lunedì 25 aprile 2022

Stanze - 4


 

 










 


Sarà forse il mese di aprile, con i suoi cieli ventosi e il verde ancora fresco di alberi e prati, a farmi pensare a Monet e non soltanto ai suoi dipinti.
La fantasia mi riporta anche nelle stanze della sua casa di Giverny e in particolare
nella sua cucina, tappezzata di piastrelle bianche e blu e immersa in un'atmosfera d'altri tempi.

Sono stata a Giverny un'estate di più di vent'anni fa, prima tappa di un viaggio che ci avrebbe condotto in Normandia; e la casa di Monet col suo celebre giardino è rimasta nella mia memoria come una visione di grande sollievo dopo una sorta di incubo. 

La sera precedente, io e mio marito avevamo pernottato in un albergo nella banlieue parigina, una periferia fitta di casermoni e autostrade, un quartiere dormitorio in cui orientarsi non era facile. Avevamo trovato un hotel un po' spartano, adatto più che altro ai giovani, ma avevamo deciso che per una notte poteva andar bene anche a noi, e poi eravamo usciti in macchina fuori di qualche chilometro alla ricerca di un posto per mangiare.
Ma, mentre cenavamo, sulla zona si era abbattuto un nubifragio talmente forte che,
usciti dal ristorante, non siamo più stati capaci di orientarci.
È qui che si deve girare? Sì...no...boh! Abbiamo il telefono dell'hotel? No...Ricordi l'indirizzo? Macchè!!! Nulla avevamo: eravamo usciti così, alla sperindio! Insomma, ci siamo persi.

Come Dio volle, però, dopo aver girato a lungo per viadotti e tangenziali, rotonde e svincoli, incroci che sotto l'acqua torrenziale parevano tutti uguali, mio marito - devo riconoscere che il merito è anche suo! - è riuscito a riguadagnare la strada del ritorno. Ma ci aspettava una notte insonne: camera spartana d'accordo, ma un caldo insopportabile e per di più il rumore della strada da un lato e della ferrovia dall'altro. Un inferno! Quindi ricordo bene il nostro sollievo, la mattina dopo, nell'uscire all'aria aperta lasciandoci alle spalle quel posto: ci era sembrato di partire verso la libertà!

Forse anche per questo, Giverny - che avevamo raggiunto in poco tempo - mi era parsa un vero e proprio angolo di paradiso nel quale rilassare lo spirito in mezzo a una natura fiorita e rigogliosa.
Certo la notte era stata insonne, ma ormai che
importava?
Il giardino di Monet ci aveva accolto col suo
splendore e visitare la casa era stato un respiro per gli occhi e il cuore insieme a una sensazione di ariosa freschezza. Nonostante la stagione estiva, la giornata non era del tutto limpida, ma quella foschia sfumata che smorzava il fulgore del cielo, conferiva all'insieme un'atmosfera ancor più pacata e intima nella quale era piacevole sostare senza pensieri.

Al di là dello splendido giardino organizzato in modo da avere fioriture diverse in tutto il corso dell'anno, mi era piaciuta molto anche la casa. Qui, ogni stanza è caratterizzata da un colore diverso, ma la più famosa è senza dubbio la cucina.
Inutile dire che me ne sono innamorata
all'istante, perché il suo fascino non sta solo nel singolo arredo come - per esempio - la tonalità di blu delle piastrelle e delle loro decorazioni, l'azzurro dei mobili e delle tendine o ancora la fila di pentole di rame appese al muro.
La sua attrattiva sta nella suggestione di felicità che quella visione d'insieme ci offre, illudendoci forse che l'esistenza possa essere più serena dietro quelle tendine, ma al tempo stesso aprendoci il cuore al sorriso, come sempre accade di fronte alla bellezza della natura o di un' opera d'arte.
Non abbiamo forse provato tante volte il desiderio di essere dentro un quadro, di
respirarne l'atmosfera dal suo interno come se una corrente di emozioni si dilatasse dall'opera fino a coinvolgerci?

