domenica 30 giugno 2024

Minuetto?...

Per quanto mi affascini molto la musica barocca, devo confessare che non ho mai amato in modo particolare il minuetto.
Si tratta di una forma musicale inserita spesso nelle varie danze
di cui si compongono le Suites di tanti autori del Settecento, facilmente riconoscibile all'ascolto per il suo inconfondibile ritmo ternario.
Da Bach a Haendel, senza dimenticare quello celebre di
Boccherini, ritroviamo il minuetto in parecchie composizioni.
E anche addentrandoci nel periodo classico, lo
scopriamo spesso tra i vari movimenti di quartetti e sinfonie per esempio di Mozart e di Beethoven.

Ma perchè mai non è tra i miei preferiti?
Forse perchè - pur essendo una danza fatta di movenze lievi e ricche di grazia,
condotte a piccoli passi come recita il termine di origine francese minuet - in genere rimanda a un clima un po' troppo salottiero per i miei gusti, come fosse un pezzo decorativo di puro intrattenimento e quindi meno intenso di altri brani. È pur vero che da una danza di solito ci si aspetta un'atmosfera di leggerezza, tuttavia, musicalmente parlando, preferisco l'allemanda o la giga.

In realtà, anche se non è tra i miei brani più amati, non posso dire che il minuetto non mi piaccia in assoluto. Talora ci sono pezzi che al suo stile ornamentale uniscono altri caratteri, come in uno dei pochissimi o forse l'unico che in tanti anni di blog ho pubblicato e che potete riascoltare qui.
L'ho ritrovato per caso l'altro giorno, scorrendo alcuni articoli passati e mi ci sono
soffermata quasi con sorpresa.
Tratto dall'opera "Berenice" di Haendel, mi piaceva undici anni fa e mi piace ancora
per quella solennità inaspettata che ne accresce il garbo tanto che - a suo tempo - lo avevo immaginato come colonna sonora di un matrimonio, per accompagnare in note l'ingresso in chiesa di una sposa.

Così oggi, suggestionata da quel pezzo e contraddicendo ciò che ho scritto in apertura, torno di nuovo a un minuetto di Georg Friedrich Haendel (1685 - 1759), questa volta pezzo conclusivo dalla "Suite n.1 HWV 434".
Qui, a colpirmi non è stato solo il testo originale del brano, ma soprattutto la sua
trascrizione ad opera di Wihlelm Kempff, famoso - tra l'altro - per aver trasposto per pianoforte vari testi musicali nati per diversi strumenti, comprese alcune celebri composizioni bachiane.

Non è una scrittura facile quella che Kempff ci propone, anzi, oserei dire che se la confrontiamo con la versione originale, quest'ultima risulta più semplice ed esile. Il pregio della trascrizione mi sembra quello di aver fatto emergere la polifonia insita nella struttura del testo di Haendel e aver creato attraverso gli accordi un effetto per così dire orchestrale.
Ascoltando i due brani, direi che la loro bellezza sta nel fatto che nè l'uno nè l'altro risentono del carattere di
frivolezza tipico di certe feste di corte a cui, almeno in teoria, erano destinati. Lo dimostra non solo il loro procedere lento - langsam schreitend recita l'indicazione agogica di Kempff - ma anche il malinconico sol minore della tonalità. E li trovo entrambi apprezzabili sia pure per motivi diversi: il primo per la sua essenzialità e il secondo, al contrario, per la complessità che - come si vede dallo spartito - articola lo spessore polifonico in sapienti accordi ricchi di una varietà di suggestioni.

Ne deriva un pezzo che, più che ad una danza, possiamo assimilare ad una meditazione fatta magari camminando a passi lenti, con ritmo pacato, lasciando emergere delicatezze e sfumature che - a mio modesto avviso - vanno bel oltre il vero e proprio minuetto.

Buon ascolto!

(La foto, che rappresenta "Minuetto in villa" di Giandomenico Tiepolo, è presa dal web)

 

 

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