"Gioire in Musica" è un piccolo spazio per condividere lo splendore della musica classica e le emozioni che essa suscita in noi; ma anche un luogo in cui raccontare quanto ogni musica nata dal profondo si intrecci alla nostra esistenza nutrendo il cuore e infondendoci vita, sorriso e limpidezza di sguardi.
El Greco (1541 - 1614) : "Adorazione dei pastori" (part.) - Museo del Prado, Madrid.
"Dona nobis pacem" : canone attribuito a Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791) e qui eseguito, oltre che dal coro, dalla robusta voce del direttore e dal pubblico. Al di là della resa non sempre perfetta, il canto mi colpisce perchè l'invocazione alla pace va progressivamente crescendo fino a diventare un grido sempre più sonoro, potente e condiviso!
Concludo la carrellata di immagini di quest'anno relativa agli specchi d'acqua con il celebre "Miroir d'eau" di Bordeaux, situato nella Place de la Bourse, non lontano dalle banchine della Garonna. Progettato dal paesaggista
Michel Corajaud e realizzato nel 2006 dall'architetto Pierre Gangnet insieme al fontaniere Jean-Max Llorca, il miroir
è una piscina riflettente formata da lastre di granito coperte da 2 cm.
di acqua e dotate di un meccanismo che permette di diffondere la
nebbia circa ogni venti minuti.
Non
è nuovo nel tempo il desiderio di creare affascinanti scenografie attraverso
l'acqua e le architetture circostanti: giardini, piazze e fontane, fin
dall'epoca barocca, hanno espresso proprio questo intento insieme alla volontà di
stupire tipica del periodo e dei loro autori. Tuttavia, l'installazione di un miroir - non l'unica peraltro in Francia - mi pare abbia qualcosa in più rispetto
al passato non solo per l'adozione di modernissime tecnologie, ma anche per altri due motivi.
Prima
di tutto non si tratta di un monumento da visitare occasionalmente, ma di una piazza di transito quotidiano e quindi
di un luogo abitato e vissuto con tutta la molteplicità di vita che ne deriva. Possiamo così immaginare l'alternanza dell'effetto specchio e della nebbia non solo nell'arco della giornata nelle ore di apertura al pubblico dalle 10 alle 22 e quindi dalla luce al buio, ma anche nel variare delle condizioni atmosferiche e delle stagioni.
Tuttavia, il dato che mi colpisce maggiormente è il contrasto tra l'architettura sontuosa e severa dei palazzi in stile neoclassico e il
cielo con le nuvole che si riflettono nello specchio d'acqua
conferendo all'insieme un che di surreale e leggero. Per non
parlare poi dell'effetto nebbia che accresce tale sensazione. Se infatti nella parte superiore delle foto siamo in pieno Settecento, la parte inferiore della piazza, con
gli edifici che sembrano poggiare
sul vuoto e i passanti sospesi nell'aria, ci fa entrare in un quadro di Magritte.
Osserviamo le quattro immagini accomunate da un grande senso di apertura. Se nella prima è la luce rosata del tramonto a tingere cielo ed acqua creando una splendida scenografia che dà risalto ai vari palazzi, nella seconda e nella terza sono le figure umane a risultare quasi sospese in quella nebbia che talora svela, ma altrove lascia solo intuire il piano di appoggio. Nella quarta qui sotto poi, tale effetto di sospensione a mio avviso è amplificato e il riflesso delle persone nell'acqua le fa apparire come fossero librate tra le nuvole. Ne deriva un insieme un po' straniante che dal passato ci proietta in una sorta di ipotetico futuro con un effetto ottico che - come scrivevo - rimanda al surrealismo di Magritte. Ma l'originalità del Miroir d'eau sta anche in questo contrasto.
Così, nel passare alla musica, sono stata incerta tra brani contrastanti sia per epoca che per caratteri. Ho pensato subito al clima festoso e fastoso della Musica sull'acqua di Haendel che ben si sarebbe armonizzata con gli edifici della metà del Settecento di Place de la Bourse, ma non col resto che avrebbe richiesto invece uno dei "Miroir" di Ravel. Insomma, suggestioni troppo lontane tra loro per poter coesistere in unico brano. Inoltre, avevo bisogno di una musica che esprimesse l'eleganza della piazza e al tempo stesso la luminosità di quei riflessi, insieme alla gioia di chi vi si addentra passeggiando a piedi nudi o magari riscoprendo lo stupore di un gioco nel cielo arioso di una bella giornata.