Così è stato per me in quella cucina con le finestre affacciate sul giardino dal quale riceve sempre nuovo splendore.
La stanza infatti acquista fascino non solo
dalla semplicità o dallo stile dei suoi arredi, ma anche da ciò che lo sguardo contempla all'esterno, dai colori mutevoli del paesaggio e dai diversi effetti che la luce crea filtrando nelle varie ore del giorno, come Monet ben sapeva. E davvero è paragonabile ad un'opera d'arte perchè il pittore, nel progettare casa e giardino, aveva in mente di realizzare proprio una sorta di quadro a grandezza naturale nel quale immergersi.

Un ambiente fatto di nitore e semplicità, un'immagine nella quale - a differenza di altri locali, come la sala da pranzo illuminata da una calda tonalità di giallo - trionfano i colori freddi.
In realtà, le tinte che dal blu digradano verso l'azzurro e il turchese, non tolgono fascino alla stanza, ma - come scrivevo - offrono una sensazione di ariosa freschezza.
E gli oggetti in rame, a cominciare dalla fila di
lucidissime pentole appese al muro, con il loro sapore antico possono ricordare le cucine di alcuni grandi castelli francesi.

Così, per esprimere quel senso di riposante, gioioso sollievo che ha caratterizzato la mia visita a Giverny e il vivo ricordo che ha lasciato in me, ho scelto di riproporre un brano di Franz Joseph Haydn (1732 - 1809) e precisamente il celebre "Andante" della "Sinfonia n. 101 in Re maggiore" detta "La pendola" proprio per il particolare ritmo del secondo movimento.

Qui, archi e fagotti imitano il ticchettìo di un orologio facendo da base al tema e creando una musica che, con tocco equilibrato, scandisce il passare del tempo. Quello che sento è il ritmo di un respiro o di un passo tranquillo, privo di affanno e capace di superare le tempeste. Infatti, se anche nella parte centrale l'andamento del brano si fa più acceso e passa in tonalità minore, il tema iniziale ritorna poi ad aprirsi con rasserenante luminosità, ora più seria e solenne, ora più giocosa e leggera.
E mi pare la dimensione di chi, oscillando tra due poli, ha ritrovato comunque il proprio centro, il proprio equilibrio
interiore, e da questo punto di vista può osservare il mondo come fosse dietro le tendine a quadretti di una stanza ricca di leggiadrìa.

Buon ascolto!

(Le foto sono prese dal web)

domenica 17 aprile 2022

Buona Pasqua!!!












Duccio di Buoninsegna (1255 - 1319ca) : "Discesa di Cristo agli inferi"  Siena - Museo dell'Opera del Duomo.

 

Johann Sebastian Bach (1685 - 1750): "Dona nobis pacem" dalla "Messa in Si minore BWV 232".

venerdì 15 aprile 2022

Venerdì Santo

Giotto (1267 - 1337): "Compianto sul Cristo morto" (part.) - Padova, Cappella degli Scrovegni.

 

Edward Elgar (1857 - 1934) : "Lux aeterna", arrangiamento vocale di "Nimrod", dalle "Enigma variation op.36".

sabato 9 aprile 2022

Il silenzio tra i pensieri

La primavera è in genere il momento in cui inizio a desiderare intensamente le vacanze estive.
Ma mai come in questo periodo così
travagliato e tormentato per tutti, mi è capitato di sognare quei tre, quattro chilometri di solitudine che percorro tutti i giorni al mattino quando - d'estate appunto - mi trovo nel mio paesetto di montagna.

