mercoledì 31 ottobre 2018

Disc jockey

(foto presa dal web)
Chi cerca trova, e chi rovista negli armadi riscopre a volte cose vecchie e dimenticate. Se poi a frugare non si va nei cassetti, ma nei documenti archiviati da tempo in computer, possono capitare simpatiche sorprese. 
Di più: magari si vanno a dissotterrare vecchi sogni e - guarda un po'! - a scoprire che, in qualche modo, si sono realizzati.
Ho ritrovato giorni fa un articoletto che avevo scritto in un angolo di web ormai sparito. Correva l'anno 2009 e questo blog non aveva ancora visto la luce. 
Vi manifestavo il desiderio di condividere musica e mi lasciavo andare a sogni un po' folli, senza tuttavia immaginare che - di lì a non molto - si sarebbero avverati. S'intitolava nientemeno che "Disc jockey" (!) e, se avete pazienza, lo potete leggere qui:

"Vorrei tanto fare il disc jockey.
Sì, proprio quello che intrattiene il pubblico radiofonico presentando brani di musica e commentandoli con vivacità e leggerezza. 
Non sto scherzando, nè mi ha dato di volta il cervello. Ci ho pensato l’altro giorno invece, mentre per l’ennesima volta ascoltavo il "Capriccio" della “Partita n.2 in do minore” di Bach con la sua perfetta struttura contrappuntistica, l’architettura delle voci che si inseguono come archi rampanti in una cattedrale gotica e il ritmo carico di dirompente energia. 
Così, ho sentito il desiderio di condividerne le bellezza con altri e ho pubblicato il pezzo su Facebook, accompagnandolo con due righe di presentazione che dicevano: "Buona giornata a tutti con questo Bach assolutamente splendido…” eccetera. 
È stato lì che l’idea mi ha folgorato: l’idea di uno spazio in cui poter proporre all'ascolto - un'oretta ogni mattina - i brani di musica classica che preferisco e che parlino al cuore. Insomma, un modo per aprire la giornata in serenità.

Lo so, la radio è piena di trasmissioni di questo tipo, condotte con spessore e competenza. Inoltre, proponendo brani classici invece che musica leggera sarei un DJ molto particolare e forse il termine non è neppure quello giusto, ma è giovane e mi diverte.
Comunque sia, il presentatore di musica fa un mestiere affascinante perchè a chi si appresta ad iniziare, magari senza grandi entusiasmi, una giornata di lavoro, regala ciò che di bello ha scoperto nella propria valigia di conoscenze.

A me basterebbe un piccolo spazio, dedicato a chi conosco e a chi amo, ma anche agli sconosciuti in ascolto capaci di lasciarsi sorprendere dalla bellezza. Sarebbe uno sprazzo di luce mattutina, un augurio teso a ricaricare dal profondo, a riportare il sole dissipando le nebbie che talora offuscano l'anima. Penso che mi sarebbe congeniale - vinta l’inevitabile emozione - parlare dietro un microfono ad un pubblico che non vedo ma che immagino alle prese col traffico cittadino o forse in treno o tra i mestieri di casa. 
Immagino che mi verrebbe facile chiudere gli occhi, sorridere e, seguendo il dettato del cuore, condividere le musiche che più amo: un'aria, un ritmo, un corale ad accompagnare il nostro sguardo sulla vita e a rasserenarlo dall’interno. 
Nella giornata che ci attende, incontreremo tante cose che andranno a interferire forse brutalmente con la nostra interiorità: tanto rumore contrabbandato per musica, tanto sconcertante squallore intorno a noi che vale davvero la pena attingere l’acqua sorgiva dei grandi per non dimenticare che cos'è la Bellezza e dare forza al nostro sorriso.