Allora ho fatto una scelta intermedia: non Haendel nè Ravel, ma Charles Gounod (1818 - 1893) con le "Variations du miroir", sesto brano della Suite per balletto aggiunta nel 1869 alla versione originale del "Faust", ma talora eseguita anche separatamente dall'opera. Si tratta appunto di un pezzo orchestrale elegante e delicato insieme, un "Allegretto" dal riposante e sereno tema in 2/4. Un ritmo di danza dolcemente scandito che può accompagnare opportunamente la gioiosa sorpresa di chi attraversa quello specchio d'acqua ora nella nebbia ad altezza d'uomo, ora nei riflessi che dilatano lo spazio e i riverberi di luce.
Sono passati già alcuni giorni ma, nonostante il ritardo, mi piace ricordare qui la riapertura della cattedrale di Notre Dame a Parigi dopo il devastante incendio del 15 aprile 2019.
Come tutti sanno, l'inaugurazione dell'edificio restaurato si è tenuta il 7 dicembre scorso con una cerimonia alla presenza di capi di stato da tutto il mondo, seguita poi l'8 dicembre - non a caso festa dell'Immacolata - dalla prima Messa con la consacrazione dell'altare e da una serie di celebrazioni lungo tutto l'arco della settimana. Se suggestivo è stato il rituale di apertura della porta, la riaccensione del grande organo, la benedizione e il canto del Te Deum, come pure i successivi momenti che alla dimensione religiosa hanno unito quella culturale e spettacolare, ho trovato interessanti anche altri due dati.
In primo luogo, le parole di Macron “Restituiamo Notre Dame ai fedeli, ai francesi e al mondo intero”, parole chevedono nella cattedraleun patrimonio comune a tutti indipendentemente dalla fede religiosa, tant'è vero che al massiccio impegno economico necessario per il restauro ha contribuito anche il mondo laico. E parole che hanno trovato risonanza in quelle dell'arcivescovo di Parigiche ha sottolineato che la porta della cattedrale è aperta a tutti.
In secondo luogo, la presenza di capi di stato che si sono trovati ad essere testimoni insieme di una celebrazione di grande sacralità. Non è la prima volta che ciò accade e nessuno nega che nell'organizzare una circostanza spettacolare come questa abbiano avuto parte anche ragioni di opportunità politica come l'intento di rilanciare l'immagine di Macron e di una Francia attualmente in crisi. Tuttavia, al di là di questo, mi è parsa molto significativa la convocazione di tanti potenti della terra davanti alla Bellezzache non è solo quella dello splendore artistico dell'edificiorestaurato, ma è insieme "la presenza materna e avvolgente della Vergine Maria" cheesso porta in sè e che ne fa "un simbolo di unità e un segno di speranza",come ha sottolineato il rettore della cattedrale. Tale presenza è rappresentata anche dalla celebre statua trecentesca della Vergine col Bambino che vedete in foto - chiamata Notre Dame de Paris o anche Madonna del Pilastro - e che, salvata dalle fiamme di cinque anni fa, è stata riportata processionalmente all'interno della chiesa dal popolo parigino come un valore in cui riconoscersi al di sopra delle divisioni.
Ricordo bene la sera del furioso incendioperchè ero proprio davanti alla tv e ho assistito quasi in diretta al crollo della guglia dell'edificio, mentre mi afferrava un senso di crescente sconcerto per la gravità dell'evento. Certe opere d'arte capaci di raggiungerci con la loro magnificenza, divengono in qualche modo nostre e non possiamo non essere toccati dalle loro ferite. Alla disgrazia è seguita poi la ricostruzione e ora una festa durante la quale non poteva mancare la musica: non solo quella degli inni sacri, ma un grandioso concerto di brani classici e moderni interpretati da artisti prestigiosi e diretto dalla gioiosa energia di Gustavo Dudamel.
Così, tra i pezzi eseguiti ho scelto il "Maestoso - Allegro" che conclude la "Sinfonia n.3 in do minore op.78 per organo" di Camille Saint-Saëns (1835 - 1921). Nonostante la dicitura, in realtà si tratta di un brano orchestrale in cui, oltre all'organo, viene suonato anche il pianoforte in una composizione che in qualche modo sintetizza i caratteri dominanti dell'itinerario creativo del musicista. Il pezzo nella sonorità grandiosa e solenne del Do maggiore si apre con potenti accordi organistici e prosegue con l'esposizione del tema che riaffiora in vari modi: prima al pianoforte a quattro mani, poi nel fragore dell'intera orchestra, tra un pezzo fugato e un finale davvero altisonante.
