giovedì 23 settembre 2021

Ricordi in libertà

Per chi ha trascorso buona parte della propria vita nella scuola, l'inizio di un nuovo anno di lavoro non può non generare qualche sussulto interiore.
E non si tratta solo delle incertezze
create dalla situazione attuale a causa della pandemia, ma di quella particolare emozione che ogni inizio porta con sè, intrisa di speranze, preoccupazioni, interrogativi, progetti e via discorrendo. Così, da quando in questi ultimi giorni - all'ora di pranzo - un rumoroso sgommare di moto sul viale vicino a casa mi ricorda che la mattinata di lezione è appena finita, anche se sono in pensione da un po' di annetti avverto in me un certo rimescolìo. 

Il fatto è che, parlando di inizi, non penso solo a quelli degli studenti, ma anche a quelli degli insegnanti come la sottoscritta, soprattutto la prima volta che si sono trovati alle prese con una classe scolastica.
Anche se la mia esperienza è stata poi quasi sempre positiva e piacevole, i miei esordi
- sprovvedutella com'ero - non si possono definire esaltanti. Basti dire che la mia carriera è iniziata con una supplenza in una seconda media...il giorno di Carnevale!
So già cosa vi starete domandando, ma parlo di tempi andati.
No, non era ancora vacanza: a Carnevale si andava a scuola!
Il risultato è stato che, alla fine di quella mattinata, ero tornata a casa
proclamando ai quattro venti che MAI e poi MAI avrei fatto l'insegnante! E di fronte alla costernazione dei miei genitori e ai loro sguardi allibiti, lo avevo ripetuto anche al tavolo della cucina, ai piatti, ai tovaglioli e alle pentole, nella speranza che almeno loro mi ascoltassero!

La seconda esperienza però era stata migliore. Con incarichi in diverse sezioni, avevo trascorso un anno intero in un istituito magistrale e lì studenti e colleghi mi avevano aiutato a riconciliarmi con quel mondo. Certo, ero fresca di laurea e dovevo ancora farmi le ossa, ma il lavoro mi piaceva.
Alla prima di queste supplenze, sostituivo un' anziana e severa insegnante di latino
. Ricordo che la sera prima di iniziare mi aveva chiamato a casa sua per passarmi i libri e le istruzioni del caso: qui la letteratura, qui la sintassi, qui gli esercizi, qui gli autori da tradurre. Bene. 

"L'unico che non ho è il testo di Quintiliano che leggiamo in quarta al sabato" mi aveva detto, aggiungendo con una punta di sussiego:
"Ma me lo faccio prestare sempre dagli studenti e traduco al momento. Domani
puoi fare così anche tu. I ragazzi ti diranno dove siamo arrivati."
Era appunto un venerdì sera.
"Ceeerto!..." avevo risposto io con una risatella un po' fantozziana, mentre dentro
 cominciavo a sentirmi morire. Però, a dispetto dei miei timori, l'esperienza nella sua globalità era stata molto positiva, e mi aveva suscitato una passione che si sarebbe consolidata nel tempo.

Ora, perchè vado scrivendo queste cose in un blog di musica francamente non so. Sono ricordi in libertà che affiorano da un trapassato remoto.
Ero partita con l'intenzione di pubblicare un brano come augurio di buon anno a
chi riprende la scuola e poi mi sono persa per strada.
Allora mi affretto a tornare al presente e siccome penso che l'esperienza scolastica - al di là della fatica e dei momenti di crisi da cui può essere costellata - debba essere caratterizzata da gioiosa passione, vi regalo un vivace brano di Georg Friederich Haendel (1685 - 1759).

Si tratta del quarto movimento, "Allegro - Fuga" dalla "Suite n.2 in Fa maggiore HWV 427", seconda delle otto Suites per clavicembalo scritte dal musicista più o meno tre secoli fa, ma capaci di parlarci ancora oggi con la loro gioia sorgiva.
Come mi è capitato di osservare in passato per altre composizioni,
trovo tuttavia che l'interpretazione al pianoforte sia più ricca di morbidezza.
Per questo ne ho scelto una che a me pare splendida e vede protagonista il tocco
lieve e misurato di Murray Perahia che ci consente di apprezzare ogni sfumatura del brano.
Bello individuare il progressivo ingresso delle quattro voci della fuga
e seguire poi il loro intreccio che, dall'iniziale semplicità, va ad articolarsi in modo sempre più complesso, un po' come accade in tutti i percorsi, a cominciare da quello scolastico. Ne deriva una musica ora vivace e squillante come il suono di una campanella, ora più sommessa e pacata, ma sempre percorsa da un'onda di fresca energia simile a quella che tutti ci auguriamo possa animare anche il mondo della scuola.

