venerdì 14 giugno 2019

I ponti di Hopper

"Le bistrot"
C'è spesso in tanti pittori - al di là dei principali caratteri iconografici che li hanno resi celebri - qualche motivo ricorrente, talora un semplice dettaglio secondario, che tuttavia si ripete come parte integrante del loro modo di rappresentare la realtà.
Ricordate il treno nei dipinti di De Chirico? 
Quel trenino sbuffante che compare all'orizzonte di tante sue piazze famose, in apparenza senza alcun nesso col resto, ma che rimanda a un dato autobiografico? Ecco! Ma potremmo citare anche Ottone Rosai con i suoi vicoli sempre il curva, o Cézanne con il Mont Sainte-Victoire e altri ancora.

"Pomeriggio di giugno"
Così, nell' attenzione verso le opere di Edward Hopper (1882 - 1967) che mi ha portato a scrivere già tempo fa un paio di post, non avevo mai fatto caso ad un particolare che invece ricorre spesso nei suoi dipinti.
Conoscevo Hopper come pittore della solitudine metropolitana e di quella sospensione esistenziale che si traduce in attesa, di quel senso di provvisorietà che gli fa riprodurre squarci di vita incompleti come partenze, treni, strade o finestre, che rimandano a un dentro e un fuori, un prima e un dopo e attendono un compimento.
Ma non avevo mai notato che, nei panorami che l'artista delinea sia quando raffigura il tessuto urbano che altrove, vi sono spesso anche dei ponti.

Perchè mai? Che cosa lo ha condotto verso tale rappresentazione? 
Forse l'immagine inconscia di un luogo familiare, un ambiente visto e sognato che ritorna magari attraverso un semplice richiamo, o tutto ciò sottintende un senso più profondo? 
"Scompartimento C, Carrozza 293"
Non lo so con certezza, ma non mi pare un dettaglio trascurabile, data la frequenza con cui ricorre non solo nei dipinti esplicitamente dedicati a questo tema, ma anche in opere in cui è una semplice citazione en passant - ma proprio per questo ancor più significativa - come nel paesaggio che appare dal finestrino nel quadro qui a lato. 
Sembra infatti che Hopper, nel delineare la realtà circostante, lo inserisca con naturalezza quasi inconsapevole, come se la presenza del ponte facesse parte del suo immaginario.
"Le Quai des Grands Augustins"
Molteplici potrebbero essere le considerazioni sul significato di questa immagine: spazio di collegamento e insieme metafora di apertura e di incontro tra esseri umani, ma anche luogo di sogni romantici così come di oscure tentazioni. 
Tuttavia non intendo addentrarmi in un discorso che mi porterebbe lontano, ma solo osservare i ponti che l'artista ha raffigurato nei loro colori, forme ed effetti.

Per quanto i dipinti che vedete qui - ad eccezione di "Manhattan Bridge" che è successivo - siano stati realizzati nel corso di pochi anni, dal 1907 al 1913 a seguito di alcuni viaggi del pittore a Parigi, vi si possono ravvisare caratteri diversi che lasciano sensazioni del tutto differenti.
"Le Pont des Arts"
Dalla luce al colore, fino alla struttura stessa del ponte e dei suoi materiali, vi sono mutamenti notevoli. 
Troviamo ponti di pietra dal massiccio spessore e strutture in ferro più aeree e snelle che Hopper rappresenta con tratto veloce; vi sono colori chiari e forme semplici, così come costruzioni più articolate e pesanti dove l'ombra prevale sulla luce.
Si va dalla levità di alcune opere come "Le bistrot", "Pomeriggio di giugno" e "Les Pont des Arts", fino alla cupa atmosfera di "Bridge in Paris".
"Bridge in Paris"
Se infatti nelle prime è evidente un certo influsso dell'Impressionismo non tanto nel vibrare della pennellata, ma più che altro nella chiarità dei colori e nell'idea di una pittura en plein air, "Bridge in Paris" sembra invece contraddire tutto ciò e creare un ponte sotto le arcate del quale ci si addentra come nel buio arcano di un tunnel. 
Rispetto agli altri, oltre al colore e ai materiali, cambia infatti anche il punto di vista che, dal basso, ce ne offre una visuale diversa e carica di mistero.
"Bridge on the Seine"
Sono opere nelle quali, al di là delle suggestioni ricevute da Hopper nei suoi soggiorni parigini - e la capitale francese nei primi decenni del Novecento è un incrocio di fermenti culturali - domina la visione dell'artista con quel senso di solitudine e sgomento che la caratterizza.
Osserviamo, per esempio, il bellissimo "Le bistrot". Al di là delle due figurette intente a bere in un angolo, è proprio la solitudine a campeggiare nel paesaggio totalmente deserto. Colori chiari, certo, ma anche un clima di indefinita malinconia e un orizzonte quasi vuoto: la strada, il fiume, il ponte con quei quattro alberelli (cipressi?...) agitati da un vento leggero e un taglio obliquo che mi ricorda un po' i quadri di Munch nella loro inquietudine.
"Queensborough Bridge"
Un taglio in realtà fotografico che ritroviamo pressocchè in tutti i dipinti qui riportati e che riproduce in tal modo solo una parte - a volte più ampia, a volte ridotta a uno scorcio - dei vari ponti che risultano così incompleti. 
Ma del resto, un ponte è già di per sè un elemento incompleto perché la sua presenza rimanda ad altro: ad acqua che scorre sotto le sue arcate, a necessità di collegamenti e al fermento di vita sulle rive che esso unisce.
"Manhattan Bridge"
E mi pare che il taglio di tali rappresentazioni, accrescendone il senso di incompiutezza, rimandi anche in questo caso a quella "tranche de vie" - per dirla alla francese nonostante Hopper sia statunitense - che il pittore ha sempre raffigurato dipingendo, come scrivevo sopra, strade, finestre, treni e attese.

