domenica 31 maggio 2020

Sulle ali di Skrjabin

Gian Lorenzo Bernini: "Estasi di Santa Teresa d'Avila" (foto presa dal web)
Mi è capitato nei giorni scorsi di riascoltare un celebre brano di Alexander Skrjabin (1872 - 1915) che - se volete - potete ritrovare qui: lo "Studio in re bemolle minore op.8 n.12".
Si tratta di un pezzo che mi ha sempre affascinato per la sua atmosfera tempestosa, ma non avevo mai fatto caso all'indicazione agogica posta in cima allo spartito, che recita "patetico" facendo riferimento proprio alla passione davvero travolgente espressa da queste note.

Ma che cosa sono le indicazioni "agogiche"?
La parola, di origine greca, si riferisce a quelle didascalie che indicano l'andamento espressivo di un brano, da non confondere con le dinamiche. 
Mentre infatti queste ultime si trovano all'interno del pezzo a segnarne i mutamenti di intensità sonora - dal pianissimo al fortissimo con tutte le gradazioni intermedie per intenderci - le notazioni agogiche, in genere, sono poste all'inizio, ad esprimere il carattere del brano e la velocità, precisata a volte anche dall'indicazione del metronomo.

Si tratta di didascalie che conosciamo tutti: talora molto brevi - Allegro, Largo, Presto, Moderato, Andante e via dicendo - ma spesso accompagnate da una terminologia più specifica. Allegro maestoso non è la stessa cosa che Allegro scherzando, così come un Adagio barocco richiederà un' esecuzione diversa da un Adagio romantico. Ma per questo genere di osservazioni vi rimando a un mio vecchio post che potete ritrovare qui.

Allora perchè mai oggi torno sull'argomento?
Perchè, ascoltando Skrjabin, mi sono resa conto che, tra le notazioni agogiche dei diversi compositori, le sue sono quelle più inconsuete, fantasiose e bizzarre che si possano trovare. A volte poste in cima al pezzo e scritte in italiano - da sempre la lingua della musica! - altre volte all'interno del brano stesso, insieme alle note di dinamica e talora in francese.
Andiamo così dal tempestoso, piacevole, tenebroso, affannato, esaltato di alcuni Studi, al drammatico del brano che ascolterete. Ma il culmine, a mio avviso, si raggiunge in alcune Sonate dalle quali vi riporto vari esempi che il compositore ha annotato in francese per tutto il corso dei brani.

"Sonata n.10 op.70":

"très doux, pur...avec une ardeur profonde et voilée...lumineux vibrant...avec émotion...inquiet...haletant...avec élan...avec une joyeuse exaltation... avec ravissement et tendresse...avec une volupté douloureuse...avec une joie subite ...de plus en plus radiuex...trè doux...en s’éteignant peu è peu...avec une douce ivresse...frémissant, ailé...avec une douce langeur de plus en plus éteinte"

"Sonata n.7 op.64":
  
"mystérieusement sonore...avec une sombre majesté...avec une céleste volupté...très pur, avec une profond douceur...mystérieusement sonore...   animé ailé...très animé, ailé...étincelant...très pur, ave douceur...menaçant...
avec trouble...tres doux, joyeux, étincelant...vol joyeux...de plus en plus sonore et animé...come des éclairs...Foudroyant...avec une sombre majesté... orageux...une céleste volupté...très pur, avec une profonde douceur... mystérieusement sonore...ondoyant... animé ailé... avec éclat... mystérieusement sonore... avec une volupté radieuse, extatique...en un vertige  ...fulgurant...avec une joie débordante..."


"Sonata n.6 op.62":

"Mystérieux, concentré...Avec une chaleur contenue...Souffle mystérieux...onde caressante...concentré...ailé...Un peu plus lent...Le rêve prend forme (clarté, douceur, pureté)...Avec entraînement...Ailé tourbillonant...L’épouvant surgit...  Avec trouble...appel mystérieux...De plus en plus entraînant, avec enchantement...Joyeux, triomphant...Joyeux...Sombre...Epanouissement de forces mystérieuses...Avec une joie exaltée...Effondrement subit...ailé...Un
peu plus lent...Tout devient charme et douceur...Avec entraînement...Ailé, tourbillonnant...L’épouvante surgit, elle se mêle à la danse délirante..."