Non è una gita o una vera e propria escursione, ma solo una semplice passeggiata che da anni - tempo permettendo - ho preso l'abitudine di fare in mattinata, dopo la spesa, il caffè e la tranquilla lettura del giornale nel giardino del bar isolato in fondo ai prati.
Dopo, mi regalo quei pochi chilometri di solitudine sul percorso che collega le
varie frazioni del posto: un pezzo di strada prima tra gli orti e poi in mezzo al bosco, contemplando l'azzurro e le cime intorno, insieme al rosa intenso degli epilobium che fioriscono proprio a luglio. O ancora, prendo il sentiero lungo il torrente che in certi tratti scorre impetuoso, con un fragore che conferisce al silenzio circostante una connotazione ancora più viva. 

Mi piace camminare in solitudine, a passo sostenuto ma non veloce, tranquillo ma non lento, seguendo il ritmo del cuore e lasciando vagare i pensieri.
La calma in cui sono immersa mi consente di sentire il respiro del vento e
contemplare le tante sfumature di verde, mentre il suono del torrente si avvicina o si allontana secondo l'andamento del sentiero che s'interna nell'abetaia o scende proprio in riva all'acqua. A volte, sono piccoli dettagli a catturare la mia attenzione: una nuvola che va dissolvendosi a mezza costa, un getto d'acqua in cui si crea l'arcobaleno o una cappelletta chiara nell'ariosa vastità di un prato.
È questo incanto del paesaggio, infatti, a consentirmi di ritrovare anche un
pacificante silenzio interiore e una sensazione di unità non sempre facile da sperimentare. E insieme mi regala la forza di far fiorire, come la natura intorno, quella luce di speranza che sa dissipare il buio di ogni cammino e della quale - oggi più che mai - sento il bisogno.

Così, in cerca di questo silenzio, per la terza volta nel giro di poco tempo pubblico un pezzo di Felix Mendelssohn Bartholdy sempre tratto dai "Lieder ohne worte" di cui parlavo nell'ultimo post.
A colpirmi è stata la particolare dolcezza della "Romanza in Si bemolle
maggiore op.67 n.3", una dolcezza non priva di malinconia, ma pervasa nel tema iniziale da un profondo senso di calma e di pace. Si tratta in effetti di un "Andante tranquillo" che esordisce con cristallina semplicità, caricandosi poi di toni più struggenti e intensi per terminare di nuovo nell'aura di pace con la quale si era aperto.
Se prestate attenzione all'andamento del pezzo,
scoprite le delicatissime sfumature del tema nel loro progressivo animarsi e poi smorzarsi piano fino a dissolversi nel silenzio. Basti osservare la dolcezza con cui le note iniziali discendono, per fermarsi rallentando lievemente in prossimità della tonica e poi nel magico finale.
Un brano in cui intimità e intensità sono calibrate e armonizzate
dalla romantica vena creativa di Mendelssohn e insieme dall'interpretazione di Daniel Barenboim. Un brano in cui la bellezza non è colorata o sfolgorante, ma timida e quasi nascosta, mentre protagonista diviene quel silenzio assorto tra le note che le fa belle, regalandoci una dimensione di profonda pace.

Buon ascolto!


venerdì 1 aprile 2022

Il non detto di Mendelssohn

Succede spesso - ma ormai già lo sapete - che dopo aver pubblicato il brano di un autore, la sua musica mi resti dentro al punto tale che non mi accontento di quella singola composizione, ma vado a sentirne anche altre scoprendo così gioielli impensati.
È ciò che mi sta accadendo con le
"Romanze senza parole" di Felix Mendelssohn Bartholdy (1809 - 1847) delle quali ho pubblicato non molti giorni fa un pezzo dell'op.62.

Mendelssohn è un musicista a cui mi sto
riavvicinando dopo molto tempo, se consideriamo che mi aveva affascinato quand'ero ancora adolescente prima di tutto col suo "Concerto per violino op.64" e poi con la Sinfonia "italiana". In seguito, ho scoperto altri brani che poi ho pubblicato in questo blog, ma pochi a dire il vero.

