Sono tanti i particolari del nostro vivere quotidiano che, nel tempo, la pittura ci ha regalato. I vari artisti, infatti, sono entrati spesso nelle case per cogliere una miriade di dettagli, restituendoci oggetti, azioni, abitudini, gesti, sguardi talora simili ai nostri nei quali riconoscerci.
Tuttavia, se tali caratteri sono ravvisabili in diverse opere nell'arco dei secoli, a me pare che sia la pittura del Medioevo e del primo Rinascimento ad avere quella particolare attitudine narrativa che racconta con squisito realismo alcuni aspetti del nostro vivere. Così, oggi mi piace fermare l'attenzione su di un'immagine che da tempo mi affascina.
Si tratta della "Natività della Vergine" del Maestro dell'Osservanza, identificato col senese Sano di Pietro (1405 - 1481), opera conservata presso il Museo d'arte sacra di Asciano. Come vedete nella foto qui sopra, il dipinto è un trittico, sormontato inoltre da tre riquadri con storie di Maria che, per problemi di spazio, non ho riportato. Nella rappresentazione dell'evento, possiamo ravvisare le varie stanze della casa: dalla camera a una zona
retrostante e al giardino. Sant'Anna a destra - identificata anche dall'aureola come pure a sinistra Gioacchino - è a letto mentre alcune donne vestono la neonata e altri conversano. Nè manca un angioletto che scende a portare una corona per festeggiare la piccola Maria.
Interessante sul piano iconografico il fatto che i diversi ambienti sembrano suddivisi dalle colonnine del trittico, mentre
in realtà sono unificati dal medesimo impianto prospettico sottolineato
dal bel pavimento a quadri.
Si tratta di un elemento compositivo che il Maestro dell'Osservanza ha desunto dalla famosa "Natività di Maria" di Pietro Lorenzetti che vedete qui a lato, dipinta circa un secolo prima e conservata al Museo dell'Opera del Duomo a Siena.
Del resto, il tema della nascita della Vergine ha avuto molta fortuna nel tempo con opere di Paolo Uccello,
del Ghirlandaio, di Andrea del Sarto, Carpaccio, Beccafumi e via dicendo.
Ma è sul trittico del Maestro dell'Osservanza che intendo soffermarmi e in particolare su quella figuretta di fondo riportata in alto. Figuretta in secondo piano certo, ma al tempo stesso centrale in quanto le direttrici prospettiche del dipinto vanno a convergere proprio su di lei. Chi può essere?
Forse un'ancella, o forse - a giudicare dall'eleganza dell'abito - una persona di famiglia che sta portando da mangiare alla puerpera e che ci offre un'immagine di semplicità e insieme di raffinatezza.
Mi colpisce il suo sguardo vivo, attento, presente a ciò che sta facendo e che - unico fra tutti gli altri - è rivolto a noi che osserviamo.
Ma interessanti anche altri particolari come la bionda acconciatura ordinata, il tessuto dell'abito simile al damasco, l'asciugamano drappeggiato sul braccio e soprattutto ciò che la donna porta nelle mani: un brodino da una parte e un polletto dall'altra, cibi leggeri per la madre che ha appena partorito.
Ad incantarmi è stata proprio la meravigliosa concretezza dell'ultimo dettaglio, peraltro non ostentato dall'artista tanto che - a una prima occhiata - questa figuretta seria e bellissima che ci guarda dritto negli occhi potrebbe anche sfuggire alla nostra attenzione. Eppure essa testimonia la cura descrittiva e la ricchezza decorativa tipica del mondo cortese della prima metà del Quattrocento, periodo in cui il Maestro dell'Osservanza - non a caso anche miniatore - realizza il trittico.
La scena è vivacizzata dal rosso di alcuni abiti e arredi, in un insieme dove niente è lasciato al caso - ci sono persino i fiori nel giardinetto - perché dall'opera emerga lo splendore di un evento insieme a un senso di profonda pace.
Ma sono anche i gesti e gli sguardi delle ancelle a restituircela nella loro calma e pacatezza, mentre scaldano i panni a un bel fuoco e si prendono cura della piccola, o mentre versano acqua sulle mani di Anna in un'atmosfera familiare dove ciascuno sembra essere serenamente al proprio posto.
È stato quest'ultimo aspetto a suggerirmi la scelta del brano di musica. Avevo pensato a lungo a quale pezzo associare alle immagini, incerta tra una composizione rinascimentale, un inno di lode per la nascita di Maria o un festoso Gloria. E invece no.
Senza far molto caso alla cronologia, sono andata oltre seguendo il fascino del luogo in cui l'artista ha ambientato la rappresentazione e la serenità dei gesti dei personaggi che la animano.
Allora mi è tornato in mente un brano di Anton Bruckner (1824 - 1896) che ho pubblicato più di dodici anni fa qui, e che mi permetto di riproporre. Perchè mai? Perchè si tratta del mottetto intitolato "Locus iste" scritto dal compositore - come leggerete sul vecchio post - per l'anniversario della dedicazione di una cappella della cattedrale di Linz. Il testo, facendo riferimento ad alcuni episodi biblici, dice infatti: "Locus iste a Deo factus est, inaestimabile sacramentum, irreprehensibilis est."
Ma quella sacralità che le parole esprimono e che Bruckner ci restituisce in musica riferendosi ad una cattedrale, mi pare si possa attribuire anche alla dimensione ordinaria del nostro vivere e ai luoghi in cui essa si dispiega, dimensione feriale, fatta di gesti semplici e quotidiani proprio come accade in una casa.
Nel vecchio post, commentando un affresco del Maestro di Tolentino, concludevo dicendo che l'artista ci insegna che quel locus a Deo factus può essere ovunque e mi sento di ripeterlo oggi alla luce della "Natività della Vergine" del Maestro dell'Osservanza. Anche la quotidianità ha il valore inestimabile del tempo speso nel lavoro e nelle relazioni, dai gesti più eclatanti ai più piccoli ma non meno significativi come il prendersi cura di una neonata e di una puerpera alla quale portare un brodino e un polletto.
Buon ascolto!
(Le foto sono prese dal web)
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