mercoledì 5 febbraio 2025

"Galanthus nivalis"

Primi di febbraio: cielo coperto, aria fredda ma non gelida. Dicono che arriverà la neve: le previsioni ne parlano da tanto, ma in realtà solo in montagna è venuta copiosa.
Qui, nonostante il grigiore sono già comparse le
primule con i loro colori smaltati, mentre a sera, da qualche giardino nascosto nell'oscurità, giunge inebriante il profumo del calicanthus che fiorisce proprio nel cuore dell'inverno: stagioni diverse che s'intrecciano nel segreto della terra, covando germogli inaspettati e sorprendenti.

Ma non è meno affascinante il bucaneve
che spunta proprio dalla coltre bianca per portare il suo messaggio di rinascita e di bellezza. Esile, per nulla appariscente, eppure forte come pochi per la sua capacità di reggere alle basse temperature, non ha colori squillanti, ma la semplicità del bianco: Galanthus nivalis è infatti il suo nome botanico. Un fiore dal color del latte dunque, sul quale esistono svariate leggende che lo vedono come preludio di primavera o anche - nel mondo cristiano - simbolo della festa della Candelora appena celebrata perchè cade proprio il 2 febbraio. Ma insieme alle leggende, lo troviamo anche nei particolari di alcune riproduzioni pittoriche. Ne riporto tre.
 
Il primo dettaglio - che vedete poco più in alto - è tratto da una ricca composizione di Jan Philips van Thielen (1618 - 1667), intitolata "Ghirlande di rose, tulipani, narcisi, bucaneve, giacinti, con uva, spighe di mail e teste di mais". Il secondo particolare altrettanto splendido - qui a lato - è tratto da un'opera dell'olandese Jan Davidsz de Heem (1606 - 1684 ca.). In entrambi i casi, si tratta di artisti fiamminghi specializzati nel dipingere nature morte con fiori e frutta, all'interno di una tradizione molto diffusa in nord Europa nel Seicento, a cominciare dalla dinastia dei Brueghel. Sono immagini di grande opulenza e ricchezza anche coloristica, ma nell'insieme talora non manca il delicato candore del nostro Galanthus.

La terza riproduzione, intitolata "Blanzifiore", è invece dell'inglese Dante Gabriel Rossetti (1828 - 1882), considerato caposcuola dei Preraffaelliti. Qui, vediamo il ritratto della figura di Persefone che, secondo la mitologia, dopo aver trascorso autunno e inverno nell'oltretomba, tornava sulla terra per le altre due stagioni. E il fiore che ha nella mano simboleggia il ritorno della primavera.

Ma che cosa mi ha condotto a pensare proprio al bucaneve? È stata una musica dall'incedere lento e delicato che a me è parsa modernissima nonostante sia stata scritta nel 1763.
Si tratta del secondo movimento dell'opera "Les Boréades" di Jean
Philippe Rameau (1683 - 1764), interpretato qui dal bravissimo Vikingur Olafsson che lo ha trascritto per pianoforte solo col titolo di "Le Arti e le Ore". Arti e Ore che hanno giustamente la maiuscola perchè sono personificate. Rappresentano infatti alcuni degli esseri mitologici protagonisti della composizione e in qualche modo simboleggiano l'eternità dell'arte, la sua capacità di superare la barriera del tempo rispetto alla durata della vita che invece è breve. E lo dimostra il fatto che siamo qui ancora oggi ad ascoltare un brano di musica barocca.

La rielaborazione è ricca di quella riposante lentezza che consente di apprezzare il timbro di ogni singola nota, soprattutto in confronto agli altri movimenti dell'opera improntati a danzante vivacità, e mi ha fatto pensare proprio ai piccoli fiori che nascono qua e là nella neve, timidamente, ricchi di una grazia assorta e riservata.
Ma il fascino di questa versione per me è legato anche al fatto che, in qualche
passaggio, mi ricorda il Bach delle Variazioni Goldberg che probabilmente Rameau, pur essendo francese, conosceva. Non si tratta di un riferimento a un brano preciso, ma piuttosto di un'atmosfera che vi arieggia, un richiamo alla struttura armonica più che a una singola melodia.

Esistono poi pregevoli interpretazioni di questo brano anche per archi o per chitarra. Ma di seguito a quella di Olafsson, ho preferito riportare una bella versione orchestrale dove - a mio avviso - il riferimento alle Variazioni bachiane non si avverte, ma la musica ricorda più la solennità di un inno sacro. E ve la regalo sotto la pacatissima direzione di Marc Minkovsky.

Buon ascolto!

(Le foto sono prese dal web)

 

 

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