venerdì 7 dicembre 2018

Attese

Osservo da qualche giorno la foto che il calendario mi riserva per il mese di dicembre.
Sto parlando del mio calendario toscano comprato lo scorso anno a Lucca, che da un anno è appeso vicino alla finestra della cucina e s'illumina al primo sole, quando c'è.

Dicevo che ne osservo da un po' la foto perchè, a tutta prima, mi è parsa strana. A dicembre mi sarei aspettata la neve o comunque un paesaggio invernale, magari arricchito da qualche tocco natalizio; invece trovo un tratto di campagna arata, dei cipressi, un antico casale e un sentiero segnato da cespi di erba ancora verde. 
Autunno?...Primavera? Anacronismi di chi ha scelto le immagini? È vero che il clima sta facendo impensate bizzarrie, ma...che anche nei calendari non ci siano più le stagioni di una volta???

A parte questo però, il panorama mi piace. E non solo perchè probabilmente si tratta di uno scatto sulla campagna senese che amo da sempre, ma perchè mi affascina il contrasto tra la delicatezza del cielo e la terra arata di fresco, lavorata, smossa e densa di promesse.
Ma in quale momento della giornata sarà stata presa questa foto? Al mattino o prima del tramonto? E quella sfumatura rosata da un lato è l'ultimo segno del fuoco dell'alba ormai dissolto, o annunzia lieve il prossimo calar del sole? 
Non ci sono riferimenti che ci orientino con precisione, così voglio pensare a un paesaggio colto nella nitidezza del mattino, definito da un'aria trasparente e colori tenui, ma anche da una terra corposa, accesa da tinte che vanno dall'ocra al marrone. Basta infatti ingrandire la foto per contemplare lo splendore di quelle zolle in rilievo dalle quali la luce va traendo intense sfumature e un senso di calda pienezza.

Mi pare stia proprio qui il fascino di questa immagine, nella vicinanza tra cielo e terra nonostante l'apparente contrasto tra alto e basso, vuoto e pieno, chiaro e scuro. Da un lato la suggestione d'infinito col suo mistero a suscitare da sempre interrogativi nel cuore dell'uomo, dall'altro quel campo arato, segno di concreta operosità e insieme di aspra fatica.
Ma un contrasto apparente - dicevo - perchè proprio dal cielo la terra attende con pazienza la pioggia o il sole, la neve o il vento, e ogni frutto che nasce dal suo grembo, come dal grembo degli esseri umani, è sempre in qualche modo il risultato di una fusione tra finito e infinito. E in questo senso sì, l'immagine può legarsi anche all'attesa del Natale.

Così, mi piace associarla a un brano di polifonia sacra: l'inno "God in my head" del compositore inglese Waldford Davies (1869 - 1941).
Si tratta di un pezzo brevissimo, simile a una sorta di antifona di apertura tesa a mettere sotto lo sguardo di Dio pensieri, parole e tutto ciò che nell'uomo è capacità di comprendere e sentire, come una sorta di cornice nella quale inscrivere ciò che vivremo. 
Una musica pacata e luminosa che si sofferma in particolare sulla parola heart (cuore) con un accordo più lungo che, nella sua armonia, esprime anch'esso  tensione e attesa verso un compimento.
Un inno che ha lo stile di un augurio all'inizio di un periodo nuovo, un nuovo giorno, un nuovo anno, e adatto - almeno così a me pare - anche a queste settimane di Avvento. Note e parole che mettono sotto un segno di sacralità, e al tempo stesso di concretezza, i giorni presenti e futuri.

Buon ascolto!

7 commenti:

eglissima egle ha detto...

Bravissimi i coristi. Chissà perché l'immagine che pubblichi mi fa pensare a un viale che conduce al cimitero. Meglio immaginare ad uno di quei bei paesaggi che incontri in Toscana.
Buona Festa.
egle

Annamaria ha detto...

A volte, soprattutto in campagna, anche i viali verso i cimiteri hanno questa tranquillità. Però qui mi ha colpito più che altro quella terra arata dai colori caldi e sfumati sotto la luce.
Sì, bravissimi i coristi.
Grazie, cara Egle, e buon pomeriggio!!!

Rossana Rolando ha detto...

E’ un po’ come essere entrati in cucina ed essersi soffermati a guardare insieme – sul calendario appeso al muro - lo scorcio del paesaggio. Una descrizione – quella proposta nel post – che ha saputo trasformare un’immagine in un flusso di pensieri, di sentimenti, di musicalità. L’esterno e l’interno sono davvero due mondi intrecciati e non si può dire quale venga per primo: il viale e i cipressi e e le zolle certo hanno suscitato una serie di riflessioni, ma forse è la ricchezza del mondo interiore che ha dato spessore luce consistenza a quelle zolle viale cipressi… Un abbraccio e buona domenica.

Rossana Rolando ha detto...

Il commento anonimo (per errore non ho inserito il nome) è il mio.

Annamaria ha detto...

Grazie Rossana! Spesso lo splendore della natura - vista dal vivo ma anche in una bella foto come quella del calendario - ci tocca al punto da restare dentro noi. E suscita sensazioni e un flusso di sentimenti che vanno a fondersi col nostro vivere quotidiano, restituendoci la percezione del suo spessore.
Buon pomeriggio e un abbraccio!!!

Anonimo ha detto...

Riporto qui le tue parole "La vicinanza tra cielo e terra nonostante l'apparente contrasto tra alto e basso, vuoto e pieno, chiaro e scuro. Da un lato la suggestione d'infinito col suo mistero a suscitare interrogativi nel cuore dell'uomo, dall'altro quel campo arato, segno di concreta operosità. Ma un contrasto apparente perché proprio dal cielo la terra attende con pazienza la pioggia o il sole, la neve o il vento e ogni frutto che nasce dal suo grembo, come dal grembo degli esseri umani, è sempre in qualche modo il risultato di una fusione tra finito e infinito"
Carissima poetessa, non potevi donarci parole più preziose!

In questo tuo canto di pura bellezza, io posso solo ringraziarti infinitamente e custodire dentro di me, queste tue parole e questa straordinaria musica.
Un caro saluto
Adriana

Annamaria ha detto...

La mia è un'osservazione molto semplice, cara Adriana, ispirata dalla bellezza dell'immagine. Tutto qui. Bella è la musica che ci introduce a una sorta di meditazione.
Grazie infinite a te, carissima, e scusa se questo tuo commento oggi mi era sfuggito e rispondo solo ora.
Buona serata!!