Sono in treno, come spesso mi capita.
Chi mi legge qui sa bene che viaggiare in treno mi piace e non solo perchè faccio dello scompartimento una casa e ci lavoro con calma. Negli anni dell'università riordinavo gli appunti delle lezioni; ora a volte rivedo qualche articolo che ho in cantiere nel blog. Ma più spesso osservo la campagna che scorre dal finestrino, magari ascoltando musica.
Sono proprio questi momenti passati senza far nulla in una sorta di attitudine contemplativa, lasciando vagare lo sguardo e i pensieri, a rigenerarmi interiormente. Tempi morti? In un certo senso sì, ma in realtà ricchi di una vita che - lasciate in un canto le pre-occupazioni più urgenti e complice il paesaggio - riaffiora libera e sorridente restituendomi a me stessa.
Nei giorni scorsi, mi è capitato invece di tornare a casa col pullman sostitutivo del treno, verso l'ora di pranzo. Era tanto che non prendevo l'autobus, lo facevo anni fa alla sera e quella mezz'ora o poco più di viaggio nella tana calda del mezzo, soprattutto d'inverno, era rilassante. Sapevo a memoria ogni curva della strada che attraversava paesi e campagne: qui il negozio di casalinghi, poi la farmacia, poi la piazza della chiesa, e dalle finestre illuminate nel buio serale intuivo la vita che vi si svolgeva dietro.
L'altra mattina invece era primavera, con un cielo di nuvole ariose che svegliava il verde dei prati, disegnando nella pianura prospettive lontane e lasciando intravvedere alberi e cascinali. Più vicino, qualche arbusto già fiorito, qua e là cespi di forsizie nei giardini in un panorama pacato e riposante, simile a quello del dipinto di Van Gogh che vedete nel riquadro, intitolato "Paesaggio sotto un cielo nuvoloso".
Così, ho lasciato che il suo splendore m'invadesse senza opporre resistenza nè spezzarne la suggestione. Sentivo la vita che riaffiorava come una linfa che rigenera i rami stecchiti dal freddo invernale e, man mano che l'autobus procedeva, mi pareva che qualcosa rifiorisse leggero anche in me, insieme al giallo dei fiori sul prato e al lieve refolo del vento inquieto.
Proprio quel vento inquieto, infatti, mi pareva segno della primavera con i suoi sprazzi di luce ma anche la sua nuvolaglia, la carezza del sole e talora qualche scorcio plumbeo in lontananza: un vento che, dopo il lungo sonno invernale, smuoveva la campagna ridandole vita.
Sarà forse per questa inquietudine che sono stata affascinata dal brano che condivido oggi, dando il benvenuto nel blog a un autore nuovo.
Si tratta di César Franck (1822 - 1890) del quale tutti conosciamo, per averlo magari anche cantato, il celebre "Panis angelicus", inno che il compositore ha scritto musicando la penultima strofa di un testo di san Tommaso per la festa del Corpus Domini. Bene. Da qui però non ero mai andata oltre nella conoscenza del musicista: così, sono rimasta gioiosamente sorpresa quando ho scoperto altri suoi brani.
Quello che vi propongo oggi è il movimento iniziale del "Preludio, corale e fuga op.21" per pianoforte solo, pezzo accattivante nel quale suggestioni romantiche si fondono a evidenti reminiscenze bachiane. I critici affermano che la passione di Franck per Bach si esprime nella struttura del brano che, oltre al preludio, comprende un corale e una fuga. Vero!
Ma a mio modesto avviso, anche il preludio stesso, nel suo andamento subito acceso, simile a un fuoco che cova sotto la cenere per farsi poi sempre più dirompente, presenta svariati riferimenti al passato a cominciare da Bach.
Io ci sento riecheggiare alcuni passaggi del "Preludio n.21 in Si bemolle maggiore BWV 866" dal I libro del Clavicembalo ben temperato, e al tempo stesso, sia pure con un ritmo diverso, il "Preludio in do minore BWV 999" che chissà quanti di noi hanno suonato da principianti.
Ma allontanandoci da Bach verso richiami romantici, qualche punto del brano mi ricorda alcune animate riprese orchestrali del "Concerto in la minore op.54" di Schumann, come pure un certo virtuosismo di Liszt.
Mi pare quindi che lo splendore del pezzo di Franck stia nell'appassionante inquietudine che tutto lo percorre e che continuamente riaffiora, ora in passaggi lievi, ora in un moto vibrante e rapinoso, a volte con arpeggi di rigore bachiano, altrove con potenti note scandite che, forse, potrebbero aver ispirato Rachmaninov.
Un'inquietudine che sembra nascere da lontano, dal cuore della tonalità minore, e che va progressivamente a scavare nell'anima di chi ascolta suscitando nuovi germogli di vita, a somiglianza del vento sui prati della mia campagna.
Buon ascolto!
(La foto è presa dal web)