mercoledì 29 gennaio 2020

La brezza leggera del quotidiano

Le torri lontane, il profilo del paese sulla collina, la neve che imbianca tetti, campi, più in giù le viti in filare e ancora - in primo piano - larghi fiocchi che ammantano gli ulivi.
È la foto del mese di gennaio del mio calendario - toscano anche quest'anno, sì! - che presenta il panorama di San Gimignano affascinante come sempre, ma particolarmente suggestivo nel suo aspetto invernale.
Tante volte mi sono chiesta da dove nasca la mia passione per il paesaggio della Toscana con la sua varietà di angoli e di vedute. Ma non ho radici che mi leghino a questa regione, se non lo splendore delle tante opere d'arte incastonate nella sua terra dai colori caldi, tra colline dove le prospettive mutano ad ogni tornante, nell'aura di favola che la pietra antica dei casali porta con sé.
Ed è un paesaggio che mi rimanda indietro nel tempo agli anni in cui - ancora adolescente - ho percorso questi luoghi con l'intatto stupore della prima volta e il profilo turrito del paese mi si è impresso nel cuore nitido come in questa immagine.

Me la vedo davanti tutti i giorni, sul muro della cucina vicino alla finestra.
Ad attirarmi è la sua luce, ora azzurrata ora più rosea: dal cielo venato qua e là di nuvole sottili, al biancore della neve segnato da una spera di sole che si disegna sul terreno in primo piano, mentre sullo sfondo fa più calda la pietra delle case. Un biancore che sottolinea il ritmo ordinato delle coltivazioni così come la sequenza ondulata delle zolle. 
È il clima fiabesco che sempre la neve porta con sé, regalando panorami simili a presepi che hanno affascinato spesso pittori fiamminghi e impressionisti. 
Un fascino che tuttavia risplende anche nella semplicità di una foto come questa, simile alla brezza leggera del quotidiano.

E me ne deriva una sensazione di pace, insieme - come sempre - al desiderio di inoltrarmi in quel paesaggio andandone a scoprire gli angoli più riposti, i particolari che a prima vista non si notano, ma che il sole - quello vero che al mattino entra dalla finestra - fa affiorare nella loro bellezza. 
Un sole invernale anche il mio naturalmente, ma è proprio la sua luce discreta, non abbagliante, filtrata spesso da una nebbiolina che si dissolve piano, a posarsi sul calendario consentendomi di cogliere dettagli che a prima vista non so vedere. Una luminosità che apre al sogno perchè se ora svela, ora invece qua e là suggerisce soltanto. Così il panorama va dolcemente a fondersi con la nostra immaginazione.

E per accompagnare questi scorci di paesaggio non potevo che tornare a Mozart con un brano di grande fascino contemplativo: il secondo movimento, "Andante", dal "Concerto n.2 in Re maggiore per violino e orchestra K.211".  
Si tratta di una pagina che, nel suo andamento riposante e nel respiro pacato del tema, benchè sia stata scritta dal compositore a soli diciannove anni ha già in sè i tratti inconfondibili dello stile mozartiano: quella cifra espressiva fatta di semplicità e profondità insieme, di equilibrio tra sorriso e sottile malinconia. 
Ed è soprattutto il canto del violino solista ad offrircene i tratti, lievi come una brezza leggera e in armonia col pacificante splendore di queste immagini.

Buon ascolto!

mercoledì 22 gennaio 2020

Una giocosa rapsodia

(Foto presa dal web)
Oggi parliamo di cartoni, animati naturalmente: un genere che appassiona da sempre i piccoli, ma che diverte più spesso di quanto non si creda anche i grandi, sottoscritta compresa. 
Alzi la mano chi non ha presente i più famosi film di animazione di Walt Disney: da "Cenerentola" a "Lilli e il vagabondo", da "La carica dei 101" a "Robin Hood", da "La spada nella roccia" a "Gli Aristogatti" e ancora a "Re Leone", "Alice nel paese delle meraviglie" o all'intramontabile "Fantasia", solo per citarne alcuni!  
Tutti li conosciamo e rivederli è concedersi uno spazio di freschezza e di gioia.