Senza dubbio splendido, anche se per i miei gusti un po' troppo teatrale. Infatti - lo confesso - tra i brani proposti dal concerto gli avrei preferito l'incanto più intimo del mozartiano Laudate Dominum dai "Vesperae sollemnes de confessore K.339", se del Maestoso non mi avesse colpito il tema. Perchè mai? Perchè la melodia delle prime sei note, fatta salva la differenza di tonalità, è identica a quella che apre la celebre "Ave Maria" di Arcadelt che potete ascoltare qui. Poi certo, Saint-Saëns prosegue la battuta con altre due note, ma l'esordio è quello. Non so se da parte del musicista francese il riferimento sia stato intenzionale o meno, ma a me la cosa è parsa una bella coincidenza. Il riferimento a Maria che vi sento riecheggiare è infatti un segno di speranza come il suono delle campane della cattedrale cui ha fatto riferimento Macron, suono da sempre nel cuore dei Francesi e ora divenuto simbolo di rinascita per il mondo intero.
Il video che pubblico è suggestivo perchè ci conduce all'interno della chiesa proprio durante il concerto diretto con piglio entusiasmante di Dudamel. Ma siccome mentre preparavo il post un precedente video è già stato oscurato, se in futuro anche questo non dovesse essere più disponibile, trovate lo stesso brano di Saint-Saëns in una differente esecuzione al seguente link : https://www.youtube.com/watch?v=M68gT9XQMEw.
Adagio, Adagietto, Andante, Andantino, Largo e Larghetto...
No, non sto recitando una filastrocca musicale, anche se qualche volta la tentazione c'è e magari potrei inventarmi un testo a metà strada tra le graziose poesiole di Gianni Rodari per l'infanzia e le parole in libertà dei Futuristi. Che dite?... Ma forse per questa volta è meglio di no ed è più opportuno rimandare qualche ipotetica follia ad un altrettanto ipotetico futuro anche perchè il post di oggi vuol essere serio, anzi serissimo.
Il fatto è che, in questi ultimi tempi, mi sono accorta che nelle mie assidue frequentazioni musicali ho incontrato spesso brani con l'indicazione di Larghetto. Sono pezzi lenti di Bach, Vivaldi, Mozart, Beethoven, ma anche di Rachmaninov, Dvorak e chissà quanti altri! Così, al di là del termine che mi piace per quel suo vezzeggiativo che gli conferisce un andamento grazioso, mi sono chiesta che cosa differenzia tra loro le varie indicazioni usate dai compositori per definire un pezzo lento come, per esempio, il secondo movimento di un concerto, un quartetto o una sinfonia.
Sul tema di tali indicazioni agogiche e della loro varietà ho già pubblicato anni fa un post che potete trovare qui, ragion per cui non mi dilungo e mi soffermo invece proprio sul Larghetto. Che cosa lo distingue dagli altri tempi simili quali Adagio, Largo,Andante e via dicendo? Da quello che capisco si tratta di una differenza di pulsazioni, di battiti per minuto, quelli che si misurano col metronomo per intenderci. Il Larghetto dovrebbe essere più lento dell'Andante ma meno del Largo; tuttavia uso il condizionale perchè, soprattutto nella musica classica, laddove il numero dei battiti del brano non sia specificato la cosa è lasciata alla sensibilità e al gusto dell'interprete. Così a volte le differenze consistono in minime sfumature. Inoltre, il risultato è frutto di tante variabili che dipendono anche dal compositore, dallo strumento usato e dal contesto, per cui un Larghetto cantabile di Paganini suona ben diverso da uno di Fauré.
Tutto questo discorsino per introdurre il brano di oggi che è proprio un Larghetto nientemeno che di Chopin! Si tratta del terzo movimento della "Sonata in Do minore n.1 op.4" scritta intorno al 1828, ma pubblicata postuma per una serie di divergenze tra il musicista e l'editore sulle quali non mi soffermo. È un pezzo dal clima romantico che può ricordare quello di un notturno, composto nell'inconsueto tempo di 5/4. Non è nuovo Chopin all'uso del Larghetto: lo troviamo infatti in entrambi i tempi lenti dei due mirabili concerti per pianoforte - che potete ascoltare qui e poi qui - scritti più o meno negli stessi anni e che anche nel brano di oggi sentiamo riecheggiare meravigliosamente in alcuni passaggi. E proprio a somiglianza dei due concerti, nella ripresa del tema di questo Larghetto Chopin ne lavora per così dire la melodia, sostituendo gli accordi con morbidissimi arpeggi e arricchendola di impalpabili fioriture di note.
Abbandoniamoci dunque al fascino del branolasciandoci prendere dalla sua crescente magìa. Come possiamo vedere dalla foto, inizia in chiave di basso con un'introduzione dall'atmosfera assorta e quasi solenne, per poi risalire a quella di violino e apririsi dolcemente in una melodia pacata e luminosa