martedì 30 settembre 2025

Fascino di un pizzicato

Anche oggi una polka, ma per un motivo diverso dal post di qualche settimana fa inerente agli organetti di Barberia e a un brano di Rachmaninov.

Stavolta, la mia scelta s'incentra sul fascino di una tecnica usata talora negli strumenti ad arco: il pizzicato. Come certo saprete, consiste nel far vibrare le corde di tali strumenti, invece che con l'archetto, con le dita - in particolare con l'indice - facendone scaturire un suono più o meno percussivo, ma sempre ben scandito e ritmato. Ciò spiega il motivo per cui tale tecnica è usata dai compositori nelle danze, nei virtuosismi di certe variazioni, per sostenere un tema con una base ritmata e melodiosa o creare particolari effetti sonori.

Qualche esempio?... Uno dei più espressivi a questo riguardo è il dolcissimo Largo dell'Inverno di Vivaldi nel quale il pizzicato di fondo mira a riprodurre il suono delle gocce di pioggia, come recitano i versi del corrispondente sonetto: "Passar al foco i dì quieti e contenti /mentre la pioggia fuor bagna ben cento"
Proseguiamo poi con la
 Variazione n.9 del celebre Capriccio n.24 di Paganini che trovate a 3.08 dall'inizio del video e che, come vedrete, richiede un'incredibile abilità. Andando avanti nel tempo, possiamo ascoltare la parte iniziale del quarto movimento della Sinfonia n.1 di Brahms. Se desideriamo invece un pezzo giocoso, seguiamo il ritmo marcato e un po' ammiccante del famoso Pizzicato dal balletto "Sylvia" di Dèlibes. Da non dimenticare poi il Pizzicato vivace della Simple Simphonie n.4 di Britten. E mi fermo anche se, naturalmente, non è tutto qui.

Il brano con cui concludo questa breve carrellata e che vado a pubblicare è una danza conosciutissima, potremmo dire uno dei cavalli di battaglia dei Concerti di Capodanno: il celebre "Pizzicato-Polka" per archi di Johann Strauss jr. (1825 - 1899) e del fratello Josef Strauss (1827 - 1870). 
Scritta nel 1869 in occasione di un viaggio in Russia dei due musicisti, la polka ottenne subito uno straordinario successo ed è probabilmente la prima ad essere 
stata composta con il pizzicato perchè precede di sette anni quella di Délibes. 
Si tratta di un pezzo che unisce leggerezza ad eleganza e nel quale si alternano crescendo e
diminuendoforte e piano, insieme a svariati passaggi in cui la musica rallenta fino a farsi sommessa ed altri in cui diventa più agile e spedita. La particolare tecnica usata richiede grande sincronia insieme a un tocco preciso e lieve: se osservate gli orchestrali, infatti, alcuni sembrano proprio accarezzare le corde di violini, viole e violoncelli. 
Ma al di là della loro indiscutibile bravura, quella che traspare dai volti e dai sorrisi è una grande gioia. Sembra quasi che tutti, a cominciare dal direttore, si divertano gustando l'originalità della composizione nel suo andamento leggero e al tempo stesso trascinante. 

Buon ascolto!

(La foto è presa dal web) 

 

martedì 23 settembre 2025

Se lo sguardo è femminile - 9



Mi ha affascinato subito questo ritratto, ancor prima di conoscerne l'autore e di scoprire che, in realtà, si tratta di un'autrice. E che cosa mi ha catturato di primo acchito? Certo il fondo scuro e i tratti del viso un po' sfumati, ma soprattutto una strana, singolare fusione di aspetti diversi e contrastanti. 

Da un lato, infatti, quella riprodotta è una donna anziana, sicuramente persona di una certa fama e signorilità come dimostrano le foglie di alloro sui capelli e l'ombra di un lievissimo pizzo sul bordo del vestito.

Non bella, i capelli grigi un po' diradati, il volto massiccio segnato da occhiaie scure che spiccano nel pallore dell'incarnato, ha tuttavia un atteggiamento che la rende un po' infantile, con le labbra che sembrano imbronciate, la fossetta sul mento e lo sguardo pensoso e malinconico quasi di bimba offesa. Sembra che i tratti della vecchiaia - in una riproduzione spoglia, priva di particolari decorazioni e orpelli - invece di togliere espressione al viso vadano pacatamente a svelare quel che di fanciullesco che la donna aveva un tempo. 

