giovedì 15 febbraio 2024

Quando la vita si traduce in note...

So che tanti, sul web, hanno parlato a lungo - e spesso meglio di quanto sappia fare io - del monologo di Giovanni Allevi alla sua prima apparizione pubblica al festival di Sanremo, dopo la grave malattia che lo ha colpito. 

Anch'io ho apprezzato la lezione di vita fatta di coraggio, gratitudine e speranza che il compositore ha regalato a tutti, a cominciare dai pazienti con i quali ha condiviso la sofferenza di questi lunghi mesi. Il suo è stato un messaggio toccante per la ricchezza umana di una verità senza maschere.
Non intendo ora riportarne il contenuto già commentato più volte da altri, e
confesso che è un terreno su cui mi muovo con qualche tremore, perchè addentrarsi nel dolore altrui significa talora violare uno spazio sacro.
Tuttavia, non voglio passare sotto silenzio alcuni passaggi molto
significativi dell'intervento del compositore durante la conferenza stampa che ha preceduto la serata del festival e che potete ascoltare qui.

Con riferimento all'esperienza di profonda fragilità creata dalla malattia, Allevi ha parlato del cammino interiore percorso, perchè proprio nel cuore di tale fragilità ha potuto scoprire una più autentica visione del mondo. Un discorso fatto nella concreta consapevolezza di non poter progettare un futuro a lunga scadenza, ma solo - per usare parole sue - un presente allargato da vivere tuttavia giorno per giorno con intensità, gioia e speranza. 

Mi ha colpito la sua commozione a fior di sorriso, quel parlare con grinta e al tempo stesso disarmante semplicità di cose essenziali come la vita e la morte. Ho apprezzato molto la sottolineatura del ruolo della riflessone filosofica in un cammino così arduo. Ma essenziale per il compositore è stata naturalmente la musica che - come ha sottolineato - ha dato senso alla sua sofferenza trasformando in note dentro di lui i tratti più dirompenti di una simile prova: dalle paure all'ansia del domani, al timore che le terapie potessero non funzionare, fino alla morsa del dolore fisico.

E mi viene spontaneo chiedermi a quali suoni e a quali strumenti abbia affidato l'espressione di tale sofferenza: al timbro grave del violoncello o alle ottave più basse del pianoforte?... E quale tonalità avrà scelto? Lo struggente fa minore del suo Concerto per violino, o un luminoso do maggiore per aprirsi caparbiamente alla speranza?... Chissà! Ma torno alle sue parole:

"Che bello che la musica e l'arte siano l'occasione per trasformare la fragilità umana in una forza, una forza avvolgente!"

Che bello, sì! Certo, saper tradurre la vita in note è prerogativa - se non di tutti - di tanti compositori che hanno rispecchiato nei loro brani passioni ed esperienze vissute. Gli esempi non si contano. Ma tale riflessione, espressa da chi ha provato in maniera lacerante la precarietà esistenziale, mi pare un'ulteriore conferma di quanto la musica sappia accendere una luce proprio all'interno della fragilità stessa, consentendo il passaggio liberatorio dal buio dell'angoscia alla rinascita del cuore.

Così, alle parole del musicista mi piace associare il suo "Back to life", brano tra i più amati dal pubblico, tratto dall'album "Joy" del 2006.
Torno quindi molto indietro nel tempo, non per sminuire la speranza
delineata dal più recente "Tomorrow", ma perchè mi pare che "Back to life", dai passaggi più assorti a quelli più intensi, ci offra due percezioni. Da un lato permette di intuire la profondità di quell'iceberg di pensieri che talora ci portiamo dentro e di cui in questi giorni Allevi ha svelato la punta; dall'altro, ci regala lo stupore del ritorno alla vita che possiamo avvertire prima timido e un po' esitante in alcune pause, poi sempre più animato e sicuro.

Un brano pensoso, fatto di garbo e delicatezza come lo stile con cui il compositore ha sempre parlato della propria condizione esistenziale: note che proprio per lui possono suonare oggi di straordinaria attualità nel suo ritorno alla vita, consapevole dei sorprendenti doni della malattia.
E mi vengono in mente le parole di Fëdor Dostoevskij: "Nel dolore la verità si fa più
chiara", quasi che dal tunnel della sofferenza possa affiorare ancora più intensa e libera l'espressione della nostra autenticità.

Buon ascolto!

(La foto è presa dal web)

2 commenti:

Marina ha detto...

Hai detto tutto e lo hai detto benissimo. Allevi, al Festival, mi ha commossa davvero: le sue parole toccanti, l'ho applaudito da casa e sono stata contenta che abbia superato il momento peggiore della sua malattia. Lunga vita ad anime così belle!

Annamaria ha detto...

Lunghissima vita, certo, a un'anima così coraggiosa, capace di cogliere l'essenziale anche nelle situazioni peggiori e condividerlo con gli altri!
Grazie, Marina!