Capita a volte nella varietà del quotidiano - tra eventi grandi e piccoli ai quali spesso non si fa più caso - che, proprio tra questi ultimi, ci raggiungano richiami o stimoli significativi, simili a incontri che ci attraversano la strada così, senza che noi li abbiamo cercati. Può essere che ci sfuggano, ma se vi prestiamo attenzione, a volte possiamo trovarvi veri e propri tesori. Succede con le persone, con i libri, con la natura e anche con la musica.
In questo modo diciamo casuale - ma esiste poi il caso? - ho scoperto il brano di oggi, un pezzo che non conoscevo ma che mi ha subito affascinato.
Leggi una locandina, trovi il programma di un concerto e al momento lo accantoni. Poi, nell'apparente banalità del quotidiano, qualcosa t'incuriosisce. Ti dici: "Proviamo ad ascoltare!" e così gratuitamente, magari nel bel mezzo di una giornata storta, ti si capovolge il mondo e scopri il paradiso.
Ciò che incontri, infatti, non è solo la bellezza fuori di te in una delle sue molteplici manifestazioni, ma insieme una parte della tua anima che vi corrisponde e vi aderisce con tale intensità quasi in quelle note avesse trovato la radice del proprio essere, la propria nicchia, il proprio elemento originario, l'acqua sorgiva in cui nuotare.
Sto parlando del brano di Felix Mendelssohn Bartholdy (1809 - 1847) intitolato “Wie der Hirsch schreit” : cantata per soli, coro misto e orchestra sul Salmo 42.
Nonostante mi piacciano molto alcuni suoi corali, la mia conoscenza del suo repertorio sacro è piuttosto limitata, mentre ho sempre dato la preferenza alle Romanze senza parole, alla celebre sinfonia Italiana e al mirabile Concerto per violino. Il pezzo di oggi apre quindi per me uno squarcio nuovo sull'universo musicale del compositore.
Dei sette brani di cui si compone la Cantata, vi riporto quello di apertura che recita così: "Wie der Hirsch schreit nach frischem Wasser, so schreit meine Seele, Gott, zu Dir" (Come un cervo anela ai corsi delle acque, così la mia anima a te, o Dio). È l'esordio del Salmo 42 che certo tanti ricordano e che ha un celebre precedente essendo stato musicato da Pierluigi da Palestrina nel mottetto "Sicut cervus". Inoltre, l'immagine con cui il pezzo si apre ricorre spesso nell'iconografia cristiana, come dimostra anche il mosaico della foto tratto dalla decorazione del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna.
È pacatissimo l'inizio di questa musica avviata dai contralti cui fanno seguito subito dopo i soprani. E mi ha colpito la dolce morbidezza con cui la melodia si allarga e sale sostenuta dall'orchestra per poi tornare alla luminosa quiete del Fa maggiore. Dopo il passaggio introduttivo in cui viene enunciato il tema, il coro si sviluppa in modo più animato, ora articolandosi nell'alternanza delle voci, ora in una architettura più complessa e talora drammatica. E se da un lato la musica può riecheggiare qua e là lo stile di Bach di cui Mendelssohn è stato grande cultore, dall'altro presenta risonanze nuove, che indugiano su sonorità e timbri sognanti che danno alle note un carattere di ampio respiro e intensa suggestione. Splendido anche il finale dove la melodia si fa più sommessa, smorzandosi nella luminosa dolcezza dell'ultimo accordo.
Ascoltandolo, immagino quale immensa gioia sarebbe riuscire a cantarlo in un coro, vivendone dall'interno lo splendore polifonico e percependone lo spessore nella fusione delle varie voci. Così, me lo sto sentendo e risentendo con calma su youtube, perchè diventi parte di me e possa fiorire spontaneo dal cuore magari un mattino, al mio risveglio.
Del resto, il Salmo 42 è preghiera e quale potrebbe essere approccio migliore a una nuova giornata se non il desiderio d'Infinito espresso dal testo e interpretato dalla musica, simile a quello di un'acqua fresca che disseti e colmi il cuore? Un canto di struggente nostalgia dunque, che pur non ignorando lo sconforto della condizione umana, si apre a una fiduciosa serenità.
Me lo suggerisce anche l'andamento di questo primo brano col suo tempo di 6/4 che ha un dolce ritmo di danza.
Buon ascolto!
(La foto è presa dal web)
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