Ma l'immagine a mio avviso è singolare soprattutto se consideriamo chi è la pittrice. Si tratta infatti della veneziana Rosalba Carriera (1673 - 1757), una delle artiste più affermate sia in Italia che in Europa nella prima metà del Settecento, celebre non solo per le sue miniature su avorio, ma soprattutto per i numerosi ritratti realizzati a pastello nei quali mostra notevoli capacità di introspezione psicologica. 
Gli esempi, a questo riguardo, non si contano e tra i personaggi riprodotti nel vasto panorama delle sue opere troviamo spesso dame dal piglio sicuro, dall'espressione ora disinvolta e autorevole, ora più dolce e seducente.
 
Le potete osservare nelle immagini qui a lato che riproducono nell'ordine: "Autoritratto in inverno" dove la pittrice ha infatti collo e cappello di ermellino, "Ritratto di Caterina Barbarigo", elegante e un po' altera e infine "Ritratto di donna anziana" che a me pare splendidamente sicura di sè. Quello che invece vedete in alto in grande e poi nel dettaglio del viso è il celebre "Autoritratto" conservato a Venezia presso la Galleria dell'Accademia e dipinto nel 1746 circa. Non si tratta dell'unica opera in cui la pittrice ha riprodotto se stessa, ce ne sono diverse altre nelle quali la donna è più giovane e avvenente, ma questa a mio avviso è singolare proprio perchè si distacca dalle composizioni passate.
 
Il suo sguardo infatti non si fissa più in viso allo spettatore 
come nelle opere precedenti nelle quali l'espressione era talora quasi altera. Gli occhi, invece, qui guardano languidamente altrove con un'espressione nella quale possiamo leggere una fusione di affezioni e sentimenti che vanno dalla dolcezza alla malinconia. Inoltre, l'immagine - come accennavo sopra, più spoglia di tante altre - fa affiorare l'anima della donna anziana in una sorta di fanciullesca autenticità che attrae.
Forse questo è il motivo per cui l'autoritratto della pittrice nella vecchiaia mi ha
ricordato, per certi aspetti, alcuni dipinti di Rembrandt in cui l'artista, sia pure diversamente, con tocco e minuzia tipicamente fiamminga, ha rappresentato le figure femminili.
 
E nonostante la cronologia sia sfasata, mi piace associare al dipinto di Rosalba Carriera un brano di Piotr Ilic Tchaikovsky (1840 - 1893) dal melodramma "The snow Maiden op.12 - Snegourotcka" : la fanciulla di neve. 
Si tratta di un'opera che ha radici in una delle più antiche fiabe della tradizione russa e come protagonisti personaggi tratti dalla mitologia. Al di là della trama che vede la fanciulla condannata a vivere nei rigori dell'inverno senza mai conoscere neppure il sole o il calore dell'amore perchè la farebbero sciogliere, mi ha colpito la malinconia della musica, delicata e al tempo stesso intensa.  
È una melodia che va ripetendosi nel pezzo con un andamento sempre più struggente, alternando luce ed ombra come nell'Autoritratto di Rosalba Carriera. Una musica che mi riporta allo sguardo languido e un po' nostalgico della nostra pittrice anziana, che forse ripercorre pacatamente in sè lo splendore della giovinezza e in esso, per qualche attimo, torna bambina.

Buon ascolto!

(Le foto sono prese dal web) 

 

lunedì 15 settembre 2025

Ritratti

Prima di dedicarmi alle musiche di oggi, permettetemi un'osservazione che mi viene spontanea guardando qui a lato le immagini dei due compositori. 
Li avrete subito riconosciuti: sono Bach e
Mendelssohn, entrambi raffigurati nei loro ritratti più celebri - il primo opera di Elias Gottlob Haussmann e il secondo di Eduard Magnus - eseguiti con stili che esigevano posture fisse, fondo scuro e un'aria di austerità.

Certamente i due pittori hanno dato espressioni significative ai loro volti: Bach, con in mano lo spartito di un canone, è serissimo, autorevole se non addirittura autoritario e risulta imponente anche sul piano fisico; fosse un mio insegnante di musica...mi farebbe un po' paura. Mendelssohn invece ha un'apparenza più modesta e dolce, ma venata da una vaga malinconia che, francamente, mi mette tristezza. 

