venerdì 31 marzo 2023

Lo sguardo di Maria

Solo da pochi giorni ho scoperto sul web questa bellissima "Annunciazione" ed è proprio grazie al suo fascino che mi è nato il desiderio di condividerla qui, anche in considerazione del fatto che se ne è celebrata la ricorrenza proprio pochi giorni fa.
Si tratta di un'opera di Heinrich Johann Sinkel (1835 - 1908), artista olandese
formatosi però all'Accademia d'arte di Düsseldorf e poi - se si eccettuano brevi parentesi altrove - vissuto lì fino alla morte.
Il dipinto mi ha colpito per la nitida luminosità dell'ambiente, ma in particolare per la rappresentazione di Maria: una fanciulla
dall'espressione delicatissima e insieme interlocutoria, elegante nel blu di un mantello semplice e al tempo stesso sontuoso, ma soprattutto splendida nei suoi lunghi capelli ramati.
E mi ha subito risvegliato due ricordi: da un lato le tante Madonne di scuola
fiamminga - pensate a Memling, ma non solo - con la chioma dello stesso colore che, tra l'altro, sarà poi caro a parecchi artisti; dall'altro, lo stile dei Preraffaelliti che hanno spesso raffigurato le donne, e tra loro Maria, con lunghi capelli rossi, a cominciare da Dante Gabriele Rossetti. A dire il vero, non risulta che Sinkel abbia avuto contatti con loro, tuttavia di primo acchito il dipinto mi suggerisce qualche somiglianza.

Qui, infatti, Maria è una dolce fanciulla dalle trecce forse appena disfatte, colta nella sua stanzetta nell'intimità della preghiera o della meditazione, come dimostra il rotolo delle Scritture che ha davanti.
Da lei promana un'aura di straordinaria bellezza che Sinkel ha riprodotto nel lieve alone di luce che la circonda, ma sono soprattutto le mani e lo sguardo ad esprimerne lo stato d'animo. 

Non è paura la sua, ma certo sorpresa unita a consapevolezza di sè e domanda. Non è la dolce ritrosìa di certe Annunciazioni medioevali come quella famosissima di Simone Martini, dove il corpo della Vergine s'incurva quasi a ritrarsi di fronte all'Angelo. Ma la Maria di Sinkel ha nello sguardo la fermezza di una domanda che cogliamo anche nella destra alzata e nel capo leggermente inclinato come a chiedere ragione di ciò che le sta accadendo. 

Anche l'Angelo - un fanciullo pure lui dai capelli rossi - ha la stessa fermezza sia nel profilo che nel gesto della mano, e un'aura di luce intorno al capo.
In contrasto con i due mantelli a tinte forti,
l'ambiente è invece di una chiara luminosità messa in evidenza dal bianco del giglio e della colomba proprio al centro del dipinto.
Intorno, una stanzetta semplice, quasi disadorna
nell'essenzialità degli arredi, ma non priva di una sua grazia anche per l'apertura verso l'esterno, forse l'arcata di un loggiato, che ci riconduce all'iconografia di numerose Annunciazioni del passato - dal Beato Angelico al Perugino o al Botticelli solo per citarne alcune - dove la stanza in cui la scena è ambientata si apre sul panorama circostante.

E che cosa vediamo qui del mondo esterno?
Uno scorcio di prato, le fronde di un albero con alcuni
frutti, il cielo e in mezzo un fiume: particolari da scoprire pian piano che ci rivelano l'impianto realistico della rappresentazione nell'apertura a quel mondo cui è destinato l'evento che si compie in Maria. E poi dettagli come il libro sull'inginocchiatoio e altri ancora nell'angolo accanto alla Vergine, che ci parlano di assorta contemplazione in un'aura di calma e di silenzio.

Così, a questa immagine mi piace associare un brano dal "Magnificat RV 611" di Antonio Vivaldi (1678 - 1741), composizione affascinante e singolare non solo perchè il musicista vi rielabora ed amplia un suo precedente lavoro, ma perchè dei dieci pezzi che la compongono, ben sei - tra i quali quello che vi propongo - sono in tonalità minore.
Trattandosi di un tema di per sè gioioso come il
Magnificat, la cosa può suonare strana. Del resto, per Vivaldi non è un caso isolato perchè anche il suo "Laudate Dominum RV 606" esordisce proprio in minore.
A dire il vero, non ne conosco il motivo, ma mi
piace pensare che il compositore voglia in qualche modo simboleggiare quella fusione tra cielo e terra, infinito e finito di cui Maria è punto d'incontro, insieme alla percezione talora struggente di una gioia che scende a trasfigurare la realtà terrena senza però ignorarne il limite.

