Dalle ante gotiche dell'organo alla bifora a tutto sesto che inquadra un morbido scorcio di paesaggio, il dipinto dedicato alla Santa e conservato nella collezione del castello di Weilburg mi riporta infatti al periodo rinascimentale.
E se pure sopravvive qualche reminiscenza gotica, la finestra di sfondo che si apre su di un dolcissimo paesaggio testimonia l'acquisizione di abilità pittoriche già tipiche del Cinquecento.
Tra l'altro la morte dell'artista a Roma, che non a caso ricordavo, mi suggerisce che la sua presenza in Italia può avergli permesso di ammirare la grande pittura del Rinascimento e di prenderne spunto.
Mi riferisco non solo al colorismo degli artisti veneti che qui Dräger riflette nell'abito di Cecilia, ma a quella bifora a tutto sesto che riporta ai dettagli di diverse Madonne di Leonardo (Madonna Benois, Madonna Litta, Madonna del Garofano) e non solo.
Inoltre, la morbidezza e la varietà del panorama che si scorge dalla finestra non differiscono molto da altri sfondi di paesaggio che troviamo, per esempio, in Raffaello o in autori coevi.
Poi certo, il profilo sottile, la fronte nitida della Santa insieme alle splendide mani affusolate posate sulla tastiera, possono rivelare tratti pittorici molto più vicini a noi.
Così pure i capelli lisci e scuri, raccolti sulla nuca, nella loro moderna semplicità si allontanano parecchio dalle ricche ed elaborate acconciature rinascimentali.
Qui Cecilia, raffigurata come Santa solo dalla presenza dell'aureola, è in realtà una dolce fanciulla che, nella sua stanzetta, siede tutta intenta ad eseguire e forse anche a cantare una musica che - ingrandite il particolare! - sta leggendo su di un corale miniato. Un
contesto del tutto anacronistico, se pensiamo che è vissuta a
Roma nel III secolo d.C., mentre qui è inserita in un ambiente che
rimanda a differenti epoche successive.
Dettagli antichi quindi, uniti ad altri più vicini a noi che ben si armonizzano tra loro nel clima di serena pace che promana da questo dipinto, quasi a dire che l'amore per la musica attraversa ogni tempo.
Proprio il corale sul leggìo mi riporta al passato, inducendomi ad associare a questa immagine una splendida composizione di Johann Sebastian Bach: il quinto movimento della Cantata in Re Maggiore BWV 30, "Freue dich, erlöste Schar" (Rallegrati, popolo redento).
Si tratta dell' Aria "Kommt, ihr angefochtnen Sünder" (Venite, afflitti peccatori) per contralto, flauto traverso, archi e continuo, melodia molto orecchiabile, esposta all'inizio e alla fine dai soli strumenti, mentre la parte centrale è affidata al canto della solista.
Per quanto abbia un tempo scandito nella regolarità dei 4/4, il pezzo ci comunica un impulso danzante per le frequenti terzine e il ritmo talora puntato. Ne deriva un andamento decisamente gioioso che esprime esultanza per l'annunzio di salvezza portato da San Giovanni Battista cui la Cantata è dedicata, secondo le parole del testo scritto dal poeta e librettista tedesco Christian Friedrich Henrici. Eccole:
"Venite, peccatori,
accorrete, figli d'Adamo.
il vostro Salvatore grida e vi chiama!
Venite, gregge disperso,
svegliatevi dal sonno del peccato,
poiché ora è il tempo del perdono!"
Spero che Santa Cecilia approvi la mia scelta... Per parte mia, già da tempo la immagino intenta a conversare e far musica insieme a Bach, in un sublime angolo di Paradiso.
Buon ascolto!
(La foto è presa dal web)
Nessun commento:
Posta un commento