ritrovati nei particolari e nell'atmosfera di un celebre dipinto di Rogier van der Weiden (1399 - 1464).
Si tratta dei due dettagli riportati sopra e
tratti dallo scomparto centrale, che vedete qui a lato, del "Trittico dell'Adorazione dei Magi" - detto anche "Trittico di Santa Colomba" - conservato presso l'Alte Pinakothek di Monaco di Baviera. Nell'iconografia, comune ad altre opere di artisti coevi, sullo sfondo dietro alla capanna che delimita la scena in primo piano, si aprono scorci di paesaggio con immagini di vita cittadina. Nonostante la tavola sia di grandi dimensioni, notevole è la ricchezza di particolari che Rogier van der Weiden ha saputo sintetizzare in uno spazio comunque piccolo. Un'abilità e una capacità descrittiva che, se da un lato gli derivano dalla sapienza di orafi e miniatori di tradizione fiamminga, dall'altro possono ricollegarsi anche al suo viaggio in Italia e ai contatti con le novità della pittura italiana della prima metà del Quattrocento.

Nei dettagli riportati - tutti ambientati alla sua epoca, dallo stile degli edifici
all'abbigliamento - l'artista, nel realismo di una splendida articolazione prospettica, ha rappresentato infatti un grande fervore di vita: case, alberi, colline, torri, porte, strade, persone e uno scorcio del corteo che segue i Magi.
Ma ad attirare la mia attenzione sono soprattutto le architetture dello sfondo, le
tinte chiare e i profili nitidi ed eleganti delle facciate, insieme a un'atmosfera e un impianto urbanistico che si trovano ancora oggi in alcune cittadine delle Fiandre.

Osservazioni analoghe possiamo fare anche sui particolari che vedete qui a lato, tratti da due opere di Hans Memling (1436 - 1494) - o perlomeno a lui attribuite - conservate al Museo del Prado a Madrid.
Il tema è sempre l'Adorazione dei Magi e i due dipinti, nella loro iconografia, prendono spunto proprio da quello realizzato da Rogier van der Weiden qualche anno prima.

Anche in questi due dettagli, ci prende
il fascino che offrono talora le immagini di luoghi lontani nel tempo e nello spazio: piccoli inserti simili a quadri nel quadro, ricchi di vita autonoma. In essi lo sguardo si addentra un po' sognante, immergendosi nella luce che splende pacata al di là delle arcate scure, così come pacate sono le tinte degli edifici e dello spazio circostante.

Un' aura di bellezza che alleggerisce il cuore e alla quale, naturalmente, vorrei dare una colonna sonora. Così, ho scelto un brano che - a dire il vero - ho già pubblicato dieci anni fa, mese più, mese meno. Ma dopo aver navigato a lungo su youtube tra compositori antichi e moderni, mi è parso ancora il più adatto al
l'atmosfera di questi dipinti.
Si tratta del primo movimento della "Suite n.1" da "Antiche arie e danze per liuto - sec.XVI P109"
di Ottorino Respighi (1879 - 1936), raccolta in cui il compositore ha liberamente trascritto e riorchestrato musiche di vari autori del XVI e XVII secolo.
Il brano che apre questa Suite è infatti la rivisitazione di un pezzo del genovese
Simone Molinaro (1565 - 1634) e precisamente un Balletto intitolato "Il Conte Orlando", un'aria che unisce il ritmo di danza di derivazione popolare a una certa solennità tipica dell'ambito cortese.
Sono elementi che Respighi ha rielaborato con maestria in una
musica che - a mio avviso - crea in note un'atmosfera simile a quella dei vari dipinti e ci accompagna pacatamente nei luminosi spazi del loro paesaggio.

Buon ascolto!