In effetti tali ritratti, per quanto interessanti e veritieri, sono dipinti d'occasione e non lasciano intuire la scintilla che in questi compositori ha fatto nascere spesso musiche traboccanti di gioia.  
È pur vero che un ritratto fissa solo un momento dell'esistenza, mentre la vita scorre poi ricca e varia. Ma se per cogliere la luminosità di certe melodie ci fermassimo a questi volti, il risultato probabilmente sarebbe un po' riduttivo. 
Se pensiamo, per esempio, alle tante raffigurazioni di
 Beethoven che lo dipingono con espressione scura, a volte un po' torva e che intendono riflettere il tormento per la sua sordità, se anche ciò risponde al vero, da queste diventa difficile risalire alla solarità, per esempio, dell' Inno alla gioia

Allo stesso modo, l'aspetto sofferente e diafano di Chopin di per sè non induce a immaginare da quale fuoco siano invece animati Studi e Polacche
Insomma, l'apparenza inganna e se talora un dipinto
riesce a cogliere davvero la verità di un cuore, per contro, tanti ritratti d'occasione con cui tali artisti sono passati alla storia favoriscono il diffondersi di luoghi comuni: Beethoven collerico, Mozart salottiero, Bach serioso, Paganini folle e Rossini - diciamolo - un grande allegrone. La realtà però è molto più variegata e se ognuno di noi è simile a un cristallo, a fronte di una particolare sfaccettatura ce ne sono mille altre che ampliano e completano il quadro della nostra personalità. A maggior ragione se parliamo di quella di un musicista. 

Proprio a questo proposito, del romantico e sognante Felix Mendelssohn Bartholdy (1809 - 1847) vi presento un brano che più animato, gioioso e giocoso non potrebbe essere e che va subito a contraddire l'impressione che ci dà il suo ritratto. Lo guardate e vi viene spontaneo un moto di tristezza. Invece...
Invece, nell'ambito dei
"Charakterstücke op.7" dei quali ho pubblicato il pezzo iniziale poco tempo fa, troviamo il n.3 in Re Maggiore dalla vivacità e dal piglio degno di una fuga di Bach. Trovate infatti i due compositori affiancati nella foto non solo perchè della musica di Bach Mendelssohn è stato cultore e per certi aspetti riscopritore, ma anche perchè questo brano dei "Charakterstücke" ne riprende lo stile. 
Se in quello iniziale l'andamento è più pacato e malinconico, qui invece il ritmo è
scattante, brioso, ricco di una scorrevolezza che può ricordare alcuni pezzi del "Clavicembalo ben temperato". Ma a suggestionarmi sono state anche le note in apertura che hanno smosso nella mia testa varie reminiscenze. Una su tutte è l'esordio della "Fuga BWV 539" di Bach.

Ecco in foto i due incipit: il primo in Re Maggiore riporta il pezzo di Mendelssohn e il secondo in Re minore riporta la "Fuga BWV 539" di Bach. 

Se ci fate caso, tempo, ritmo e struttura delle battute sono uguali, con l'impronta data da quei tre LA iniziali che si ripetono poi nel corso del brano, man mano che si susseguono le diverse voci della fuga. E se vogliamo dirla tutta - sempre in Bach - lo stesso frammento musicale ricorre anche nella Fuga della sua "Sonata per violino solo BWV 1001" che potete trovare qui.
Insomma, un piccolo spunto che Mendelssohn capovolge giocando tra tonalità
maggiore e minore con energica e concitata leggerezza, così da farne scaturire in pieno la sotterranea vena di gioia. A dispetto di certi ritratti!

Buon ascolto!

(Le foto sono prese dal web)  

 

 

domenica 7 settembre 2025

Come un prestigiatore...

"Elemosina triste   
di vecchie arie sperdute,  
vanità di un'offerta   
che nessuno raccoglie! 
Primavera di foglie   
in una via diserta!"
 (...)

Immagino che in tanti ricorderete questi versi che aprono "Per un organo di Barberìa" di Sergio Corazzini (1886 - 1907), poeta crepuscolare dalla vita, ahimè, brevissima. 
Nel testo, l'autore evoca vecchi motivi suonati per
 strada da un organetto, melodie cui nessuno presta attenzione, ritornelli tristi che si ripetono monotoni in un'atmosfera di solitudine e grigiore. 
In realtà, se leggessimo 
i versi successivi, vedremmo che nell'organetto che nessuno ascolta Corazzini proietta malinconicamente se stesso nella condizione esistenziale di poeta deluso. Discorso certo interessante dal punto di vista letterario, ma sul quale non intendo soffermarmi. 