Buon ascolto!

(La foto, presa dal web, riproduce un bassorilievo romano del II sec. d.C. rinvenuto a Neumagen e raffigurante un maestro con i suoi scolari)

 

8 commenti:

Marina ha detto...

Andare indietro con la memoria fa rivivere momenti che non torneranno più e questo può suscitare grande nostalgia. Hai ricordato i tuoi esordi, che a quel tempo, ti avevano creato soggezione, ma rivederli con gli occhi della maturità ti ha anche ricordato la giovinezza. Sono belle parentesi, nonostante tutto.
Pianoforte mon amour, ribadisco sempre a gran voce! 🥰

Rossana Rolando ha detto...

Grazie, cara Annamaria, per questo post che tocca nel profondo la bellezza, l'impegno, la titubanza che accompagnano l'insegnare e connotano i giorni dell'insegnante consapevole della sua enorme responsabilità. E grazie anche per quel velo di autoironia che rallegra e alleggerisce. Un grande abbraccio.

Annamaria ha detto...

Sì, Marina, sono flash che ogni tanto gettano un lampo di luce su esperienze passate che si ricordano con gioia, nonostante tutto.
Quanto alla musica certo, pianoforte mon amour!
Grazie!!

Annamaria ha detto...

Grazie, Rossana. Quel velo di autoironia nasce spesso dalla distanza con cui vedo le cose e che mi consente di coglierne l'aspetto talora umoristico come se mi vedessi proprio dall'esterno. Un abbraccio grande a te e buona serata!!!

giorgio giorgi ha detto...

La musica classica mi fa quasi sempre un effetto particolare: sbriglia la mia immaginazione, mi fa comparire davanti e dentro immagini e storie, forse come un allucinogeno (!).
Nei primi trenta secondi di questo brano ho visto un maestro che guidava la sua classe in fila per due a fare una passeggiata con la gioia dei sette nani quando cantano "andiam,andiam, andiamo a lavorar...", poi li ho visti entrare in un bosco continuando a guardarsi intorno e a passeggiare felici. Nella seconda parte, invece, dove la musica sta un po' più sui toni bassi, vedevo i ragazzi che finivano la passeggiata e tornavano dentro l'aula e assieme al maestro parlavano di ciò che avevano visto.
Vabbè... forse devo cercare uno bravo!

Annamaria ha detto...

Ma dai, Giorgio!...E' bello che la musica stimoli così la tua fervida immaginazione! Ricordo che anche un'altra volta, a proposito di una foto che avevo messo con un arcobaleno su di un prato, tu ci hai visto dei bambini che ci si appendevano facendo l'altalena. Direi che c'è qualcosa di gioioso e di ludico in queste tue immaginazioni. Penso che anche Haendel ne sarebbe contento!
Mille grazie!!!

Stefyp. ha detto...

Ho letto con piacere il tuo post, mi è piaciuta molto quella sorta di autoironia con cui ricordi i tuoi tempi della scuola. Con gli occhi di oggi certamente è più facile raccontare con leggerezza quei periodi. Messo da parte il coinvolgimento, e l'impegno che hanno rappresentato, rimane la dolce e struggente nostalgia del bel tempo andato. Molto bello anche il brano che ben scandisce il ritmo della scuola. Grazie, cara Annamaria. Buon martedì, Stefania

Annamaria ha detto...

Certo, Stefania, è la distanza nel tempo che ci consente di sorridere anche di ciò che magari a suo tempo era stato fonte di preoccupazione. Mi ritengo fortunata perchè ho avuto un'esperienza di lavoro quasi sempre positiva che è bello ricordare.
Grazie di cuore! Sono contenta che poi tu abbia potuto ascoltare anche Haendel.
Un abbraccio!