Ma a parte questi, ho in mente anche le tante e non meno divertenti serie televisive che riportano le vicende di "Paperino" e "Topolino" sempre di disneyana memoria o quelle degli "Antenati" e dei "Pronipoti" di Hanna e Barbera, come pure le mille avventure di "Tom & Jerry".
Vivacità e spensieratezza sono i tratti distintivi di questi cortometraggi, la cui caratteristica fondamentale è la rappresentazione di caratteri, virtù, vizi e dinamiche relazionali della vita quotidiana in un contesto legato però al passato o al futuro o trasferito nel mondo degli animali. 
Qui, è ora la lotta contro un avversario spesso invincibile, ora l'astuzia del più piccino che ha la meglio sul più grande, o un'irriducibile rivalità tra i protagonisti a scatenare scene sempre movimentate e gustose.

Venendo ad anni più recenti, si potrebbero aggiungere molte altre serie compresi i cartoni giapponesi, ma il loro stile è diverso, anche se - come osservavo a questo proposito tempo fa - alcuni di essi hanno colonne sonore pregevoli. E appunto qui volevo arrivare!
Anche nei film di animazione, infatti, il commento musicale è di particolare importanza non solo per sottolineare la vicenda narrata con le giuste sfumature come in qualunque altra pellicola, ma soprattutto per dare rilievo alle immagini laddove a parlare sono solo quelle. Risulta allora essenziale che la musica sia con esse perfettamente coordinata per sottolineare movenze, scatti, corse, pause e tutto l'andamento delle espressioni corporee dei protagonisti, a cominciare dal viso. Se poi uno dei personaggi si trova a suonare uno strumento, anche qui il doppiaggio della colonna sonora dovrà essere molto preciso.

Ne è un esempio il video che vi propongo oggi e che riporta uno dei più famosi e pluripremiati episodi di "Tom & Jerry": "Jerry pianista".
Il bello di questa clip è che ci conduce a curiosare dietro lo schermo per vedere in che modo si costruisce la simultaneità tra suoni e immagini. E i suoni sono quelli della celeberrima "Rapsodia ungherese n.2 in do diesis minore" di Franz Liszt (1811 - 1886), nell'arrangiamento di Scott Bradley che vi ha inserito persino un omaggio a Scott Joplin che riconoscerete facilmente.
Interprete del brano è la giovanissima e brava Yannie Tan, classe 2002, che siede al pianoforte proprio di fronte al video per seguire battuta per battuta le movenze dei due protagonisti, interpretando la musica in piena sincronia con le immagini.
Ed eccoli i due amici e al tempo stesso rivali, mentre si scatenano in una sequenza sempre più accesa di dispetti! Un continuo botta e risposta in cui il piccolo Jerry, disturbato nel bel mezzo del suo sonno sulla tastiera, gioca a rubare la scena all'austero Tom, mettendolo in difficoltà e costringendolo a mille acrobazie per poter suonare. Ma nonostante il gatto si vendichi - è il caso di dirlo - molto sonoramente, il simpatico topino non molla, anzi, verso la fine brandisce due martelletti per proseguire la lotta in modo ancor più accanito fino a lasciare il rivale stremato. 
Ne deriva un cortometraggio in cui la perfetta coordinazione tra audio e video si sposa magnificamente anche con le difficoltà tecniche presenti nella scrittura del brano, dal lento esordio fino all'irrefrenabile crescendo in cui Liszt ha sbizzarrito la propria fantasia. 
Una musica che - nell'eterna sfida tra avversari dove i ruoli del buono e del cattivo talora s'invertono - con la sua briosa vivacità sottolinea il fatto che a prevalere è la dimensione del gioco in cui l'uno non può fare a meno dell'altro.

Buona visione e buon ascolto!

mercoledì 15 gennaio 2020

Donne col libro - 1


L'idea mi è venuta a Natale.
Come di consueto, infatti, ho pubblicato una Natività, proprio quella che vedete a lato, qui incorniciata dalla decorazione del Libro d'Ore da cui è tratta.
Scrivevo a suo tempo che è una miniatura in tempera e oro, realizzata nel XV secolo da un anonimo artista francese di Besançon e conservata al Fitzwilliam Museum di Cambridge.
In linea con le più consolidate tradizioni, vi sono raffigurati Maria, Giuseppe, il piccolo Gesù, il bue e l'asinello.