Anche per questo, del Magnificat ho scelto il "Quia respexit humilitatem" in sol minore, brano lento e lievemente scandito nel suo ritmo di Andante molto, che mi pare possa rispecchiare la stessa calma meditativa che ci regala il dipinto. Proprio tale ritmo di 3/4, fin dalle battute introduttive, può ricordare altre splendide melodie vivaldiane a cominciare dal secondo movimento - guarda caso anch'esso un Andante molto - del "Concerto in Do maggiore con molti strumenti RV 558".
Temi ricorrenti che attraversano la musica del compositore veneziano e ce ne
restituiscono l'anima in mille sfaccettature, a somiglianza della pennellata di Sinkel che conferisce a Maria uno sguardo di indimenticabile spessore e incanto.

Buon ascolto! 

(La foto è presa dal web)

giovedì 23 marzo 2023

Le mie città - 3

"Città sul mare"

Sono due tavolette di piccole dimensioni quelle che vi presento oggi, intitolate "Città sul mare" e "Paesaggio con castello sul lago", entrambe conservate presso la Pinacoteca Nazionale di Siena ed entrambe di discussa attribuzione. Ne è stata infatti riconosciuta la paternità prima al senese Ambrogio Lorenzetti (1290 - 1348), mentre in tempi più recenti il critico Federico Zeri ha ipotizzato che, in origine, i due dipinti fossero parte del Polittico dell'Arte della Lana (1424), opera di Stefano di Giovanni di Consolo, senese pure lui e meglio conosciuto come il Sassetta (1392ca. - 1450).

"Paesaggio con castello sul lago"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La singolarità di tali composizioni sta nel fatto che ad essere rappresentato è solo il paesaggio, tema che, se finora aveva fatto da semplice cornice e sfondo ad altri argomenti pittorici, balza qui in primo piano anticipando una tendenza che si consoliderà dalla fine del Cinquecento in poi.
Nel primo dipinto, quella che vediamo è una piccola città medioevale, sviluppatasi
probabilmente dal borgo del vicino castello, circordata da mura e affacciata sul mare. Alcuni testi dicono si tratti di Talamone, utilizzata a suo tempo dai Senesi come porto sul Tirreno e sormontata da una rocca esistente ancora oggi.
Nel secondo quadretto, in realtà, c'è solo un piccolo castello in mezzo alla natura e a
uno scorcio di lago ma, pur non trattandosi di una città, non mi piace separarlo dal primo perchè quella barchetta in attesa e l'assenza di figure umane mi regalano lo stesso silenzio, quasi fossero due opere gemelle. E in effetti, c'è chi ha avanzato l'ipotesi che fossero state dipinte sulle ante dell'armadio che conteneva il Polittico dell'Arte della Lana.

In ogni caso, due panorami splendidi, due piccoli gioielli pittorici che sarebbe bello contemplare magari in uno studiolo appartato, nella tranquillità pomeridiana di un giorno di riposo, o in quell'atmosfera un po' molle di certe domeniche solitarie quando le strade sono vuote, il cielo è appena grigio e forse pioverà.

Ma quali elementi hanno reso mie queste composizioni?
A colpirmi è stata subito la loro nitida armonia
, insieme alla capacità dell'artista di raffigurare la solitudine dei panorami, facendocene percepire non tanto il vuoto, ma soprattutto la calma e la pace.
Osservandone i particolari, mi sembra di poter entrare
nei dipinti, percorrendo le vie solitarie e strette tipiche dell'urbanistica medioevale, o addentrandomi tra il verde dei sentieri che dal castello sul lago conducono a una chiesetta poco più in su. Vie in apparenza assolate nel silenzio del primo pomeriggio, dove lasciar vagare i pensieri in una solitudine amica, tra edifici dalle eleganti merlature, torri alte e sottili, magari accarezzati dal vento che soffia dal mare. E insieme esplorare una campagna dai tratti affascinanti che ricorda tanti scorci del paesaggio toscano splendidi ancora oggi, o certi paesetti arroccati su di un colle che ho visitato spesso inoltrandomi nella loro quiete.