Non sceglierei brani troppo lunghi, ma solo quelli che almeno una volta abbiano parlato al mio cuore suscitando un'emozione che perdura, pezzi legati a un tratto del mio cammino e per qualche motivo radicati nell’anima. 
Proporrei, per esempio, il primo tempo del "Concerto per violino e orchestra in sol min." di Bruch che mi riporta, tumultuoso e romantico, agli anni della mia adolescenza; o il "Larghetto" della "Sinfonia classica" di Prokofiev che nel suo incedere elegante quasi di danza, apre l' anima a fremiti di vita nuova. 
O qualche aria dalle mozartiane "Nozze di Figaro"che liberi dalla prigione della tristezza, consentendo al nostro sguardo di recuperare trasparenza.
E naturalmente non potrebbe mancare Bach, in particolare nella pacificante pulsazione ritmica dell' "Adagio" per organo dalla "Toccata, adagio e fuga in Do maggiore". 
Ma sceglierei anche splendidi gioielli barocchi dalla brillante orchestrazione come l' "Arrivo della Regina di Saba" dal "Solomon" di Haendel o il corale che conclude il suo "Dettingen Te Deum" con le parole "Oh Lord in Thee have I trusted", Signore, in Te ho fiducia. E quale invocazione migliore per iniziare una giornata?...

Sto fantasticando, lo so. Non farò mai il disc jockey. A parte le tante trasmissioni di questo tipo, molta gente oggi, in casa e fuori, in treno o dando l’aspirapolvere, viaggia con l’ipod incorporato dove ascolta musica a tutto spiano e se la sceglie. 
Ma resta in me il desiderio di condividere con altri - in una radio, un network o altrove - la Bellezza che un giorno mi ha ferito, tesoro nascosto nell’infinita magìa delle note. Offrirla perché non se ne perda il sapore, quel fuoco che alimenta la vita, illumina la tua giornata e ti consente di custodire un sorriso nell’anima anche sotto un cielo carico di nubi."

Ecco, in questo articoletto che appartiene - diciamo così - alla preistoria, esprimevo un desiderio di condivisione che si è concretizzato un anno dopo nel presente blog, e mi piace pubblicarlo oggi perchè, proprio nei giorni scorsi - esattamente il 19 ottobre - "Gioire in Musica" ha compiuto otto anni!
Mai avrei creduto che l'esperienza iniziata con qualche esitazione potesse durare così a lungo, regalandomi tanta voglia di imparare e un entusiasmo che, grazie alla musica e ai lettori/ascoltatori che passano o sono passati di qui, non si è ancora spento.
Così, desidero concretizzare la mia gratitudine a tutti voi con un video un po' particolare e dando il benvenuto a un compositore nuovo.

Si tratta dell'inglese John Dowland (1563 - 1626), con uno dei suoi brani più conosciuti: "Now, o Now I needs must part...", dal "First Booke of Songes" del 1597. Il pezzo, segnato da dolce malinconia e - come altri dello stesso autore - incentrato sul tema della sofferenza d'amore per la separazione dalla persona amata, è stato interpretato nel tempo da vari musicisti tra i quali anche Angelo Branduardi. 
Ho preferito tuttavia la versione de "Les Canards Chantants", ensemble specializzato in polifonia rinascimentale, per la purezza e la trasparenza con cui le quattro voci vanno progressivamente sommandosi e fondendosi. 
Inoltre, il sottofondo del liuto, che ricorda qua e là la celebre "Greensleeves", ci riporta l'eco di arie di antichi menestrelli restituendocene l'atmosfera.

Ma la mia scelta è stata dettata anche dal fascino della clip-video. 
Qui infatti la musica si accompagna e s'intreccia a brevi sequenze che colgono aspetti della quotidianità, immagini di un viaggio che è poi la vita stessa, dove il ritmo pacato delle note diviene splendore che cammina con noi, da custodire nello sguardo e nell'anima.
  
Buona visione e buon ascolto!

martedì 23 ottobre 2018

In punta di piedi...