Tuttavia, la scena è piuttosto singolare ed è stata anche questa sua originalità tra i motivi della mia scelta. 
Secondo la consueta iconografia del periodo - ma anche dei secoli successivi - ci aspetteremmo infatti di vedere il Bambino cullato tra le braccia della Madre o deposto in un giaciglio verso il quale Maria è china in adorazione, mentre Giuseppe è in ginocchio vicino lei o sembra talora cedere al sonno in un angolo un po' appartato dalla scena.
Ma qui no, niente di tutto questo. 
Al centro della rappresentazione, vivacizzato da una coperta rossa campeggia un letto nel quale siede Maria intenta a leggere!
Sì, è assorta nella lettura del corposo libro che ha tra le mani: con tutta probabilità l'Antico Testamento, ragion per cui possiamo immaginare che stia anche pregando.
Ai suoi piedi, un Giuseppe decisamente anziano culla il piccolo Gesù stretto in fasce, mentre nel recinto retrostante il bue sembra osservare stupito la scena e l'asinello è proteso verso il Bimbo.

Una scena intima e pervasa di silenzio, tuttavia molto particolare per una sorta di scambio di ruoli in famiglia - peraltro non raro in alcune Natività del nord Europa dal XIII secolo in poi - ma anche per altri motivi. 
Mi pare infatti che l'anonimo autore della miniatura qui abbia inteso sottolineare un tratto del carattere di Maria: quell'attitudine contemplativa, tipicamente femminile, che la conduce a custodire dentro di sè gli eventi, meditandoli per scandagliarne il senso profondo. 
Che sta cercando Maria nelle Scritture? Forse il significato della vicenda che ha scardinato dalle fondamenta la sua vita e quella di Giuseppe, e lo fa seguendo il filo indicato dai testi sacri, tentando per così dire - come le accadrà anche in seguito - di mettere insieme i pezzi per comprendere l'evento della nascita di Gesù, che la riguarda e insieme la sovrasta.

Ma la mia attenzione per questa miniatura non nasce solo dalla sua singolarità iconografica, ma anche dall'interesse per le immagini che nella storia dell'arte rappresentano donne intente alla lettura - e sottolineo - di un libro. Non di una lettera, un biglietto, un giornale - opere tra le quali troviamo certo dipinti celebri a cominciare da Vermeer - ma proprio rappresentazioni della donna col libro, tema pittorico ricchissimo e da più parti studiato, dal quale anch'io mi sono lasciata prendere e sul quale spero di tornare in futuro.
Da Holsøe a Picasso, da Monet a Hopper, da Renoir a Corcos e via dicendo, si tratta infatti di un argomento appassionante, spesso espressione di un protagonismo femminile ora visto come attitudine riflessiva, ora come sete di conoscenza di se stessi e del mondo, ora segno di chiara emancipazione culturale.
Tuttavia, tornando indietro nel tempo, mi sono resa conto che la prima donna della pittura intenta a leggere un libro è Maria, così raffigurata dal Medioevo in poi nelle numerosissime Annunciazioni - e non solo - che la sorprendono assorta sulle pagine dell'Antico Testamento. Prima ancora dei contesti profani, è l'arte sacra quindi a consegnarci una delle immagini femminili di più grande fascino per la sua propensione a intus legere, leggere dentro il cuore delle parole e degli eventi meditando sul loro senso misterioso.

E all'originalità di questa miniatura mi piace associare un dolce brano di Bach che mi pare adatto ad evocare l'atmosfera di un presepio. 
Si tratta del "Preludio" della "Pastorale in Fa maggiore BWV 590", qui in una trascrizione per pianoforte che ne sottolinea la morbidezza. Una musica che, col suo tempo ternario di 12/8 simile a una danza - una giga lenta o una siciliana - ci restituisce il ritmo di una ninna nanna, luminosa prima e poi pervasa da un'ombra di cupa malinconia che percepiamo soprattutto verso la conclusione e nel profondissimo la minore finale.
Un'ombra forse intuibile anche nel cuore di Maria, se pensiamo che il testo su cui è assorta potrebbe essere quello del profeta Isaia al cap.53, dove si parla del drammatico destino futuro del servo sofferente
Allora il silenzio della Madre che legge si fa qui denso di tremore.

