sabato 22 novembre 2025

Lo stupore di Cecilia

'È opera del viterbese Giovanni Francesco Romanelli (1610 - 1662) il dipinto che vedete - conservato a Roma presso i Musei Capitolini - e che rappresenta "Santa Cecilia". 
Le date ci dicono che siamo in piena epoca
barocca ma, se anche non lo sapessimo, ce lo suggerirebbero vari elementi: dalla raffinatezza ariosa del panneggio e del copricapo agli alberi e al cielo dello sfondo; dalla morbidezza dell'incarnato - osservate la grazia della mano sinistra! - fino all'elegante inquadratura che riprende la Santa in una torsione ormai lontana dagli schemi della ritrattistica del passato. 

In effetti l'autore, formatosi alla scuola di vari rappresentanti dello stile barocco tra cui Domenichino e Pietro da Cortona, si colloca tra gli esponenti più in vista della pittura dell'epoca sia a Roma che in Francia. La sua fama gli aveva meritato inoltre il soprannome di "Raffaellino" probabilmente per la dolcezza del suo tratto che potrebbe ricordare lo stile del famoso urbinate.

E in che modo Romanelli raffigura qui la Santa protettrice della musica e dei musicisti? La dipinge accanto a un violino, seguendo una tradizione che attraversa il tempo e che la vede accanto a uno strumento, molto spesso un organo, talora un violoncello oppure un liuto. 
Tuttavia, quello che mi colpisce nell'immagine è lo sguardo di Cecilia rivolto altrove. Ha
 in mano un rotolo che probabilmente è uno spartito, tocca il violino quasi avesse appena finito di suonare e dovesse riporlo, ma il suo sguardo è assorto, fisso in un punto indefinito forse a ripercorrere nel cuore la musica suonata e le emozioni che essa vi ha suscitato. 
O forse da quel punto indefinito la Santa sta guardando in se stessa attingendo alla
misteriosa fonte dell'ispirazione. La sua è infatti l'espressione di chi medita, ma nei suoi occhi possiamo scorgere anche un lampo di meraviglia, un lieve sorriso venato di commozione, una luce di stupore come di fronte a una realtà superiore da cui è presa e rapita. È proprio quella realtà l'oggetto cui volgersi, la sorgente primaria alla quale attingere mentre il violino e lo spartito sono i mezzi attraverso i quali la luce della musica prenderà poi forma.

Con quale melodia allora renderle omaggio nel giorno della sua festa? Con un brano di un autore nuovo per questo blog. Si tratta di John Eccles (1668 - 1735), compositore inglese famoso per aver scritto molte musiche di scena oltre a un' "Ode per il giorno di Santa Cecilia"...che tuttavia - la Santa mi perdonerà! - non pubblico. Non perchè non sia bella, ma perchè mi affascina maggiormente il pezzo che invece ho scelto. 

Si tratta di un' Aria - quinto movimento dalla Suite "The Mad Lover", l'amante pazzo - in cui Eccles ha musicato la tragicommedia di John Fletcher, centrata sull'uso dei suoni e delle immagini nel curare certe forme di follia o di depressione. Lunga è a questo proposito la tradizione che vede la musica come una vera e propria cura della psiche: dal giovane Davide che nella narrazione biblica suonava l'arpa per placare lo spirito cattivo di Re Saul, al mito di Orfeo, fino alle acquisizioni più moderne della musicoterapia. Ma potremmo anche ricordare le Variazioni Goldberg che - se  è vero ciò che i testi affermano - Bach avrebbe scritto per distrarre il conte Von Keyserling dall' insonnia. Del resto, di tale potere dei suoni tutti avremo fatto esperienza almeno una volta nel corso della nostra vita, per questo un brano simile mi sembra l'omaggio più centrato che si possa fare alla Santa.

Della quinta Aria della Suite vi riporto dunque due versioni: quella originale e una molto più recente per pianoforte solo che - vi confesso - è la mia preferita. Si tratta di una trascrizione semplice sul piano tecnico, ma tutta affidata alla capacità interpretativa di chi la esegue. Ne emerge un ritmo che dalla calma iniziale va crescendo di intensità fino ad animarsi in un vortice sempre più veloce mentre la melodia si ripete in varie sfumature diverse. 
Ed è forse il ruolo di tale ripetizione quello che talora agisce su di noi con una sorta
 di funzione terapeutica, perchè ci consente di entrare più vivamente all'interno della musica e diventare una sola cosa con i suoni facendo nostra la loro vibrazione. 

Buon ascolto!

(La foto è presa dal web) 

 

 

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