La cosa che più colpisce è il gran numero di espressioni usate da Skrjabin, certo a indicare l'andamento delle varie battute, ma forse anche nel tentativo di inseguire l'essenza della musica, quasi fosse un'entità inafferrabile che le parole riescono solo a sfiorare mostrando il loro limite in rapporto ai suoni. 
Parole che ci dicono quale sensibilità dovrà avere l'esecutore per interpretarle, e insieme quale potente carica emotiva abbia avuto in sè il compositore che ha messo così intensamente in gioco la propria anima.
Lo cogliamo attraverso la continua ripetizione di alcune espressioni: celeste voluttà, gioia, purezza, dolcezza e soprattutto mistero! Sembra che il musicista - di cui è nota peraltro la tendenza al misticismo - qui sia stato colpito da una freccia d'amore, improvvisa come un fulmine nel cuore di un temporale, fonte di un'ebbrezza prima dolorosa e man mano sempre più dolce ed estatica.
E a suggerirmi ancora quanto le note ci conducano in alto è l'aggettivo "ailé" - alato - a testimonianza del fatto che la musica ha davvero ali per condurci in un'atmosfera visionaria o nell'ebbrezza di un'estasi contemplativa.

Il brano che ascoltiamo oggi, tuttavia, non è tratto dalle composizioni citate sopra, ma da una precedente che mi ha affascinato in modo particolare.
Si tratta del primo tempo della "Sonata in fa diesis minore n.3 op.23": una sorta di musica a programma che Skrjabin ha intitolato "Stati d'animo" e nella quale le indicazioni agogiche sono seguite da una spiegazione. 
Qui, il movimento iniziale - "Drammatico" - è definito infatti dalla seguente didascalia: "L'anima libera e selvaggia gettata nel mulinello della sofferenza e della lotta".
Il pezzo è caratterizzato da un malinconico tema dal ritmo puntato e teso, e successivamente da alcune aperture qua e là più melodiche che, forse, possono aver suggestionato addirittura Rachmaninov. Mi pare infatti che un'eco lontana di tali aperture torni in alcuni passaggi del suo celebre Terzo Concerto, scritto circa dieci anni più tardi. 
Ma la mia scelta è stata dettata anche dall'interpretazione di Vladimir Horowitz che ci restituisce la drammaticità del fa diesis minore sottolineando con sapienza ogni minima sfumatura di queste note, insieme - naturalmente - ai contrasti tra pianissimo e fortissimo e alla morbidezza dei crescendo e diminuendo.

Buon ascolto!

sabato 23 maggio 2020

Visioni di assorta tranquillità

 "Interno con una finestra aperta"  - (Foto prese tutte dal web)

























Faccio riferimento al recente post intitolato "Donne col libro - 5" in cui ho riportato un dipinto del danese Carl Holsøe (1863 - 1935), per addentrarmi oggi in altre opere dello stesso artista che - indipendentemente dall'argomento della volta precedente - ho molto apprezzato.
Se nel vecchio articolo parlavo del clima di certi quadri e della rappresentazione di interni dal sapore antico, qui vorrei soffermarmi su alcuni di essi che - incuriosita dallo stile dell'autore - sono andata man mano scoprendo.

Sono splendide composizioni conservate anch'esse, come il dipinto della volta scorsa, presso collezioni private.
Scrivevo allora che, con tutta probabilità, l'artista aveva preso a modello la propria casa e sono parecchi i dipinti in cui vi ha delineato stanze nelle quali vediamo talora una figura femminile intenta a leggere o impegnata in altri piccoli lavori. 
Ma se in certi casi essa è chiaramente la protagonista della scena, più spesso è solo un elemento dell'ambiente, riassorbita - oserei dire - nella pacata armonia che il pittore le ha creato intorno, formata da arredi e spazi che sembrano comunque vivere di vita propria.
Ne è testimonianza il fatto che, anche quando il quadro è privo di figure umane, non risulta vuoto o in qualche modo incompleto, ma - almeno così a me pare - ugualmente ricco di un incanto che promana dalla luce che si riflette dolcemente sugli oggetti e dal colore chiaro di porte e pareti.
"Vista dalla finestra"
Osserviamo per esempio il dipinto nel riquadro in alto, intitolato "Interno con una finestra aperta", e poi quello qui a lato: "Vista dalla finestra".
Nel primo, è rappresentato un semplicissimo vano, forse solo una stanza di passaggio che, di per sè, potrebbe non avere un suo preciso carattere.
Invece Holsøe ne ha fatto un angolo raccolto, con un fascino creato dai pochi ma eleganti arredi, dalla finestrella che si apre sul giardino e dalla prevalenza di una calda tinta chiara.