Analizzando la prima tavola, scopriamo un'attenzione minuziosa ai dettagli come le vele gonfie dell'imbarcazione sul mare, le inferriate alle finestre del castello e il ponte levatoio: dati che ci restituiscono una visuale nitida e realistica anche se talora prospetticamente un po' incerta - come si vede qui a lato - nella cinta muraria dietro la rocca.

I colori piuttosto tenui - grigio, rosa, verdino e il beige del terreno in apparenza brullo - conferiscono al quadretto un che di riposante, mentre l'assenza quasi totale di figure umane - se si eccettua quella in basso a destra, forse in procinto di fare un bagno - accresce la sensazione di calma che promana dall'opera. Ne deriva quasi una sorta di paesaggio ideale dalla fisionomia raccolta, da custodire nel cuore e al quale riandare ogni tanto in cerca di serenità, come a un luogo al quale ci leghi una segreta appartenenza.

Se nella prima tavola a prevalere è la geometria delle costruzioni, nella seconda è la morbidezza della vegetazione con le diverse tonalità di verde: dalle acque del lago, al terreno, agli alberi, agli appezzamenti coltivati, mentre le due collinette chiare in primo piano hanno un che di fiabesco che rimanda allo stile del Gotico internazionale, presente in Italia nel primo Quattrocento.

Non sappiamo con certezza se il lago raffigurato qui sia quello di Chiusi o il Trasimeno. In ogni caso, sono immagini che restano dentro e che possono aver colpito non solo uno spettatore profano come la sottoscritta, ma anche vari artisti suscitando  significativi ricordi o suggestioni.
Per questo, chi legge mi perdonerà se mi
abbandono a voli pindarici con un'ipotesi un po' azzardata.
Nelle mie peregrinazioni sul web, mi sono
imbattuta infatti in un affascinante dipinto di una delle personalità artistiche più significative del Novecento: si tratta di "Chosen site" di Paul Klee (1879 - 1940).

Qui - come vedete nella foto a lato - in un ambiente spoglio e disadorno, il pittore ha rappresentato un agglomerato urbano fatto di tante casette addossate le une alle altre e di torri, forse anche una cinta muraria, probabilmente su di un colle. Una struttura che può ricordare quella di un paesetto medioevale molto stilizzato, incantevole nella sua essenzialità di linee angolose e geometrizzanti, che - chi lo sa! - potrebbe anche essere stato ispirato dalla "Città sul mare" del Sassetta. La cosa, del resto, non sarebbe così inverosimile perchè Klee, dai 22 anni in poi, si era recato più volte in Italia per un apprendistato pittorico, riportandone una grande ricchezza di stimoli e suggestioni.

Allora, alla calma di queste città uscite dalla fantasia di artisti antichi e moderni, mi piace associare un brano di Bach, autore del passato e insieme del presente, tanto la sua musica sa parlarci ancora oggi entrando nel nostro vissuto a sostanziarlo con l'inesauribile splendore delle sue note.
Si tratta della "Sarabanda" dalla "Partita n.1 per clavicembalo in Si bemolle maggiore BWV 825",
danza dall'incedere tranquillo che sembra proprio condurci con passo lento attraverso le silenziose geometrie di queste città.
Tecnicamente abbastanza facile, il brano esige però un'interpretazione che sappia
giocare sulle sfumature, sulle dinamiche di crescendo o diminuendo e sull'alternanza ritmica di sedicesimi e trentaduesimi, per far fiorire tutta l'intimità e la delicatezza di alcuni passaggi.
Una musica dalla quale lasciarsi portare con la stessa serenità pensosa che ci
offrono queste immagini per meglio addentrarci nella loro bellezza senza tempo.

Buon ascolto!

mercoledì 15 marzo 2023

"Per colui che segretamente ascolta"

Ho scelto un suggestivo dettaglio del dipinto intitolato "Viandante sul mare di nebbia" di Caspar David Friedrich (1774 - 1840) - e forse non basta ancora - per rappresentare i tratti del genio musicale di Robert Schumann (1810 - 1856).
Friedrich e Schumann: due artisti vissuti per
buona parte della loro vita nell'ambito culturale del Romanticismo tedesco che - sia pure con linguaggi differenti - hanno rappresentato non solo riflettendone i caratteri, ma in qualche modo travalicandoli e precorrendo per certi aspetti anche i tempi.

