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(Foto presa dal web) |
Mi riferisco ai dipinti della "Collezione Thannhauser" - proveniente dal Museo Guggenheim di New York - che annovera una cinquantina di opere tra pittori impressionisti, post-impressionisti ed esponenti delle avanguardie del primo Novecento.
Un percorso molto vario tra Monet, Renoir, Cézanne, Van Gogh, Gauguin, Picasso e altri ancora.
Confesso che, se da un lato amo profondamente alcuni di questi artisti, dall'altro mi hanno spesso lasciato perplessa certi caratteri astratti e informali dell'arte contemporanea, soprattutto se sono al limite di un' immediata comprensione, la mia perlomeno.
Tuttavia, nel corso del tempo, mi ha affascinato il Cubismo così come lo ritrovo in alcune opere di Picasso e di Braque. La scomposizione della figura, la molteplicità dei punti di vista e una marcata sottolineatura dei volumi sono infatti elementi che mi hanno colpito per la loro capacità di condurci all'interno dell'oggetto rappresentato, come a sviscerarne un nucleo portante, a svelarci i pezzi di un ingranaggio al di là delle sue apparenze. Quasi una ricerca di essenzialità, una volontà di cogliere il cuore delle cose, andando oltre la loro superficie senza tuttavia dimenticarla.
In esso si realizza la visione totale e simultanea dell'oggetto - in questo caso il panorama di una cittadina spagnola - smontato, per così dire, nelle sue parti e ridotto a forme geometriche.
Una visione nuova che ci consente di entrare nel paesaggio attraverso il gioco di mille sfaccettature e prospettive inusitate, quasi in una sorta di tridimensionalità.
Uno splendido e accattivante tentativo di guardare dentro e oltre l'oggetto in sè, in cui Picasso - sia pure con esiti differenti - in certo qual modo precorre il lavoro di altri artisti e di alcune future avanguardie.
Ma al di là di queste osservazioni, due aspetti in particolare hanno destato il mio interesse.
Il primo è la disposizione di linee e proporzioni, di distanze e di colori che crea una profonda armonia, così come il giallo ocra, il grigio e il nero - tinte terrose tipiche del Cubismo analitico - si alternano con grande equilibrio. Nonostante la sua frammentazione, infatti, e pur aprendoci a una dimensione sconosciuta, il dipinto a mio avviso non risulta caotico.
Il secondo aspetto è la scoperta di scorci del consueto paesaggio cittadino non subito evidenti a un primo sguardo, ma che appaiono e riappaiono, seminascosti nel complesso della scomposizione geometrica che fonde spazio e oggetti.
Sono archi grandi e piccoli, scale e scalette, balconi e terrazze, finestre, tende e passaggi, inframmezzati da alberelli o vegetazione che occhieggia qua e là.
Così pure, ci sono tetti, muri ed edifici squadrati, superfici e volumi che riemergono sconnessi tra loro, ma riconnessi dall'insieme: quasi un mondo fantasioso che il pittore ricrea, facendolo affiorare tra linee rette e spezzate, curve e oblique, parallelepipedi e altre figure solide.
Un mondo che si vorrebbe, se non abitare, perlomeno scoprire, con la gioia con cui ci si perde in un'avventura o in un sogno, come se, nel cuore della scomposizione della realtà, Picasso ci conducesse a vedere - per brevi scorci - il mondo di fiaba che in essa vive.
Così, ad accompagnarci in questo percorso, ho scelto un brano dal secondo libro del "Clavicembalo ben temperato".
Picasso e Bach???...Sento l'eco di un certo stupore.
Lo so, c'è una grossa sfasatura cronologica tra loro, ma dopo aver ascoltato vari pezzi di musica contemporanea al pittore spagnolo - compresa quella atonale e non ultimo Schoenberg - sono tornata a Bach, e in particolare a un brano che adoro da tempo.
Si tratta del "Preludio in la minore n.20 BWV 889", composizione di grande fascino che si dipana piano ma sostenuta, melanconica ma non priva di qualche apertura luminosa, simile a un cammino esistenziale che si snoda lento e costante, eppure continuamente variato.
Il suo tema si basa infatti su di una cellula melodica che si ripete in mille modi alternati tra la mano destra e la sinistra, in un incastro e un andirivieni di note ricchissime di cromatismi che vanno aprendo prospettive sempre diverse.
Un fascino che - a mio avviso - si fa ancora più intenso nella seconda parte, con l'inversione del tema che, se prima scendeva, ora sale e sembra aprire davanti a noi un paesaggio inusitato, straniante e al tempo stesso meraviglioso.
E mi pare che queste note, nella misurata interpretazione di András Schiff, ci possano davvero guidare all'interno del dipinto di Picasso, nelle armoniche geometrie del suo mondo disgregato e insieme ricomposto.
Un brano a mio avviso modernissimo, in cui il consueto rigore bachiano si carica di suggestioni nuove e ci apre più che mai alla percezione di universi sconosciuti dentro e fuori di noi.
Buon ascolto e Buon Anno!