Allora perchè mai ho scelto di aprire il post con questo testo? 
Perchè l'autore della musica di oggi, per comporla, ha preso ispirazione proprio dal
l'aria di un organetto da strada: sì, uno strumento probabilmente simile a quello che vedete nella foto. Chi può vantare una certa età ricorderà questi organetti azionati da una manovella, sempre presenti nelle fiere di paese o mescolati alle bancarelle degli ambulanti nei mercati. Io ne ho in mente il suono dal timbro un po' scampanellante e le melodie orecchiabili, ma talora tristi come nenie.

Bene. È stato Sergej Rachmaninov (1873 - 1943) a lasciarsi incantare dalla musica di uno di questi strumenti durante un viaggio in Italia e a prenderne spunto per comporre il brano chiamato appunto "Polka italienne". 
Ma in che cosa consiste l'originalità del pezzo? Non tanto nell'aria in sè che -
come sentirete - ricalca proprio lo stile di certe musiche di strada d'altri tempi, un po' malinconiche e ripetitive. La sua bellezza sta invece in ciò che il compositore ne ha tratto lavorando sul tema molto semplice e ricavandone un andamento di sorprendente vivacità.

Scritta in origine per pianoforte a quattro mani, la "Polka italienne" è stata poi variamente arrangiata sia per orchestra che per pianoforte a due mani ed è quest'ultima la versione che preferisco. La melodia si apre in mi bemolle minore su di un'ottava alta, dove le singole note esordiscono quasi con timidezza. Ma si ripete subito dopo su quella centrale sostenuta da un accompagnamento più marcato in chiave di basso. Ne deriva un tema ritmato che, nella sua mestizia, mi evoca l'antico ricordo di un'altra aria. 

Quando ero alle medie, per qualche tempo avevamo fatto lezione di educazione fisica a suon di musica, guidate dai gesti rigorosi della nostra insegnante e insieme accompagnate al pianoforte da un anziano professore. 
Suonava un'aria in maggiore, ritornello di tanti pomeriggi invernali nella grande
palestra della scuola dove quelle note disegnavano i nostri movimenti. Me le ricordo ancora e se immaginiamo che la tonalità fosse Do, suonavano così: mi  re#mi  do  sol / mi  re#mi  do sol / fa  mi re  do# re / sol  fa#sol la sol do. Insomma, una sorta di lallarà lallà che ritmava le nostre evoluzioni e che, nonostante fosse in maggiore, perdendosi nella vastità di quello stanzone lasciava in me un'eco di vaga tristezza.

Anche la Polka di Rachmaninov, per quanto diversa, può fare lo stesso effetto, ma solo nella parte iniziale. Poi si approfondisce in passaggi lenti che, qua e là, cedono al fascino languido di qualche accordo dissonante e infine, quando passa in maggiore, prende decisamente il volo! Del resto, stiamo parlando di una danza!
Ma la vivacità del brano non finisce qui perchè va crescendo 
in un vortice di velocità con una sorta di parossismo musicale. È come se Rachmaninov si lanciasse ad esplorare tutte le possibilità sonore del piccolo spunto dal quale era partito, tramutando in bellezza anche un motivo in apparenza banale, quasi fosse un prestigiatore che da un semplice pezzo di legno fa sbucare fiori sgargianti. Ne ricava infatti variazioni ora larghe e profonde, ora forti e cadenzate come una marcia, ora veloci e giocose che, se a volte possono richiamare certe danze russe, altrove hanno trilli che - lasciatemelo dire - ricordano le musiche dei cartoni. Insomma il ritmo è tale che, se siete partiti con una punta di malinconia, alla fine dell'ascolto non riuscirete più a stare fermi e danzerete davanti al computer!

Due sole notazioni finali: due riferimenti senza capo nè coda che mi potrei risparmiare, ma che a me piacciono tanto e quindi li faccio lo stesso. 
Primo: le due battute iniziali del pezzo con l'arpeggio che sale, trasportate in maggiore somigliano al tema dell'Inno 
dei Bersaglieri.
Secondo: in certi punti dove l'estro di Rachmaninov si scatena più gagliardo e
 tumultuoso, sento riecheggiare qualche passaggio della celebre Rapsodia ungherese n.2 di Liszt, quella di Tom e Jerry per intenderci. 
La sentite anche voi?...

 Buon ascolto!

(La foto è presa dal web)