martedì 15 agosto 2023

Buon Ferragosto !










 

 

 

 

 

 

 



 

Beato Angelico (1395 - 1455): "Assunzione della Vergine e Dormitio della Vergine" - Boston, Isabella Stewart-Gardner Museum.

Con un dipinto dell'Angelico e sulle note di W. Byrd, auguro a tutti voi buona Festa dell'Assunzione, buon ascolto e buone ferie!
Anche questo blog va in vacanza per qualche settimana.

A presto!


 William Byrd (1543 - 1623): "Assumpta est Maria", Graduale e Alleluia.

martedì 8 agosto 2023

Le mie città - 8


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Ma no, dai...che ti prende?" è stata la reazione di una persona amica quando io, fresca fresca, le ho mostrato l'immagine che avevo scelto per questo post della serie delle mie città, che è appunto quella che vedete qui sopra.
E ancora: "Stai scherzando?!...". Quando poi ha capito che facevo proprio sul
serio, ha insinuato che per il caldo mi avesse dato di volta il cervello, e del resto non sarebbe la prima volta che mi lascio prendere da un impeto di follia agostana.
Ma in che modo spiegare a lei, che mi elencava diligentemente - come se non le sapessi -
le belle città di cui ho parlato finora, che a me questa immagine piace davvero? E che dal primo momento che l'ho vista, come recitavano le vecchie dichiarazioni d'amore ottocentesche, non faccio che pensarla?
Vabbè, non esageriamo, ho anche altro per la testa, ma siccome quando ho in cantiere un post una sotterranea parte di me già se lo immagina covando la gioia della condivisione, posso dire che sì, anche quando faccio altro c'è un filo costante
che dentro di me lavora al blog.
Insomma, amica a parte, avrete capito che a me questa città-astronave piac
e moltissimo! E forse è arrivato il momento di sbrigliare i sogni e la fantasia!

Bene. Quello che vedete è uno degli schizzi intitolati "Architetture" di Mattias Adolfsson (classe 1965), grafico e illustratore svedese, noto per i suoi disegni dettagliati e stravaganti a inchiostro e acquerello. 
Si tratta di case e città sospese nello spazio in agglomerati dalle forme più fantasiose e bizzarre: ora disposte lungo una linea serpentinata come un treno, ora in un insieme a forma di sfera o di mappamondo o anche di inquietanti robot.
Agglomerati, dicevo, perchè le varie architetture rappresentate che evocano spesso stili del passato o edifici talora conosciuti, sono addossate le une alle altre senza spazi intermedi quasi a formare un blocco unico come si vede anche dalle foto riportate.
 
"Ma ti piacciono ???..." incalza incredula l'amica. No, queste a lato non mi piacciono, le trovo un po' soffocanti e le pubblico solo per dare atto a chi legge del particolarissimo stile dell'autore, ma quella in alto sì!

"Ma da che tipo di costruzioni sono formate queste - diciamo così - città?".
Se ci fate caso, niente di modernissimo o di
nuovo, e se stravagante è l'idea di agglomerare edifici quasi fossero mondi a sè stanti sospesi nello spazio, più che mai tradizionali sono invece i riferimenti architettonici che ricalcano i vari stili del passato.

Lo si osserva bene anche nell'opera in alto in primo piano, la mia splendida città - astronave! Sono tutti pezzi incastrati tra loro che, a una prima impressione, possono sembrare parti di un motore con bulloni, viti e guarnizioni; avete notato i due comignoli in fondo a destra simili a due tubi di scappamento? Ma non è un motore, bensì un blocco urbano con case, chiese, campanili, cupole, tetti e finestre.
Non solo, ma l'insieme è costruito in modo che ogni lato, anche quello
sottostante, presenti una sua facciata: a sinistra quella che sembra una chiesa gotica, a destra una sorta di abbaino e sotto - lo vedete vero? - un tempio greco con tanto di frontone e di colonne. Il tutto sormontato da una grande cupola diciamo rinascimentale. Insomma, una città impossibile che può nascere solo da un sogno o dalla fantasia.

"In pratica, un facsimile del nostro mondo in rotta verso l'ignoto degli spazi siderali, un mondo chiuso in se stesso, inanimato, senza un segno della presenza della natura...ma che avrà mai di bello?" torna a incalzare l'amica.
Devo riconoscere che non ha torto. Forse queste
bizzarre creazioni sono il simbolo di ciò che siamo diventati: un mondo contratto in se stesso quasi non avesse più respiro, simile a un'entità mostruosa e disumana. 

Oppure, penso io riferendomi alla foto in alto, un mondo in viaggio - come del resto ciascuno di noi - col fascino e i timori di ogni rotta verso l'ignoto. Un mondo che porta con sè il proprio passato senza ignorarlo: un passato ora luminoso, ora oscuro, per certi versi città delle fate, per altri città delle streghe.
E infine non posso tacere la particolare impressione che l'insieme mi lascia. Se infatti nei vari incastri architettonici la muratura è pesante per il suo spessore, la visione complessiva mi regala un senso di grande, sognante leggerezza. Insomma, una tecnologia che diventa arte.

Così, mi piace aggiungere un passo di Italo Calvino tratto da "Le città invisibili" che a mio avviso può commentare opportunamente questa immagine svelandone il fascino:

"… É delle città come dei sogni: tutto l'immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio, oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un'altra … Anche le città credono di essere opera della mente o del caso, ma né l'una né l'altro bastano a tener su le loro mura. D'una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda. " (pp. 49-50).

E a quale ritmo di musica si muoverà la mia fantastica città-astronave? 
Confesso che in un primo tempo avevo pensato al celebre incipit del poema sinfonico "Così parlò Zarathustra" di Richard Strauss, inserito tra l'altro nella colonna sonora del film "2001: Odissea nello spazio". Poi, anche alle musiche di Hans Zimmer nel film "Interstellar". Ma non mi convincevano. 
Infine sono approdata al secondo movimento - "Largo" - della Sinfonia n.9 in mi minore op.95 "Dal nuovo mondo" di Antonin Dvorak (1841 - 1904).
 
Benchè si tratti di un brano dall'afflato spesso dolce e nostalgico - e non sia la prima volta che compare in questo blog - l'ho scelto per quel meraviglioso esordio orchestrale, fatto di accordi stranianti che ci comunicano subito un senso di lontananza e di isolamento, quasi la musica stessa fosse in rotta verso l'ignoto. 
Vero è che il nuovo mondo cui si allude nel titolo della sinfonia è l'America dove il compositore l'ha scritta. Ma la suggestione con cui queste note - ora lievi come una ninna nanna ora più animate - ci pervadono, può condurci anche altrove, verso spazi infiniti e indefiniti, facendoci avvertire la malinconia di un distacco insieme allo spessore della storia che il nostro mondo porta con sè. Una storia di città affollate e convulse, fatte di assurdità, ma anche di bellezza e - come afferma Calvino - di desideri. 
 
Buon ascolto!

A questo link trovate la parte conclusiva del "Largo": https://www.youtube.com/watch?v=229MtHJRvUw.
 
(Le foto sono prese dal web)