Così pure nel secondo, la sedia vuota rivolta al giardino, lungi dal lasciare un senso di tristezza, mi sembra invece un sommesso invito a chi guarda perchè entri nel quadro, almeno con la fantasia. Non mi pare infatti che la scena evochi alcuna mancanza, ma - con tutta probabilità - quella sedia attende proprio noi, desiderosi di affacciarci alla pace della finestra aperta verso la folta vegetazione esterna.
 "Interno con giardino" 
Angoli silenziosi dunque, da contemplare come in un sogno, e pervasi da un'atmosfera di pacificante tranquillità che cogliamo anche in altre creazioni dell'artista.

Ed è il tema della natura morta quello che da esse affiora, tema che, se a volte è il perno attorno al quale sono costruiti interi dipinti, altrove - come osservavo la volta scorsa - appare solo in piccoli dettagli che vanno a impreziosire, qua e là, lo spazio riprodotto.
Ne derivano interni semplici ed eleganti, che ci diventano a poco a poco familiari proprio attraverso la rappresentazione di mobili, vasi, specchi e oggetti vari che - di quadro in quadro - riusciamo a ravvisare come immagini di un mondo ormai nostro nel quale è bello ritrovarsi.
"Donna che legge in un interno"
Incantevoli quelle ceramiche disposte su tavolini di mogano, ma altrettanto affascinanti gli scorci luminosi che - da una porta o da una finestra aperta - lasciano trasparire prospettive ariose su giardini pieni di sole, dandoci la percezione di una quiete in cui si vorrebbe essere immersi.
Rasserenanti sensazioni di tranquillità, che queste immagini ci trasmettono anche attraverso il contrasto tra ambienti ombrosi e altri illuminati dal sole che disegna lievi riquadri sul pavimento o si riflette sui tendaggi leggeri.
Sembra davvero di percepire la frescura delle stanze in primo piano mentre, nello spazio retrostante, una luce più viva riscalda mobili e arredi, offrendoci insieme il luminoso respiro della vegetazione esterna.

"Interno con ortaggi su di una sedia" 
E mi pare sia proprio uno schema iconografico ricorrente quella prospettiva che si apre verso le camere in secondo piano.
La ritroviamo in svariate opere del pittore tra le quali il dipinto intitolato - "Interno con ortaggi su di una sedia" - che rappresenta, tra l'altro, un ambiente decisamente diverso rispetto a quello di altre composizioni, rivelando un'insolita vena popolare nel suo stile, come fosse una sorta di eccezione.
Il quadro ci offre infatti uno spazio più semplice e spoglio, quasi povero - forse lo scorcio di una cucina o di una vecchia dispensa - contraddistinto da un intonaco più scuro rispetto ad altre opere, ma non per questo meno privo di fascino. Una rappresentazione che sembra confermare un secondo aspetto nello stile di Holsøe, anche sul piano della tecnica pittorica
Qui infatti, la pennellata è più larga e meno sottile, mentre sono i colori e la luce a dare spessore alla muratura e agli oggetti, con esiti che - se da un lato ci riportano al passato - dall'altro risultano modernissimi.

Si tratta di suggestioni della pittura di interni del Seicento olandese, o delle nature morte del francese Chardin, che Holsøe - a due secoli di distanza - ci restituisce pervase da una patina di più vaga nostalgia. 
Ma al tempo stesso sono tratti che, per certi aspetti, potrebbero avere ispirato anche Giorgio Morandi o addirittura di Mark Rothko.
A sollecitarmi questi richiami è da un lato la semplicità degli oggetti sulla rustica mensola, e dall'altro sono le larghe campiture di colore con la netta divisione orizzontale fra le due tinte della parete.
 
Ma quelle nature morte - la vecchia sedia impagliata col cesto di ortaggi, i recipienti a terra e altro vasellame sulla mensola - potrebbero anche rappresentare un vero e proprio studio dell'artista sul modo di raffigurare materiali diversi - legno, paglia, vetro, metallo, terracotta - e sulla luce che essi sembrano emanare.
"Interno con donna seduta" 
Uno studio che possiamo osservare anche nei dipinti già esaminati come pure in questo che vedete a lato: "Interno con donna seduta".