Sandra Maccaferri: "Notte di luna" - olio su tela.
Ripercorrere i luoghi amati da una persona, in mezzo ai quali ha costruito un pezzo della sua felicità, è un po' come ritrovarla, per quel mistero che consente a una parte di noi di rimanere laddove abbiamo radicato il cuore e il senso del nostro vivere.
È come se tutto rispecchiasse una presenza ed essa trasparisse persino dalle cose, non più oggetti estranei o lontani, ma ricchi di un calore che si fa quotidiano tramite di una memoria.

Proprio questa è la percezione che ha avuto il nostro gruppetto di blogger che, domenica 21 ottobre, si è recato a Spervara (MO) per rendere omaggio alla carissima amica Sandra che ci ha lasciato lo scorso giugno.

Grazie all'affetto e all'accoglienza del marito Franco, che ha voluto condividere con noi la casa e gli angoli di paesaggio che lei ha più amato e spesso riportato nel suo blog (http://sandramaccaferri.blogspot.com/), ci siamo ritrovati in un ambiente conosciuto e familiare. Eppure, istintivamente vi siamo entrati quasi in punta di piedi, come ci si addentra in un luogo dove sappiamo che, nella stanza accanto, una persona sta riposando. 
Guardandoci intorno, quella che abbiamo colto è stata infatti una presenza viva: negli oggetti e arredi ideati o scelti da lei, nei suoi bellissimi dipinti, nelle tante foto, nei segni dei suoi molteplici interessi che hanno reso la casa un luogo pieno di calore. Un mondo che è stato meraviglioso esplorare perchè ci ha testimoniato ancora una volta la grinta e l'irrefrenabile entusiasmo per la vita che ha caratterizzato l'esistenza di Sandra.
E naturalmente a questo proposito, ci è venuto spontaneo ricordare l'amicizia che legava lei e tutti noi alla carissima Ambra, volata via due anni fa ma anch'essa sempre presente nel nostro ricordo.
Una giornata tuttavia non triste, ma trascorsa in serenità e gratitudine, accolti e sapientemente guidati da Franco, cogliendo nelle sue parole il senso di un amore che oltrepassa il tempo e insieme godendo del legame di amicizia che - con gli anni e la condivisione delle vicissitudini di ciascuno - si è saldamente stabilito fra tutti noi.

Così, mi piace associare alla gioia di questo incontro un brano di Claude Debussy (1862 - 1918): l' "Arabesque n.1 in Mi maggiore L.66".
Si tratta di una famosa composizione di stile impressionistico, una musica dalle mille sfaccettature - andantino con moto, mosso, risoluto - dai toni e timbri diversi un po' come la conversazione del nostro piccolo gruppo ora vivace, ora più sommessa, nel dipanarsi dei vari argomenti e secondo i tratti della personalità di ciascuno. 
Un brano ora lieve, ora animato e palpitante che mi sembra adattarsi anche allo stile delle poesie di Sandra - ricche di delicatezza ma insieme di incisivo spessore - così come al movimento colorato, sognante e arioso che ha sempre caratterizzato i suoi dipinti.
Nella foto in alto, ne vedete uno intitolato "Notte di luna", un quadro originale nelle sue tinte e nella sua ispirazione: non scorgiamo infatti la luna, ma ne cogliamo il riflesso della luce sugli alberi e sulla vegetazione che assume tratti fantasiosi e suggestivi. 
Una composizione completata dai versi che Sandra aveva scritto proprio su questo tema e che riporto qui perchè - come il pezzo di Debussy - ci regalano la percezione di uno sguardo di grande profondità e insieme di straordinaria dolcezza.
                                  "Un sogno passa frusciando. 
                                                      Ha dita leggere.
                                                 Accarezza e consola 
                                      mentre gocce di luna svelano la notte." 
 
Buon ascolto!
 
 

martedì 16 ottobre 2018

Silenziosa, vibrante passione

(foto presa dal web)

Chissà perchè, talora, alcuni credono che parlare di passione significhi far riferimento a sentimenti espressi sempre con grande irruenza, o ad una sfera di comportamenti perennemente agitati, nel bene come nel male.
Lo dimostra il fatto che, anche nel linguaggio comune, la parola stessa è spesso associata all'idea di febbre o di violenza.