Oggi allora, torno con due pezzi tratti di nuovo dai "Lieder ohne Worte", le "Romanze senza parole" appunto.
Il titolo si riferisce a 48 composizioni per pianoforte suddivise in otto raccolte, brevi creazioni
dall'afflato romantico, anche se ciò non deve far pensare che l'atmosfera sia sempre uguale nel complesso dell'opera. Tutt'altro. La fantasia creativa di Mendelssohn - o della sorella Fanny, se è vero che ha preso spunto da musiche sue - ci offre un panorama molto vario: da brani delicati e malinconici, ad altri decisamente più brillanti e movimentati o ancora giocosi. 

Romanze, dicevo. La precisazione senza parole non significa però che se ne sminuisca il valore; al contrario, il compositore ha inteso sottolineare la straordinaria capacità comunicativa della musica che sa farsi portatrice di sentimenti ed emozioni ineffabili perchè più ampie della parola. Ancor più delle parole infatti, che talora - ad eccezione di quelle dei poeti - possono risultare limitanti, i suoni sanno riecheggiare in noi con lirismo evocativo dando vivo spessore ed espressività anche al non detto.
Interessante, a questo proposito, ricordare che nel 1874 Paul Verlaine pubblicherà
una raccolta di poesie intitolata proprio "Romanze senza parole" riferendosi al potere evocativo dei suoi versi grazie alla loro musicalità.

I brani di oggi sono due tra quelli che mi sono parsi più rappresentativi della varietà di ispirazione del compositore: il primo, più malinconico e nostalgico, è la "Romanza in la minore op.19 n.2" intitolata "Regrets", rimpianti; il secondo, molto più vivace e giocoso, è la "Romanza in fa diesis minore op.67 n.2".
Ma
c'è anche un altro motivo che mi porta a pubblicare proprio questi brani. Mendelssohn è stato un grande cultore di Bach ed è merito suo averne riscoperto la grandezza dopo anni di silenzio. Basti ricordare che ha ripreso la "Passione secondo Matteo" dirigendone alcune parti nel 1829, a 79 anni dalla morte del compositore, e che - ma forse è un solo una coincidenza - i pezzi delle "Romanze senza parole" sono 48 come quelli del "Clavicembalo ben temperato".
Comunque sia, quando si frequentano con assiduità le partiture di un musicista, è
naturale che le sue note lascino un segno profondo. Così, non è raro trovare in Mendelssohn ricordi bachiani più o meno evidenti. E questi due pezzi non fanno eccezione.

Nel primo, tratto dall'op.19, sono due i passaggi che mi ricordano Bach. Quello a mio avviso più chiaro è verso la fine della romanza - esattamente a 1,45 della clip audio - dove la musica sembra riprendere il tema della "Fuga in do minore BWV 847" dal I libro del "Clavicembalo ben temperato" della quale vi riporto il link: https://www.youtube.com/watch?v=0b93Bkdksek. L'altro passaggio invece è all'inizio e lo si può cogliere dallo spartito, osservando le note suonate dalla mano sinistra che riprendono il tema della celebre "Toccata e fuga in re minore BWV 565" nel punto in cui inizia la fuga.

Nel secondo brano tratto dall'op.67, il discorso è leggermente più complesso perchè occorre andare al di là della veste vivace e un po' giocosa del pezzo per coglierne l'andamento armonico. Qui, si avvertono subito le tipiche progressioni bachiane: ripetizioni della stessa frase musicale trasposta però ogni volta di un certo intervallo. Ma la romanza mi restituisce anche altri riferimenti tra i quali  un'eco della famosa "Passacaglia HWV 432" di Haendel che potete ascoltare qui.
Certo poi Mendelsson se ne allontana, ma a me sembra verosimile che abbia
preso spunto dal brano di Haendel come se avesse voluto farne l'ennesima, fantasiosa variazione carica di affascinante modernità e - soprattutto nel finale - di magica leggerezza.

Buon ascolto! 

(La foto è presa dal web)