Qui, la splendida zuppiera in ceramica dipinta è accostata al vetro del vaso di fiori, allo specchio e al legno del tavolino, mentre - poco più in là - la finezza della stoffa celeste dell'abito della donna contrasta col rustico intreccio del cesto di vimini, come possiamo osservare dalle foto dei particolari.
Altri soprammobili sullo sfondo e i quadri alle pareti completano il dipinto, insieme alla luce calda che illumina la stanza in secondo piano.

Anche questo - quindi - uno scorcio di vita quotidiana all'interno della casa, colto con una pacatezza e un' armonia che avvolgono persone e arredi, con i medesimi tratti di levità e assorta eleganza che abbiamo già osservato sopra.
 
E per accostare una musica al clima assorto di tali immagini, ho scelto oggi un brano di Chopin.  
Si tratta del celebre "Andante spianato in Sol maggiore" che precede l'altrettanto famosa "Grande Polacca brillante in Mi bemolle maggiore op.22" già pubblicata qui anni fa.
Concepito inizialmente dal compositore come pezzo a sè stante e caratterizzato dall'atmosfera malinconica e crepuscolare di un notturno, l'Andante è stato solo successivamente inserito dallo stesso Chopin come introduzione al brillante dinamismo della polacca.

È un clima di rarefatta delicatezza quello che contraddistingue la melodia e ci conduce pian piano in un'aura di più intensa intimità.
Mentre la mano sinistra è impegnata in una serie di arpeggi che ci accompagnano per tutto il corso del brano, la destra ci presenta un tema in cui ogni nota ha una sua misura che, qui, il magico tocco di Arthur Rubinstein mette in particolare evidenza. 
E anche quando dalla lentezza iniziale il pezzo si anima, tale attenzione a sottolineare la minima sfumatura non viene mai meno.

Frutto forse del meraviglioso effetto del "rubato": quel procedimento musicale che, in una battuta, tende al alterare leggermente il tempo prima con un lievissimo accelerare e poi con un rallentare - o viceversa - che ne accrescono l'espressività, mettendo in gioco le emozioni dell'anima.

Buon ascolto!

sabato 16 maggio 2020

Oggi lasciamo la parola a un grande...

Ezio Bosso (1971 - 2020) - Foto presa dal web.





















"Sono in ogni nota che ho curato
Esisto in ogni nota insieme
Alle mie sorelle e fratelli
Figli o nipoti
Sono ogni nota studiata
Suonata e donata
Amata
perché non c’è nota che non ami
E che non abbia amato


Sono rinato
Nota dopo nota
Una nota alla volta
Fino ad abbracciarle tutte


Mi mancate
Quel sorriso che mi date
È dura
Il corpo non distratto dalle vostre note
Cura e terapia
E in ogni nota che sto curando
Preparando, studiando
Ci siete
In ogni nota
E saremo
Ogni nota"


Ezio Bosso, 2 aprile 2020.

 
Gioacchino Rossini (1792 - 1868) : "Amen..." dallo "Stabat Mater".

mercoledì 13 maggio 2020

Donne col libro - 5

Carl Holsøe : "Ragazza che legge vicino a una finestra"
























Oggi, per la serie di immagini che raffigurano donne col libro, mi piace soffermarmi su di un'opera che mi ha preso subito per la sua particolare atmosfera dolce e assorta, pacata e antica.
Si tratta di un dipinto di Carl Holsøe (1863 - 1935), artista danese la cui pittura rappresenta talora paesaggi e nature morte, ma soprattutto interni.
Sono composizioni che, per certi aspetti, ricordano lo stile del suo contemporaneo ed amico Vilhelm Hammershøi, raffinato e più celebre pittore di ambienti domestici, del quale ho parlato anni fa in un post che - se volete - potete ritrovare qui.
Ma se quest'ultimo delinea atmosfere talora più fredde privilegiando tra i colori il grigio, entrambi gli artisti sono accomunati dall'abitudine di rappresentare le figure femminili di profilo o - più spesso - di spalle, in un'iconografia dove gesti e atteggiamenti ben si armonizzano col pacato spazio circostante. 
Anche nei numerosi dipinti di Holsøe che raffigurano donne, si coglie la stessa serena fusione con l'ambiente e ciò è significativo soprattutto in quelli che le vedono intente a leggere un libro, perchè ne sottolinea il clima raccolto.