Se Friedrich ama la solitudine di una natura cupa, il clima pittorico dell'arte cimiteriale e il gusto per le rovine in voga alla fine del Settecento, nel raffigurare il suo celebre Viandante va oltre. Dipinge infatti nebbia, nuvole, rocce e alberi, ma il senso di infinito e indefinito che vi fa aleggiare nasconde la fisionomia del paesaggio inducendoci a immaginare dirupi e forre in un'atmosfera fortemente onirica.
E la figura del protagonista vista di spalle - un personaggio nel quale anche lo spettatore si può immedesimare - accresce il senso di mistero e la percezione della piccolezza dell'uomo davanti alla grandiosità della natura. Una sproporzione che, se da un lato si traduce in poetica del sublime, dall'altro può anticipare quel disorientamento che darà poi origine alla crisi esistenziale di fine Ottocento.

Sul fronte musicale, Schumann si fa interprete dei più squisiti tratti del Romanticismo, attingendo certo a Beethoven, ma rinnovando l'omaggio al suo grande modello attraverso una sensibilità che lo porta spesso ad esplorare i timbri più rarefatti dell'espressione. L'amore per la natura e l'intensa e tormentata passione per Clara Wieck, fortemente osteggiata del padre di lei, sono due dei nuclei ispiratori attorno ai quali si incentra la sua poetica musicale.
Solo per fare qualche esempio, il primo emerge da composizioni quali
"Waldszenen"  (Scene dal bosco); il secondo da quel meraviglioso Lied che è "Widmung" (Dedica), scritto proprio per l'amatissima Clara. Ma anche in altri brani registriamo un alternarsi di impeto e delicatezza, passionalità e intimismo, due componenti della propria personalità che Schumann aveva identificato in una sorta di binomio estetico con le figure immaginarie di Florestano ed Eusebio.

Quello che vi presento oggi è un pezzo significativo proprio a questo riguardo e precisamente il terzo movimento delle "Fantasia in Do maggiore op.17", un pezzo capace di prenderci davvero al primo ascolto.
Il fatto che si tratti di una Fantasia la dice lunga sulla libertà del compositore
sia in rapporto alla struttura che alla varietà e mutevolezza dei suoi temi.
La struttura infatti, pur essendo sempre in tre tempi, modifica lo schema
tradizionale della Sonata - Allegro, Adagio, Allegro - collocando il movimento lento nel finale, mentre i vari temi si dipanano liberamente seguendo, ancor più delle regole armoniche, un'ispirazione dettata dal cuore che traduce in note suggestioni di indefinita vastità. Del resto, la composizione, nata come omaggio a Beethoven, si svincola poi dall'intento celebrativo e Schumann vi fa rifluire le mille sfumature del sentimento che nutre per l'amatissima Clara.

Il terzo tempo - Lento. Sempre piano, come recita l'indicazione agogica - inizia con profondissimi arpeggi che possono ricordare altri celebri esordi, dalla Sonata Al chiaro di luna di Beethoven a certi brani di Schubert. Arpeggi che forse in futuro ispireranno Tchaikovsky nell' introduzione allo splendido Passo a due dallo Schiaccianoci e magari anche Rachmaninov, se il riferimento non è eccessivo.
È il do diesis della seconda battuta a cambiare subito atmosfera conducendoci
verso un linguaggio musicale d'indicibile incanto, misterioso e mutevole, dove le successive terzine aprono davanti a noi - come nel dipinto di Friederich - arcane suggestioni di infinito e indefinito.
Più sereno e cantabile è invece il secondo tema che va salendo attraverso toni sempre
differenti verso sonorità brillanti e maestose.
Un'alternanza, dunque, di passaggi pervasi da delicato intimismo con altri energici e solari quasi a
ricercare una melodia nascosta e segreta. A questo proposito, è particolarmente significativo il fatto che, dopo vari titoli dati al brano, Schumann vi abbia sostituito i versi del poeta Friedrich Schlegel:  

"Fra tutti i suoni / che riempiono il fantasioso sogno terrestre / corre una melodia sommessa / per colui che segretamente ascolta". 

Parole che testimoniano la volontà del compositore di uscire dagli schemi dando ancor più intensamente voce alla propria anima e forse dire alla sua Clara che quelle note, più che a Beethoven, erano dedicate a lei.
Ma insieme a Clara, l'atmosfera onirica del brano col suo fraseggio ora
inquieto, ora luminoso, può suggerire anche a noi ciò che di recondito e segreto solo la musica sa esprimere.