Che sia amorosa, politica, artistica o sportiva, della passione infatti si sottolinea di solito la forza, la suggestione, il dominio assoluto che essa può esercitare su di una persona, prendendo possesso del suo cuore e di tutte le sue facoltà. 
Il vocabolario, a proposito dei vari campi a cui il termine può essere applicato, parla di delirio, furore, sofferenza, tormento, impeto, slancio, e l'impulso di un'anima appassionata è definito come amore ardente o paragonato proprio a un fuoco che divampa con veemenza.

E non si pensa invece che l'intensità di un sentimento - se certo si può osservare anche attraverso le sue espressioni e manifestazioni esterne - non è meno profonda quando esso è vissuto nel silenzio, in una dimensione tutta interiore. Anzi, il silenzio e la solitudine talora ne affinano il tocco, ne accrescono la carica alimentandone a volte il fuoco segreto, forse per questo ancor più bruciante.
Lo si può constatare a più livelli. Senza divagare troppo, basta considerare il mondo della poesia, per vedere che non sempre la forza di una passione coincide col romantico "Sturm und Drang", e per scoprire quali sentimenti traboccanti possano abitare invece il cuore di personalità schive dall'esistenza magari apparentemente sbiadita. 
Un nome su tutti: Emily Dickinson, a proposito della quale non è un caso che il film uscito di recente sulla sua vita s' intitoli proprio "A Quiet Passion".  
Un titolo ossimorico che, nella sua contraddizione, ci restituisce il senso di una fecondità artistica nata da un silenzioso, progressivo sottrarsi alle convenzioni e ai contatti esterni. Un isolamento che non ha impedito alla poetessa americana di affermare se stessa, rendendo ancor più acuto il suo sguardo sulle cose e più vibrante il mondo di emozioni espresso dai suoi versi.

Sto divagando, lo so, ma a suggerirmi questi pensieri non è stata una lettura poetica, bensì un brano di musica che - seppur lontano da tali riferimenti nel tempo e nello stile - in realtà mi pare tanto intriso di struggente passione proprio quanto la melodia è misurata e lieve. 
Si tratta di una composizione famosissima, dalla quale non ero mai stata particolarmente affascinata come ascoltando questa interpretazione che per me ha avuto la freschezza della scoperta.
È il violinista Gidon Kremer a suonare qui "Oblivion", il pezzo forse più conosciuto di Astor Piazzolla (1921 - 1992) tratto dall'omonimo cd del 1998, in una lettura che, insieme ad un ritmo pacato, ci restituisce tutto il fascino e la sensualità del brano.
Qui la musica è un filo che si dipana sottile, un'aria sofferta cui ben si adatta il titolo "Oblivion" - oblio, dimenticanza - che, a maggior ragione, fa risaltare invece una passione sottesa, ora languida e malinconica, ora carezzevole e delicata anche dove il tema si fa più vivo.
A questo contribuisce l'interpretazione di Kremer che di ogni nota ci offre un suono misuratissimo, un tocco che nasce dal profondo, dalle prime battute fino alla conclusione in cui la melodia - così come all'inizio - si assottiglia tremante, simile quasi a una linea tratteggiata che via via si perde, a un ricordo che va a svanire nella memoria...
Un Piazzolla ricco di seduzione che ci porta via con sè nel suo ritmo sognante, sottolineato dai pianissimo e - qui in particolare - dalla morbidezza del violino.
Una musica appassionata che non si esprime in un gesto aggressivo, ma in un silenzioso, intensissimo moto dell'anima, simile a uno sguardo lieve eppur carico di sottintesi.

Buon ascolto!

 

lunedì 8 ottobre 2018

A proposito di follìa

Thierry Escaich e Richard Galliano  (foto presa dal web)
Chi frequenta questo blog forse ricorderà il brano di musica che ho pubblicato il 18 agosto scorso, all'atto di prendermi una piccola pausa estiva. 
Vi avevo lasciato in compagnia di Vivaldi e in particolare della "Sonata n.12 op.1 RV 63" detta "La follia" e interpretata dal Barrios Guitar Quartet.

