lunedì 23 giugno 2025

Se lo sguardo è femminile - 6



 

Elegante e sofisticata la protagonista del dipinto di oggi, anche se un po' lontana da noi come certe immagini di copertina patinate che ammiriamo sì, ma con un certo distacco. Eppure, è senza dubbio ricca di fascino la donna che vediamo ed efficacissimo questo "Autoritratto sulla Bugatti verde" di Tamara de Lempicka (1898 - 1980), artista di madre polacca e padre russo, come russo sarà il primo marito dal quale prenderà il cognome. 
Da San Pietroburgo poi, per sfuggire alla rivoluzione del 1917, la vita la porterà in
esilio a Parigi dove verrà a contatto con i movimenti e le avanguardie del primo Novecento.

Della pittrice tanto è stato già scritto, come del dipinto che vedete, uno dei più rappresentativi, commissionatole nel 1929 da una rivista tedesca per celebrare l'immagine della donna moderna e attualmente conservato in Svizzera presso una collezione privata. 
Sul piano stilistico vi si legge 
l'influsso del Cubismo nelle volumetrie così come nella geometrizzazione delle forme, mentre il tema della donna al volante ci riporta al Futurismo con l'automobile e il mito della velocità. Ma a parte questo, è proprio la rappresentazione della figura femminile a colpirmi, perchè si distacca nettamente da quella dei pittori di fine Ottocento. 

Se consideriamo la donna vista fuori dalle mura domestiche, per esempio nel dipinto di Mary Cassatt "In the lodge" che risale a cinquant'anni prima e che vedete qui a lato, nonostante l'aria di nonchalance della protagonista, essa ci risulta familiare e nel suo gesto di osservare col binocolo gli spettatori a teatro, in fondo, ci riconosciamo. 
Di atteggiamento più indipendente è quella raffigurata da 
Corcos nel 1896, nel famoso dipinto intitolato "Sogni" che trovate sempre qui accanto. 

Ma nonostante questo, il contesto in cui è inserita non presenta elementi di novità o di rottura rispetto al passato. Significativa è la presenza dei libri che indicano in lei una lettrice, ma non si tratta di un dato di per sè nuovo nel tempo.

La donna di Tamara de Lempicka, nella quale la pittrice rispecchia se stessa, è invece molto diversa: è pienamente al pari con la sua epoca in cui già da vent'anni si era affermato il Futurismo e in qualche modo più lontana dalla quotidianità. Non è solo sicura ed emancipata, ma ci appare quasi altera nello sguardo e nell'eleganza raffinata e curatissima: dal rossetto sgargiante al casco da guida allacciato sotto il mento, ai morbidi guanti che salgono oltre il polso.

E soprattutto non è al volante di una macchina qualsiasi, ma di un'automobile da corsa, una Bugatti, azienda fondata - guarda caso! - proprio nel 1909, anno di nascita del movimento futurista che della velocità dell'automobile fa uno dei miti da contrapporre all'arte antica ritenuta obsoleto vecchiume.

Così pure, i tratti di pennello nelle compatte campiture di colore delle superfici, nella plasticità delle forme e nella brillante gradazione di verde della carrozzeria dell'auto, ci riportano all'Art Déco che proprio negli Anni Venti celebra il lusso e le innovazioni del nuovo secolo.

Quindi, un'immagine spregiudicata di potere e di ostentata ricchezza. E tuttavia, osserviamo il volto di questa donna perchè mi colpisce l'espressione del suo sguardo.

È proprio altero o vagamente annoiato? O entrambe le cose? 
Nei tratti quasi scolpiti della sua fisionomia come
 nel taglio degli occhi e nel disegno sottile delle sopracciglia, compare certo un senso di freddezza e di distacco; ma vi si legge anche una sorta di segreta malinconia. 
Non sorride Tamara in questo autoritratto, ma la
 donna moderna che essa qui rappresenta sembra esprimere un senso di noia o di vago scontento, emanando un fascino iconico forse proprio per questo suo mistero.

Un'immagine curatissima anche nell' elegante drappeggio della sciarpa sul collo e in quella ciocca di capelli che fuoriesce dal casco di pelle. Dettaglio vezzoso ad accrescere lo charme di un'acconciatura alla moda o segno calcolato di noncurante negligenza? 

