Di norma, nella storia della musica, i compositori vengono classificati come rinascimentali, barocchi, classici, romantici ecc. a seconda che la maggioranza delle loro opere s'inquadri nello stile e nel contesto di un certo periodo. Tuttavia, ciò non toglie che ognuno di essi si sia espresso con una libertà che talora esula da catalogazioni libresche per guardare al passato o precorrere invece un futuro ancora sconosciuto.
Per questo motivo, a volte possiamo avere delle sorprese. Qualche esempio? Pensiamo alla sconvolgente modernità dei "Madrigali" di Gesualdo da Venosa vissuto tra il Cinquecento e il Seicento. Oppure al brano introduttivo de "La Creazione" di Haydn che, se non conoscessimo l'autore, saremmo tentati di attribuire ad un musicista di fine Ottocento tanto è ricco di suggestioni nuove. Ma pensiamo anche a Beethoven e alla sua "Sonata op.111" che nel secondo movimento anticipa addirittura il ritmo del boogie-woogie!
Insieme allo stile, tuttavia, sono anche i sentimenti e le emozioni a conferire particolare espressività a certi brani e in questo senso si può affermare che quasi tutti i compositori abbiano nel loro DNA una gamma di sfaccettature molto più ampia dei caratteri in cui vengono abitualmente incasellati.
Qualche esempio anche qui?
Pensiamo a Rossini celebre per il brio e l'allegria di tante opere, ma se ascoltiamo il "dum pendebat Filius" del suo "Stabat Mater", troviamo una tragicità che mette i brividi. Pensiamo a Bach che, famoso per la severità e il rigore matematico dei suoi brani, ha pezzi danzanti e in qualche caso addirittura giocosi. Ma non possiamo dimenticare Mozart che ha toccato svariati tasti - è proprio il caso di dirlo - nell'ambito delle nostre percezioni: dalla leggerezza di divertimenti e sinfonie al magico incanto di serenate e concerti, alla malinconia struggente di tanti adagi, fino alla potenza tragica del "Requiem" con i singhiozzi del Lacrimosa. E come talora ha guardato indietro, qualche volta ha anticipato il futuro.
Così almeno mi è parso scoprendo il brano di oggi: la "Piccola Giga in Sol Maggiore K.574", composizione giocosa e funambolica che mi sono meravigliata di non aver mai pubblicato in tanti anni di blog.
Per prima cosa il pezzo ci riconduce al passato. Il termine giga, infatti, in campo squisitamente musicale indica una vivace danza in tempo ternario tipica della musica barocca che troviamo in Bach, Haendel e non solo.
Proprio da Haendel pare che qui Mozart abbia preso ispirazione, in particolare dall'ultimo tempo della "Suite n.8 in fa minore HWV 433". Se ci fate caso, l'esordio è simile, anche se poi il compositore salisburghese prosegue con maggiore libertà. Le tre voci che s'intrecciano nel brevissimo pezzo sembrano riprodurre un gioco di bambini che saltellano, s'inseguono in allegria o si lanciano in una danza sfrenata, e l'interpretazione di Alexander Lonquich ne rende con efficacia l'andamento fatto di ritmo, vivacità e leggerezza.
Anche l'immagine della clip audio - "Il funambolo" di Paul Klee - ci mostra molto opportunamente un acrobata in equilibrio sul filo mentre lo circondano aeree scale affacciate nel vuoto.
Altrettanto funambolico è il celebre dipinto di Joan Mirò che vedete in alto e che ho voluto associare alle note di questo brano. S'intitola "La ballerina" e l'autore, nella sua visione surrealista, ne ha reso il movimento attraverso figure geometriche e notazioni musicali. Non c'è una danza, ma l'essenza stessa della danza, rappresentata da sottili cerchi intrecciati e da un corpo stilizzato che può ricordare una chiave di violino dove il ricciolo interno inizia dal cuore. In realtà, nella parte alta mancherebbe un pezzetto...ma lo possiamo aggiungere con la fantasia, non è così?
Bene. Ma, se guardamo alle note, dove esattamente il brano di Mozart anticipa questo movimento un po' bizzarro esprimendosi con tratti più moderni rispetto al classicismo della sua epoca?
Se fate caso al susseguirsi delle terzine, vi accorgerete che a un certo punto c'è una sfasatura di ritmo perchè gli accenti, che di solito vanno sulla prima nota della terzina, si spostano. La cosa è più facile da sentire che da spiegare perchè in alcuni passaggi tale sfasatura è molto evidente all'ascolto. Sembra infatti che per qualche istante il percorso del tema non sia più prevedibile e una certa stabilità venga meno: effetto splendidamente calcolato da un compositore capace di padroneggiare così bene l'equilibrio delle note da permettersi di fingere di perderlo.
Sta proprio qui - a mio modesto avviso - il Mozart più moderno, in questa libertà di oltrepassare regole che conosce benissimo, in una sintassi musicale giocata sugli equilibrismi proprio come un acrobata che si affaccia sul vuoto.
Buon ascolto!
(La foto è presa dal web)
2 commenti:
E' un brano molto originale, che guarda al passato in quanto una Giga ormai non la scriveva più nessuno, ma guarda anche al futuro. Moltissime furono le Gighe scritte dal 1650 al 1750 (Suites, Sonate da camera). E sono ancora di più i Minuetti scritti dopo; il Minuetto, meno presente della Giga nelle Suites, diviene ubiquo dal 1750 al 1800 (Quartetti, Quintetti, Sinfonie, Sonate). Eppure la quantità non nuoce più di tanto alla qualità; molte Gighe e molti Minuetti hanno qualcosa di originale. Chissà poi perché uno tra i 150 Minuetti che avrà scritto Boccherini, estratto da uno dei suoi Quintetti, è oggi famoso come "il" Minuetto di Boccherini.
Grazie del commento, Arrigo! Mi conforta che tu, che sei un pozzo di conoscenze musicali, condivida il fatto che questa Giga di Mozart nella sua originalità guarda anche al futuro.
Quanto a Boccherini...effettivamente hai ragione.
Buona serata!
Posta un commento