Tra le tante opere che l'artista ha dedicato a questo tema, trovo particolarmente incantevole quella che vedete qui, intitolata "Ragazza che legge vicino a una finestra", conservata probabilmente in una collezione privata come parecchie altre creazioni dell'autore.
Assorto è il primo aggettivo che mi sorge spontaneo osservando il quadro: attributo che si può riferire all'atteggiamento di grande compostezza della fanciulla china sul libro, ma anche all'atmosfera della stanza insieme ai tratti con i quali è delineata, ai colori, alla luce e agli arredi che le conferiscono un'aura particolare.

Siamo in una casa - probabilmente quella del pittore stesso - raffigurata tra l'altro in molti altri suoi dipinti: interni dal clima familiare contraddistinti da un arredamento elegante ma sobrio, e da un'atmosfera pacata che pervade ogni ambiente. Si tratta infatti una dimora signorile, ma non severa o solenne: non un luogo che incuta soggezione, ma uno spazio intimo in cui potersi dedicare alla lettura, lasciandosi pervadere da un respiro di serenità, mentre il passare delle ore si dilata infinito.

Se osserviamo infatti il particolare della ragazza col libro - dettaglio che è quasi un quadro nel quadro - sembra di vederla attraverso una patina lievemente sfumata che ne accresce la grazia e al tempo stesso ce la rende più vicina e familiare. Un effetto forse dovuto alla tecnica della pittura a olio che conferisce all'insieme tratti più morbidi e pacati. 
È la luce quieta del primo pomeriggio - almeno così a me pare - a illuminare l'abito della fanciulla dando rilievo all'ampiezza delle maniche, mentre il colore sembra fondersi con quello della tenda. Ma anche la prevalenza di due sole tinte - una chiara e una scura, sia pure in una gamma di sfumature calde e diverse - conferisce all'immagine un senso di grande semplicità ed eleganza.

Così pure, è sempre la luce a raggiungere lo strumento a tastiera in un angolo e lo scorcio di natura morta sul tavolino. 
Ed ogni arredo è delineato con una leggerezza che si riverbera sul più piccolo oggetto, rendendo affascinante l'atmosfera di questi interni: una casa in cui si vorrebbe abitare almeno in sogno.

Quanto sono belle le piante sul davanzale nei vasi di ceramica - una fiorita e l'altra rampicante - illuminate da fiotti di luce obliqua sulla parete variegata di ombre! Ma altrettando raffinati gli oggetti - un candelabro, una scatolina, un vasetto forse di cristallo - sul legno lucido del tavolino: una natura morta che mette a confronto materiali diversi insieme ad altri dettagli che ci restituiscono, a qualche secolo di distanza, la lezione della pittura fiamminga.
Un'immagine di quiete pomeridiana dunque, nel cuore della quale la protagonista è intenta a leggere. Non sappiamo quale libro la fanciulla abbia tra le mani, ma la sua serietà assorta ne fa - a mio avviso - un'icona di bellezza senza tempo.

E poichè ho parlato di sogno, mi piace associare a queste immagini una delle più celebri creazioni di Robert Schumann (1810 - 1856).
Si tratta di "Träumerei" - "Sogno" appunto - settimo brano delle tredici "Kinderszenen op.15", piccole scene di vita familiare, ricordi infantili filtrati dall'animo poetico del compositore.
Il pezzo rappresenta forse il momento più intenso di tutta la serie, contraddistinto da un lato dalla serenità iniziale, ma anche da una varietà di modulazioni che vanno a esprimere una gamma di sentimenti diversi.
Ce lo suggerisce l'alternanza di tonalità maggiore e minore, così come l'andamento ora ascendente, ora discendente della melodia. 
E sono note di straordinaria intimità che ci introducono in un delicatissimo insieme di moti d'animo, simile alla suggestione offerta - talora - dalle pagine di un libro.

Buon ascolto!

martedì 5 maggio 2020

...Pubblicità!

(Foto presa dal web)
Sì, volendo, dopo tanto tempo - e col pretesto del virus - potrei mettermi in pausa per un po' di giorni o, se preferite, di mesi...fate voi!
La parola pubblicità con cui ho intitolato il post potrebbe anche far pensare a questo.

