mercoledì 30 novembre 2022

Modernità di un ritratto

Leggo sul web la notizia che a Milano, all'ultimo piano della Torre PwC nel quartiere CityLife, è stato esposto al pubblico - e lo sarà ancora nei prossimi giorni - un celebre dipinto di Sandro Botticelli (1445 - 1510) : il "Ritratto di Giuliano de' Medici", proveniente dall'Accademia Carrara di Bergamo.
La mostra, intitolata appunto "Sguardi dalla Torre - Botticelli", consente di ammirare il capolavoro rinascimentale inserito qui in una cornice di arte contemporanea com' è appunto il grattacielo progettato da Daniel Libeskind.
Non so se potrò
visitarla, ma colgo l'occasione per soffermarmi su di un ritratto che ha spesso attirato la mia attenzione per la sua straordinaria modernità. 

Il dipinto è stato realizzato tra il 1478 e il 1480, probabilmente dopo la morte di Giuliano de' Medici ucciso nel corso della Congiura dei Pazzi e, oltre a questa, ne esistono altre due versioni in parte differenti e di incerta attribuzione, conservate l'una a Berlino e l'altra a Washington.
A colpirmi è la grande semplicità dell'opera che vedete, nitida e già moderna per
la sua epoca nel tratto disadorno e sottile, nelle ordinate campiture di colore e nella sua essenzialità spoglia ma elegantissima, capace di cogliere l'interiorità del protagonista rendendola viva.
Botticelli vi ha raffigurato Giuliano leggermente di tre quarti, gli occhi bassi
dall'espressione un po' altera o forse triste e pensosa, come di persona compresa in se stessa. Il suo capo è stagliato sul fondo azzurrino di un'apertura squadrata totalmente priva di ornamenti, dalla quale non si scorge alcun segno di paesaggio; altrettanto spoglio e severo è l'abbigliamento dell'uomo, una sorta di guarnacca rosso scuro fitta di pieghe che ritroviamo anche nelle opere del Mantegna e di Antonello da Messina.

Il dipinto, infatti, per alcuni caratteri iconografici, può ricordare certa ritrattistica coeva, ma qui mi pare che il Botticelli, rispetto ai suoi contemporanei, esalti maggiormente i valori di superficie, tanto che la testa di Giuliano sembra quasi intarsiata sullo sfondo. Inoltre, la linea che individua il profilo e i capelli ha un che di nervoso, una sorta di sinuosità angolosa, se mi si passa quest'espressione un po' contraddittoria. Ma ciò non turba l'aura dignitosa e solenne del ritratto.

Una rappresentazione di rara efficacia che non sarei lontana dal pensare possa aver ispirato anche artisti del Novecento.
Mi rendo conto che il mio è un riferimento azzardato, ma
ogni volta che vedo la bellissima "Maternità" realizzata da Gino Severini nel 1916 riportata qui a lato, non riesco a non pensare che, per qualche aspetto, l'artista possa essersi ispirato proprio al ritratto del Botticelli.
Il riferimento potrebbe non essere frutto di una chiara
consapevolezza da parte di Severini, ma solo un ricordo emerso dal passato, cultura che un giorno si è sedimentata in lui per tornar poi a rifiorire liberamente.
Qui, infatti, il tratto è più morbido, ricco di
plasticismo e di luce, così come differente è l'espressione nel viso della donna. Tuttavia, la linea nitida e pulita, lo sfondo spoglio e la scura chioma di capelli mi suggeriscono tale richiamo testimoniando - tra l'altro - il ritorno dell'artista alla tradizione figurativa del passato dopo l'adesione al Futurismo.

E per passare alla musica, ho cercato un brano che alla severa compostezza del dipinto del Botticelli unisse l'aura morbida del quadro di Severini, rispecchiando l' eleganza di entrambe le opere, la prima giocata sul prevalere del linearismo, l'altra su forme più plastiche.
Così ho scelto la "Romanza n.1 in Sol Maggiore op.40 per violino e orchestra" di
Ludwig van Beethoven, scritta ai primi dell'Ottocento e spesso eseguita in coppia con quella in Fa Maggiore op.50, forse un po' più famosa per i numerosi arrangiamenti.
Questa in sol - tra le due la mia preferita - è un Andante dal ritmo
lento e solenne dove protagonista è subito il violino con una melodia semplice di grande cantabilità cui l'orchestra conferisce poi maggiore ampiezza e intenso spessore. Ma nel corso delle successive riprese, il tema si anima attraverso una sempre più ricca fioritura di note da parte dello strumento solista.
Una fioritura delicatamente sinuosa, ora più serena, ora più acuta e struggente, che nel finale si stempera in un largo respiro di pace.

Buon ascolto! 

(Le foto sono prese dal web)

4 commenti:

Costantino ha detto...

Milano è sempre stata centro importante delle manifestazioni d'arte, con esposizioni di opere d'arte così belle da rimanere importanti a dispetto dei secoli che trascorrono.

Grazie, Buon Natale, Buone Feste.

Annamaria ha detto...

E' proprio così, Costantino. Infatti, per ora, oltre a questo dipinto alla torre di CityLife, ci sono varie mostre a Palazzo Reale - tra cui quella su Jeronimus Bosch - e altri dipinti esposti a Palazzo Marino e al Museo Diocesano.
Grazie a te e tanti cari auguri di Buon Natale e Buone feste!!!

Arrigo Lupo ha detto...

In campo musicale, a Firenze nel 1480 Heinrich Isaac non era ancora arrivato, arriva qualche anno dopo. Forse era già attivo Alessandro Coppini, che credo sia nato attorno al 1460. Forse un brano musicale di Isaac su testo di Lorenzo il Magnifico, "Un dì lieto giammai", con riferimento al primo dipinto ci poteva stare.

Annamaria ha detto...

Benvenuto qui, Arrigo Lupo, e grazie del consiglio! Francamente non ci avevo pensato, ne terrò conto per il futuro.
Buona giornata!