Buon ascolto!
 

martedì 7 gennaio 2020

"The answer of love"

Van Gogh: "Notte stellata" (particolare) - Foto presa dal web.
Può sembrare strano inaugurare il nuovo anno pubblicando una ninna nanna, di solito più adatta ad una conclusione, a ciò che si chiude, si spegne, tramonta o - appunto - scivola nel sonno.
Al contrario, un inizio esigerebbe di essere aperto da un brano solenne, maestoso o in qualche modo altisonante, come già in passato mi è capitato di fare.
Ma stavolta no. 
Quest'anno sento il desiderio di una musica più sommessa e familiare. C'è sempre tanto rumore - sia pure festaiolo - intorno a noi, che avverto l'esigenza di aprire il calendario con passo più assorto e leggero. Con un incedere sempre ritmato e un po' sognante, certo, ma dando spazio ancora una volta al suggestivo spessore della polifonia.

Così mi sono lasciata prendere da un brano antico e al tempo stesso nuovo: si tratta della famosa Ninna nanna di Johannes Brahms - "Wiegenlied op.49 n.4" - ripresa e rivisitata da Giovanni Allevi nel pezzo intitolato "The answer of love", dal recentissimo cd "Hope" uscito nel novembre scorso.
Nonostante l'album - nella sua varietà - insieme a pregevoli inediti del compositore ascolano comprenda alcune sue rielaborazioni di brani classici e canti natalizi, questo di Brahms non mi pare si possa considerare un puro e semplice arrangiamento. E proprio qui, a mio avviso, sta il suo fascino.

Il pezzo, rispetto all'originale, presenta infatti diverse novità. 
Prima di tutto, Allevi ne ha fatto un brano polifonico, ma in quest'ambito non si è limitato ad aggiungere le consuete tre voci che sostengono armonicamente il tema esposto dal soprano - cosa nel tempo realizzata da parecchi cori - ma ha creato una melodia nuova che va ad intrecciarsi con quella tradizionale.
Mi spiego meglio: se i soprani cantano la celeberrima aria di Brahms che tutti conosciamo, i contralti ne sovrappongono una totalmente differente. 
Non un'ipotetica seconda voce, ma proprio un motivo diverso. E la stessa cosa accade poi per bassi e tenori. 
Nella prima parte, sezioni femminili e maschili cantano separatamente, poi tutte si fondono a costruire un insieme polifonico di accattivante bellezza, sottolineata dalla pregevole esecuzione del Coro dell' Opera di Parma.

Certo, innestare una sull'altra due differenti melodie facendole convivere nel corso di un brano non è cosa sconosciuta alla storia della musica. 
Nuova però qui è l'armonizzazione che ne deriva e che - scommetto! - sarebbe piaciuta anche a Brahms: un gioco ad incastri di grande fascino e attualità, una musica dall' andamento un po' danzante e soprattutto dalla ritmica singolare, segnata dal pizzicato degli archi che scandisce il pezzo dall'inizio alla fine.
Ma le novità introdotte da Allevi nella sua rivisitazione non si fermano qui. 
Il compositore ha anche modificato il testo originale della Ninna nanna, componendo versi che - tradotti in italiano - suonano così:

"Dormi, bimbo mio, vicino a me
in questa magica notte.
Col mio cuore canterò per te
la mia più dolce ninna nanna.
Se la luna nel cielo
sembra darci un bacio,
non credere che sia un sogno,
è la risposta dell'amore."

È nella tenerezza, nel senso suggerito dai versi finali - e ripreso anche dal titolo - la sostanza del discorso: parole che, se pure indirizzate ai più piccini, possiamo sentire rivolte a ciascuno di noi, a dare forma ai nostri sogni, perchè nello splendore della natura leggiamo il Mistero d'Amore da cui siamo avvolti. 
Così, insieme alla musica le faccio mie per condividerle qui, rinnovando a tutti voi l'augurio di un anno sereno.

Buon ascolto!