In effetti, in un periodo di pandemia e di conseguenti incertezze esistenziali, è lecito prendersi una pausa di silenzio, un tempo per pensare e starsere rintanati mettendo tutto in stand-by per un po'. Non nego che sarebbe un'idea per "voltare pagina" davvero e inaugurare così la mia "fase 2"
Ma mi conosco e so come andrebbe a finire. Smetterei oggi...e non riprenderei più, perchè a prendermi poi - scusate il gioco di parole - sarebbero le cose, mentre per me il silenzio e il tempo per pensare sono proprio qui davanti al computer, in compagnia di tanta e ancora tanta musica.

E allora che significa pubblicità? Dove sta la pausa, il break?
Sta nel brano di oggi che ho scoperto a fine marzo in tv e su alcuni profili social, colonna sonora di un azzeccatissimo spot del Gruppo Mondadori, intitolato "Io esco con la fantasia" e dedicato - naturalmente - alla lettura. Il messaggio - e insieme l'augurio - della campagna pubblicitaria è che dal chiuso della quotidianità casalinga, particolarmente impegnativa soprattutto di questi tempi, si possa evadere attraverso i libri, da sempre oggetto di arricchimento culturale, oltre che di riflessione e di svago.
Lo spot è rimasto in tv solo per pochi giorni, ma la sottoscritta, colpita non semplicemente dall'efficacia delle immagini, ma anche dalla bellezza della musica di sottofondo, è andata subito a cercarne titolo e autore.
Si tratta di "With Some Malice" di Francesco D'Andrea - affermato compositore di colonne sonore per film, serie tv e video-games, nonchè arrangiatore e chitarrista - che qui ringrazio per la cortesia con cui mi ha consentito di pubblicare il suo brano segnalandomene la versione integrale.

Ma veniamo alla musica. Che cosa mi ha colpito in essa prendendomi proprio al primo ascolto?
A dire il vero, non una sola ma un insieme di cose, un riecheggiare di antico e moderno, una sintesi di elementi diversi che si fondono splendidamente nel ritmo della composizione. Chi mi legge sa quanto io ami da sempre la musica classica, capace di catturarmi in una sala da concerto così come in uno spot pubblicitario, e ad affascinarmi sono stati proprio gli svariati richiami ad essa presenti nel brano. Allora ascoltiamolo.

È un piglio deciso e grintoso quello con cui esso si apre, e il primo riferimento suggeritomi non tanto dal tema quanto dall'accompagnamento è stato il rigore di uno studio bachiano. Ma c'è dell'altro. 
Nella concitazione che ne caratterizza il ritmo, sento anche un' eco del presente, un richiamo alla ripetitività della musica minimalista, insieme a certe atmosfere di cui si carica lo stile di Philiph Glass. Non è un aspetto molto marcato, ma solo un' impressione che mi coglie poi, dopo ripetuti ascolti, come un rivolo d'acqua che scorre sotterraneo e ogni tanto affiora.

Tuttavia il brano ci conduce ancora altrove e indietro nel tempo. 
Il suo andamento è simile a un tema con variazioni, dove la melodia - vagamente angosciosa e al tempo stesso bellissima - è sostenuta da un accompagnamento sempre diverso come accade in tanta musica barocca: dall'aria della "Follia" comune a parecchi compositori, a certi passaggi di suites o concerti bachiani.  
Ma insieme, per un attimo, ritrovo nel pezzo anche un' eco delle atmosfere vivaldiane e, in un punto, persino Paganini. 
Dite che esagero???...Può darsi: ma più che riferimenti a opere precise, quelle che questa musica ci offre sono suggestioni, come se il compositore avesse fatto affiorare liberamente i paesaggi sonori suggeriti dal suo mondo emotivo e dalla sua formazione musicale. E non dimentichiamo a questo proposito che D'Andrea è anche sound designer.

Mi resta un interrogativo: che significato ha il titolo "With Some Malice" ? 
Confesso che, a tutta prima, mi è risultato un po' enigmatico. 
All'inizio, ho pensato fosse legato alla foto carica di una vaga sensualità posta in copertina, ma poi ho cambiato idea. A mio avviso, infatti, il termine malice potrebbe adattarsi bene alla disinvoltura un tantino spregiudicata - ma pienamente accettabile data la bellezza del risultato! - con cui D'Andrea ha mescolato presente e passato, attualità e barocco, originalità d'ispirazione e substrato della propria cultura musicale.
E devo dire che - se anche non corrispondesse alla realtà - questa seconda ipotesi mi piace moltissimo.

Buon ascolto!