Chissà!... A me però, nonostante si tratti di contesti molto lontani e molto diversi tra loro, quel piccolo particolare fa affiorare dalla memoria il riferimento a un'altra donna del passato dalla vicenda travagliata narrata dal Manzoni, quasi a suggerirmi la strada percorsa nei secoli in termini di emancipazione.

E quale musica associare all'autoritratto della Lempicka? Confesso che la ricerca non è stata facile e alla fine mi sono orientata su di un brano nato in un contesto diverso dal mondo della pittrice. 
Si tratta del "Preludio n.1 in Si bemolle Maggiore"
 di George Gershwin (1898 - 1937), brevissimo pezzo per pianoforte solo, composto nel 1926 e che ho scelto per il piglio sensuale e al tempo stesso grintoso che mi pare in sintonia con l'immagine del dipinto. 

È stato proprio l'esordio del preludio a prendermi, con quelle note scivolate e accattivanti che vedete qui accanto e che costituiscono il tema, prima veloci e poi più lente nell'indugiare della corona
E subito dopo accordi fortissimi e scattanti, passaggi ribattuti che ricordano un po' la "Rapsodia in blu": una grinta, insomma, che in qualche modo si accorda 
con l'atteggiamento disinvolto e sicuro della donna al volante, consapevole del proprio fascino sensuale. 
Una musica che unisce un motivo blues all'atmosfera jazz col suo ritmo sincopato:
note che possono addentrarsi ora insinuanti e morbide, ora più irruenti, nell'enigmatico sguardo della pittrice.

Buon ascolto! 

(Le foto sono prese dal web) 

 

5 commenti:

siu ha detto...

Personalmente in pittura non amo particolarmente il cubismo, e per niente il futurismo come movimento.
Eppure i quadri di Tamara de Lempicka mi hanno sempre attratta ed affascinata.
In questo, direi che non avresti potuto descrivere meglio l'elemento saliente di quell'enigmaticità, nell'espressione, nello sguardo...
E il breve pezzo di Gershwin ci sta a pennello.
Spero che tu abbia in serbo ancora molti episodi di "Se lo sguardo è femminile" ;-))
Un caro saluto, e grazie.

Annamaria ha detto...

A dire il vero, cara Siu, nemmeno io mi sento in particolare sintonia col Cubismo e col Futurismo. Però questo dipinto mi ha preso e progressivamente affascinato. A volte ti trovi davanti ad opere che, di primo acchito, sembrano dirti poco. E invece, se le osservi attentamente e te ne lasci prendere, possono rivelare tante cose. Per me, con questo autoritratto di Tamara de Lempicka è stato proprio così.
Ti ringrazio tanto e ti auguro buona serata!

Anonimo ha detto...

Alla fine di questo bellissimo Preludio, prima dell'accordo finale, c'è una cosa che era vietata, ma i divieti per fortuna stavano cadendo: una (velocissima) scala di quarte, sono quarte giuste salvo il 1° intervallo, re bem - sol, che è una quarta aumentata. Nell'800 le scale di quarte giuste erano ammesse - ma sono rarissime - a condizione che ci fosse una terza sotto, come all'inizio della Polacca in la bem op.53 di Chopin, dove ci sono 3 frammenti di scale cromatiche di quarte con la terza sotto, suonata dalla sinistra. Quarte e quinte erano di uso comune fino al '400; cominciarono a essere guardate con sospetto con l'affermarsi delle terze, su cui è stato costruito il linguaggio tonale. Si può dire che le terze, dal '600 all'800, le hanno "spiazzate".

Arrigo Lupo ha detto...

avevo dimenticato il nome

Annamaria ha detto...

Sono andata a vedere lo spartito sul Petrucci ed è proprio una scala di quarte l'ultima, velocissima. Non sapevo fosse vietata...un po' come le quinte parallele? Effettivamente nell'armonia della musica medievale quarte e quinte erano più frequenti.
Molto interessante. Grazie di esserti firmato, anche se le vaste conoscenze tecniche del commento mi avevano già fatto immaginare che fossi tu.
Buon pomeriggio!