Allora, in omaggio al clima di queste opere e insieme a quanto di parigino alcuni dipinti rappresentano, oggi vi propongo un brano di un compositore francese.  
Si tratta di Erik Satie (1866 - 1925), precursore del minimalismo e iniziatore di quella che viene chiamata musica d'ambiente poichè l'atmosfera da essa creata viene considerata quasi più importante della musica stessa. 
Il genere è nuovo e avrà poi fortuna nel corso del Novecento: famosissime a questo proposito le sue "Gymnopedies" e le "Gnossiennes" inserite anche nella colonna sonora in alcuni recenti film.
Il pezzo che ho scelto è la "Gnossienne n.1 in fa minore" prima di una serie di sette composizioni per piano solo. Resta un po' un mistero l'origine di questo titolo coniato dallo stesso Satie, forse con riferimento al termine greco gnosi.  
Si tratta di una delicatissima melodia dal procedere lento e dal tono malinconico vagamente orientaleggiante, ricca di trilli e caratterizzata da una serie di contrasti tra il piano e il forte
La sua struttura è semplice, ma il tono minore, le frequenti ripetizioni del tema e alcune affascinanti dissonanze possono lasciare una percezione di smarrimento e di indefinita malinconia.

Buon ascolto!

(I dipinti di Hopper qui riportati sono tutti conservati presso il "Whitney Museum of American Art" di New York, ad eccezione di "Scompartimento C, carrozza 293" che si trova alla Collection IBM Corporation e "Queensborough Bridge" in una collezione privata) 
N.B. Se avete l'impressione che la musica non si senta, niente paura! Il brano comincia a 0,24 dall'inizio della clip video. Occorre un pochino di pazienza, ma poi questa interpretazione ci ripaga. Grazie!!!

 

6 commenti:

Nella Crosiglia ha detto...

Mia adorabile amica il tuo post ci fa capire come spesso siamo distratti da molte raffigurazioni ricorrenti nei dipinti di vari artisti. Sinceramente non conoscevo questo pittore, ma le sue opere devo dire mi hanno impressionato, quasi un sogno tra la realta' dell'unione del ponte e la fantasia che questo esista nella realtà.
La cosa che mi ha disturbato è la mancanza del suono che non ho potuto sentire sulla scelta del tuo pezzo..andrò ad ascoltarlo su youtube.
Abbraccio da stritolo

Annamaria ha detto...

Cara NELLA, sono andata subito a controllare: il suono si sente ed è molto nitido. Il fatto è che il brano comincia a 0,24 dall'inizio della clip video. E' questo il problema. Me n'ero accorta ma ho dimenticato di segnalarlo ai lettori. Ora lo faccio.
Grazie di avermelo detto.
Abbraccio da stritolo a te!!!

Rossana Rolando ha detto...

Molto suggestiva la scelta dei dipinti di Hopper in base alla presenza del ponte. Nella solitudine sospesa e alienata delle rappresentazioni di questo pittore mi pare difficile che la figura del ponte possa richiamare i significati metaforici dell'unione al di sopra della divisione e della composizione al di là della frattura. Anche il ponte sembra essere un elemento del paesaggio urbano destituito di ogni valore umano di fratellanza e comunicazione, simbolo piuttosto di una tecnica che ha allontanato l'uomo da se stesso e dagli altri.
In questa prospettiva l'idea del ponte come incompletezza - invocazione muta di un'armonia impossibile - mi pare molto interessante.
Il brano musicale lascia davvero "una percezione di smarrimento e di indefinita malinconia", in piena sintonia con la scelta pittorica.
Grazie di questo post elaborato e profondo.
Un abbraccio.

Annamaria ha detto...

Mi fa piacere, cara Rossana, che la musica ti sia parsa in sintonia con le immagini, perché stavolta, dopo aver scelto di getto il brano e averlo pubblicato, avevo avuto qualche perplessità.
Quanto ai ponti di Hopper, la loro incompletezza sembra proprio una sorta di implicita invocazione, quasi un desiderio di compimento. Me lo dicono anche le linee oblique che troviamo spesso in tanti dipinti e che rimandano ad un altrove.
Grazie e un caro abbraccio!!!

Anonimo ha detto...

Il ponte...sembra quasi che i quadri di Hopper rivelino i paesaggi dell'anima.
E in questo paesaggio trovo il mio amato Satie.
Per mesi ho ascoltato le sue "gymnopedies"...per mesi con loro ho vissuto momenti indimenticabili.
Il tuo post rappresenta un dono meraviglioso!
un grazie infinito
Adriana

Annamaria ha detto...

Grazie a te, Adriana! La pittura di Hopper scava proprio nell'anima dietro l'apparenza dei paesaggi quotidiani.
Un abbraccio!!!