È una tempesta lo specchio d'acqua di oggi, una superficie agitata da alti marosi che l'artista ha qui realizzato in modo efficacissimo.
Si tratta del "Naufragio" di William Turner (1775 - 1851), opera conservata presso la Tate Britain di Londra.
Il primo immediato colpo d'occhio su questo dipinto mi dice subito quanta strada i vari artisti abbiano compiuto nel corso dei secoli nel riprodurre acque in movimento. Dalle raffigurazioni più semplici e stilizzate delle miniature medioevali a quelle del Rinascimento in cui il tratto pittorico si è arricchito di morbidezza e realismo, fino ai secoli più vicini a noi, l'abilità dei pittori si è sempre più raffinata nel rappresentare ora la profondità, ora il moto, ora riflessi e trasparenze delle onde. Basterebbe citare gli Impressonisti - peraltro non ultimi nel tempo - per comprendere la misura del cammino percorso.
Del resto, che c'è di più mutevole di uno specchio d'acqua per offrire agli artisti un'ampia serie di soggetti cui ispirarsi?
Così oggi, mi piace soffermarmi sulla tempestosa immagine che vedete.
È stato il periodo barocco, dopo la compostezza rinascimentale, ad introdurre davvero il movimento nelle varie arti figurative, anche se già il Tintoretto aveva anticipato nei suoi dipinti tale tendenza.
E insieme a questa, una libertà sempre più grande ha animato diversi pittori nel rappresentare il paesaggio e in esso il mare. Ricordo a questo proposito Rembrandt, Jan Peeters, Van de Velde il Giovane, poi Gaingsborough e Vernet, esponenti tra i più rappresentativi dei tanti che, tra il Seicento e il Settecento, hanno realizzato marine in tempesta o scene di naufragio.
Con questo dipinto di Turner, arriviamo ai primi dell'Ottocento - 1805, per la precisione - e la lotta impari dell'uomo contro la furia degli elementi s'inquadra nel clima romantico e in quella poetica del sublime nata alcuni decenni prima. Essa privilegia la rappresentazione di una natura maestosa, del senso del mistero e di tutti quei fenomeni che affascinano e provocano insieme turbamento per i loro aspetti terrificanti ed estremi. Così, le composizioni pittoriche si popolano di acque tempestose, eruzioni vulcaniche, terremoti, come pure di notturni in cui la luna rischiara un buio inquietante.
Nel "Naufragio" - peraltro non l'unica opera in cui ha raffigurato il mare agitato - Turner ci presenta alcune imbarcazioni che stanno per essere sommerse dai flutti e la lotta disperata dei naufraghi contro la sferza del vento e la forza delle onde. Onde che qui hanno perso la loro sagoma consueta per diventare un magma caotico e ribollente, informe e indefinito che l'artista realizza con un tratto pittorico modernissimo - quasi un anticipo di Astrattismo - capace di renderne la leggerezza ma anche il peso e l'ingovernabilità. La visione d'insieme ci restituisce infatti la percezione di un continuo movimento ondeggiante che circonda le barche da ogni lato, in un mare cupo dove le spume tra il bianco e il verdastro mandano lampi di luce sinistra, sotto un cielo scuro gravido di nubi. E tale contrasto accresce la tensione della scena.
Un'opera efficacissima, quindi, che rappresenta l'angosciosa concretezza di un naufragio e che a noi che la osserviamo oggi - a più di due secoli di distanza dal contesto dell'epoca in cui è stata concepita - non può non ricordare la tragedia di altri naufragi più vicini a noi, che hanno seminato e ancora seminano morte nel Mediterraneo.
Proprio questa drammaticità mi ha suggerito il brano di musica da associare al dipinto. Non una delle varie tempeste pur pregevoli che possiamo trovare nei concerti di Vivaldi o nella sonata di Beethoven che porta questo nome, ma - sempre di Ludwig van Beethoven - il tumultuoso e movimentato terzo tempo della "Sonata per pianoforte n.14 in Do diesis minore" nota per il suo Adagio iniziale intitolato "Al chiaro di luna".
Una contraddizione? No, perchè a interessarmi qui non è l'atmosfera contemplativa di quel celebre pezzo, ma il "Presto agitato" finale.
Si tratta di un brano in cui il tema, ricco di impetuosa veemenza, è una sorta di corsa inquieta e senza riposo, una travolgente cascata di arpeggi che vanno in crescendo e sembrano culminare in una deflagrazione.
Ma al di là di questo, è il prevalere della tonalità minore a conferirgli un senso di forte tensione drammatica. E anche dove in taluni passaggi le note si placano, non viene meno quel costante dinamismo che fa di questa sonata - scritta nel 1801, a poca distanza e nello stesso clima artistico del dipinto di Turner - una delle espressioni più compiute della musica romantica.
Buon ascolto!
(La foto è presa dal web)
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