Buon ascolto!

(Le foto è presa dal web)

 

martedì 7 marzo 2023

La saggezza di Merlino

"La cosa migliore da fare quando si è tristi è imparare qualcosa. E' l'unica cosa che non fallisce mai.
Puoi essere invecchiato, con il tuo corpo tremolante e indebolito, puoi passare notti insonni ad ascoltare la malattia che prende le tue vene, puoi perdere il tuo solo amore, puoi vedere il mondo attorno a te devastato da lunatici maligni, o sapere
che il tuo onore è calpestato nelle fogne delle menti più vili. C'è solo una cosa che tu possa fare per questo: imparare.
Impara perchè il mondo si muove e cosa lo muove. Questa è l'unica cosa per cui la
mente non si stancherà mai, non si alienerà mai, non sarà mai torturata, nè spaventata o intimidita, nè sognerà mai di pentirsene.
Imparare è l'unica cosa per te. Guarda quante cose ci sono da imparare!"
(T.H.White)

Da giorni, ho in testa e nel cuore le parole che ho riportato qui sopra e che Terence Hanbury White nel suo libro "La spada nella roccia" mette in bocca al Mago Merlino mentre istruisce il giovane Semola, futuro re Artù.
Al di là dell'epopea fiorita nel tempo intorno alla figura di Artù - fatta di tanti dati leggendari e qualche incerto elemento storico -
tutti lo conosciamo se non altro per aver visto lo splendido film di animazione che la Disney, non senza qualche aggiunta umoristica, ha tratto proprio dal libro di White.
Ma le parole che avete letto mi hanno colpito soprattutto per la loro straordinaria
saggezza e attualità quasi l'intenzione dell'autore fosse quella di suggerire un rimedio ai mali del suo tempo e insieme del futuro. Non dimentichiamo, infatti, che il testo è uscito nel 1938, alla vigilia della seconda guerra mondiale.

Imparare, dunque? Sì, imparare come antidoto contro la tristezza, la vecchiaia, il dolore, la solitudine, il disonore e la devastazione del mondo. Imparare per reagire all'aggressione di ciò che ci distrugge fisicamente ma spesso anche interiormente. Imparare perchè è azione creativa, ricostruttiva, possesso eterno che nessuno ci potrà togliere.

E che cosa imparare? Perchè il mondo si muove e cosa lo muove, afferma Merlino: tema infinito e complesso che va a indagare i progressi delle scienze e insieme la dimensione creativa di ogni lavoro o ambito di impegno. Ma ci porta anche a scavare in noi alla ricerca del motore segreto delle cose, dalle piccole alle grandi, dai gesti quotidiani a quell' insaziabile nostalgia che conduce alle soglie del mistero, dando origine alle più splendide opere d'arte.
E nel cuore profondo di tale ricerca, come non pensare a Dante e all'Amor che move il sole e l'altre stelle?
Certo Merlino istruisce un giovane, ma White ha lo sguardo lungo e vede lontano,
suggerendomi quanto imparare sia antidoto alla tristezza di ogni età, perchè è alimentare lo stupore e non smettere mai di mettersi in gioco, magari anche iniziando a suonare uno strumento o una nuova musica.

Allora, oggi vi regalo il brano sul quale nel mio piccolo - anzi piccolissimo - sto mettendo le mani proprio in questi giorni. Così torniamo a Franz Schubert e al pezzo della volta scorsa: la "Sonata per pianoforte in La maggiore n.13, D 664" della quale ora sto imparando il secondo movimento.
Meno vivace e molto più pacato dell' Allegro finale che avete già ascoltato, questo
Andante inizia nell'ombra, ma prosegue con passaggi di grande delicatezza insieme a luminose aperture che sembrano anticipare Chopin e dalle quali scaturisce una limpida gioia.
Un brano romantico nel quale il compositore ci conduce attraverso i diversi colori
di un sentimento che affiora piano dal profondo, si fa strada dolcemente e va ad esplodere ora ridondante e gioioso, ora acuto e drammatico, infine di nuovo assorto e sommesso.
A offrircelo è ancora una volta Mitsuko Uchida che, col suo tocco, fa affiorare tutto
l'incanto del genio schubertiano che muove queste note.

Buon ascolto!

(La foto è presa dal web)