Vale la pena di soffermarsi per qualche momento sull'origine di questo pezzo perchè, nel comporlo, Vivaldi si è rifatto ad un tema musicale più antico. 
Esso nasce in Portogallo tra il XVI e il XVII secolo, ma affonda le sue radici nel tardo Medioevo; inizialmente diffuso in ambito popolare, acquisirà col tempo un carattere colto e verrà ripreso da numerosi compositori dal periodo barocco in poi.
Si tratta di una danza composta da una base armonica e da una melodia lenta in tempo ternario simile a una passacaglia, sulla quale si possono innestare poi libere variazioni o improvvisazioni. Il termine follìa si riferisce infatti al suo andamento movimentato e talora sregolato, ma significa anche mania, idea fissa e in questo senso può riferirsi al carattere ostinato della base musicale.
Tra i musicisti più famosi che l'hanno rielaborata esplorandone ogni possibilità espressiva - a parte il già citato Vivaldi - troviamo Corelli, Lully, Geminiani, Bach ed Haendel che l'ha ripresa nella sua celeberrima Sarabanda inserita poi nella colonna sonora del film "Barry Lindon"; nell'Ottocento Beethoven, Liszt e Rachmaninov per arrivare ai nostri giorni con Vangelis.

Ma non è finita qui.
Le mie scorribande su youtube mi hanno portato a scoprire che anche il fisarmonicista Richard Galliano - di cui avete ascoltato di recente alcuni arrangiamenti - ne ha fatto una pregevole interpretazione insieme ad un'altra figura di primo piano: l'organista e compositore francese Thierry Escaich.
Fisarmonica e organo??? Precisamente: un duetto tra accordeon e organo da chiesa che può suonare sorprendente, ma con risultati a mio modesto avviso più che affascinanti.
Tratto dal cd "Aria" uscito nel 2017, il brano intitolato appunto "La follìa" prende spunto dal testo di Arcangelo Corelli (1653 - 1713) - riportato qui di seguito - al quale dobbiamo una delle versioni più raffinate di questo tema.

Ma ascoltiamolo la rielaborazione del duo Galliano - Escaich.
Dopo una severa e solenne introduzione dell'organo, è sulle note dell'accordeon che si apre il tema della melodia caratterizzato da tratti di profonda intimità. 
Se in un primo tempo esso procede lento, acquista poi un ritmo che si accende nelle successive variazioni dove i due strumenti si scambiano il ruolo armonico e melodico facendo emergere alternativamente la delicatezza e la trascinante vivacità dei vari suoni ed esplorandone tutte le possibilità timbriche. 
Splendido l'organo nei suoi registri più lievi, così come l'accordeon in quelli più acuti, due strumenti in fondo non lontanissimi, anche se differenti per dimensione e potenza sonora.
La lentezza iniziale del brano e un procedere quasi cadenzato vanno poi cedendo gradatamente il passo ad un ritmo sempre più scattante e vertiginoso che arriva a rasentare il parossismo e nel quale avvertiamo anche echi del tango di Piazzolla. Un' interpretazione che, se in alcuni punti sembra scompaginare e destabilizzare il tema quasi andasse a perdersi chissà dove, proprio in questo risulta tuttavia di uno splendore travolgente. 
Ci si avvia così verso il finale dove prosegue la sequenza dei forti passaggi dissonanti dell'accordeon, mentre l'organo conclude il brano su di un lunghissimo accordo di tonica.

Una fusione di antico e moderno, di virtuosismo e fantasia nella quale - almeno così a me pare - sta il pregio di tale arrangiamento capace di rielaborare un'eredità musicale che va da Corelli e Bach fino ad oggi. 
Una pagina di straordinaria modernità che, spaziando tra strumenti diversi, ci apre all'infinito mondo dei suoni.

Buon ascolto!