Siamo noi a scegliere una musica o è lei a scegliere noi? Siamo noi a orientarci consapevolmente verso un brano, un compositore, uno stile, uno strumento?
O si tratta di un impulso che, dal profondo, ci guida a scoprire melodie e ritmi già presenti nel segreto del nostro cuore?
Come si originano i gusti musicali? Li portiamo in noi dalla nascita o ci arrivano invece dal contatto col mondo esterno, con la cultura, l'educazione all'ascolto insieme magari all'esperienza di suonare uno strumento?
Probabilmente, sono vere entrambe le cose perchè certi gusti sono spesso frutto di un incontro tra la nostra interiorità e la realtà fuori di noi che - talora - va a svegliare inclinazioni che abbiamo già dentro come fossero scritte nel DNA e nelle quali poi ci riconosciamo.
Certo, il mondo esterno è anche fonte di condizionamenti, ma ad essi spesso la musica sfugge. Ha infatti una vita tutta sua per cui si sedimenta in noi, s'intreccia alle nostre vicende e ci lavora l'anima a nostra insaputa per affiorare un giorno - anche a distanza di anni - come una splendida perla da un fondale marino.
Non fosse così, non mi spiegherei il motivo di ciò che accade a me - e certo chissà a quanti altri! - quando ogni mattina, al mio risveglio, mi parte dentro una musica che non ho neppure pensato, quasi esistesse in noi un misterioso disc jockey che sceglie liberamente i suoni da regalarci per la giornata. Ovvio che, se stai imparando un brano, è più facile che affiori quello, ma non è detto: i nostri DJ sono spesso sorprendenti e imprevedibili.
Bene. Tutto questo per dire che il mio da qualche mattina mi dà la sveglia con Domenico Scarlatti (1685 - 1757), ed è proprio al compositore napoletano che oggi mi piace tornare perchè le sue Sonate sono una continua scoperta. Del resto, ne ha scritte la bellezza di 555 e c'è solo l'imbarazzo della scelta!
Le sto riascoltando da qualche tempo e ne osservo ancor più che in passato non solo la piacevolezza, ma insieme la varietà, la fantasia e la capacità di toccare registri molto diversi: un cristallo dalle tante sfaccettature, insomma. Si va dal piglio gioioso e giocoso di una danza dal sapore popolaresco alla lentezza di una meditazione nostalgica; da irrefrenabili rincorse di note ricche di trilli e abbellimenti a malinconiche pause di riflessione dal clima di straordinaria modernità.
Più lo vado frequentando, più mi accorgo che - senza nulla togliere ai suoi grandissimi contemporanei quali Bach, Vivaldi e Haendel - Scarlatti si distingue per un'originalità che, dal punto di vista tecnico, lo pone quasi in anticipo sui tempi. Ma parte di questa originalità credo derivi proprio dalla sua indole napoletana che - come scrivevo in passato - si riflette magnificamente nella musica, sia dove ha caratteri languidi e appassionati, sia dove ha un ritmo decisamente movimentato.
Così oggi vi propongo la "Sonata in Mi maggiore K.531" in due differenti interpretazioni e con due diversi strumenti che - a mio avviso - mettono in luce i molteplici aspetti del suo incanto.
È un brano vivace che sprizza allegria e fa pensare a una danza. Il suo tempo ternario di 6/8 mi ha ricordato in un primo momento una giga, per esempio quella dalla "Suite in sol minore" di Domenico Zipoli - altro contemporaneo di Scarlatti - che potete sentire qui.
Ma proseguendo nell'ascolto, in largo anticipo su quella più celebre di Rossini vi si coglie anche il ritmo di una tarantella, soprattutto nelle terzine ripetute in modo sempre più acceso dove dalla tonalità maggiore si passa in minore.
E mi ha fatto pensare a quanto tale ritmo abbia espresso in pieno la vivacità dell'indole napoletana, rimanendo poi come elemento portante della sua tradizione musicale.
La prima clip audio, corredata anche dallo spartito, presenta il brano eseguito al clavicembalo e devo confessare che, mentre di solito trovo il suo timbro troppo secco e metallico, qui mi piace molto per la sua brillantezza fatta di suoni netti, precisi ed eleganti.
Diversissima la versione al pianoforte, non solo per l'uso di uno strumento più morbido e duttile, ma soprattutto per la straordinaria interpretazione che ho trovato. Sì, lo so, l'atmosfera non è quella che si addice ad un pezzo barocco, ma - lasciatemelo dire - che interpretazione fantastica! Non per niente è Zhu Xiao-Mei, pianista cinese dalla storia molto tormentata - ne ho parlato anni fa qui - e divenuta celebre per le sue registrazioni bachiane.
Forse i puristi grideranno allo scandalo davanti allo slancio impetuoso con cui esegue questo Scarlatti, accentuando i contrasti tra forte e piano così come tra passaggi lenti e più veloci e allungando le pause con indicibile dolcezza.
Ma che meraviglia questo andamento turbinoso come un torrente in piena e insieme precisissimo: una padronanza di note e di ritmi che la pianista - prima ancora che nelle mani - certo possiede nel cuore, nella sua singolare fusione di vita e di musica!
Buon ascolto!
(Nella foto, presa dal web, "Danza napoletana: la Tarantella" di Thomas Uwins, 1830)