martedì 15 ottobre 2024

Incanto di un sol minore

In tanti anni di blog - e fra qualche giorno saranno la bellezza di quattordici! - mi accorgo di non aver mai pubblicato alcune musiche più che mai famose, divenute nel tempo patrimonio di tutti e in qualche modo simbolo dei loro autori.
Mi riferisco, per esempio, alla "Toccata e fuga
in re minore" di Bach, al "Largo" di Haendel, alla "Quinta" e alla "Nona" di Beethoven, alla "Polacca in La bemolle maggiore op.53" di Chopin e non solo.
Il fatto è che di tali opere si sono dette tante e tali cose che, se mi ci mettessi
anch'io che non sono nessuno, mi parrebbe di aggiungere solo banalità.
E siccome qui non ho mai avuto intenzione di fare la storia della musica, ma semplicemente di
condividere considerazioni più piccole e insieme più personali, su certe celebri composizioni ho sempre glissato. 

Oggi tuttavia, tirata per la giacca dal mio blog che, giunto ormai alle soglie dell'adolescenza, comincia a scalpitare avanzando qualche pretesa, mi sono decisa a pubblicare il brano forse più popolare di Wolfgang Amadeus Mozart: la "Sinfonia in sol minore n.40 K.550" nel suo incantevole primo movimento. Ma non è tanto sul fascino di quest'opera che vorrei soffermarmi e neppure sulla sua costruzione armonica, ma su di un aspetto che mi ha sempre colpito: la tonalità.

Sappiamo tutti quanto ogni tonalità abbia un proprio carattere che la rende particolare e unica, tanto che cambiare quella originaria di un pezzo significa compromettere parte del suo fascino, perchè certi tratti di bellezza sono legati a precise frequenze sonore e a una coerenza interna al brano che non andrebbe modificata.
Ma mi riferisco anche alla grande differenza tra i toni maggiori, luminosi, sereni,
esuberanti, assertivi, e quelli minori che inclinano verso la malinconia, l'incertezza o l'ombra. Ragion per cui, in un complesso di 41 sinfonie di cui 39 scritte da Mozart in tonalità maggiore, davanti alla K.550 in sol minore - insieme alla K.183 - mi sono chiesta il motivo di tale scelta.

Dopo composizioni dal clima brillante ispirate ora alle ouvertures italiane, ora alla dialettica tra stile dotto e stile galante, qui l'atmosfera cambia.
È l'inizio a catturarci subito - come vedete dalla foto - con quella mezza battuta di accompagnamento affidata alle viole simile quasi a un sospiro che precede l'esposizione del tema. Non è l'incipit solare o salottiero di tanti pezzi del passato e, se anche l'indicazione agogica recita "Allegro molto", le note ci immergono subito in un'atmosfera di malinconia tesa e nostalgica, come sgorgassero da un movimento d'anima angoscioso.
Allegro molto ? Forse, se si vogliono rispettare i canoni che assegnavano al primo
tempo di una sinfonia un carattere di vivacità. Tuttavia, proseguendo nell'ascolto, le note si fanno sì concitate, ma drammatiche. Non è olimpica serenità, non è più certezza di una felicità esistenziale, ma un senso di affanno, un gorgo di inquietudini segnato da qualche sprazzo di luce insieme a parecchie ombre. 

Siamo nel 1788 e sono in parte le cupe vicende esistenziali di un Mozart trentaduenne che morirà solo tre anni dopo, a influenzare il tono di questa composizione. Ma al tempo stesso è il clima culturale dell'epoca che dalle certezze illuministiche sta piegando verso altre concezioni della vita dove il prevalere del sentimento sulla ragione, la percezione del mistero che avvolge l'esistenza umana e il bisogno dell'individuo di contrastare il proprio destino si fanno sempre più consistenti. È l'affermarsi del movimento preromantico, con le sue ombre e insieme il suo impeto - lo Sturm und Drang - a segnare anche la musica cominciando da Haydn e poi Mozart soprattutto in questa fase della sua vita.
Se infatti la tonalità minore della K.183 - scritta a soli diciassette anni - può essere
attribuita all'influsso della musica di Haydn che il compositore salisburghese conosceva e stimava, la K.550 è frutto di una sensibilità preromantica ormai più matura e consapevole. E l'incipit della sinfonia lo spiega meglio di tante parole.

Sulla particolare scelta del sol posso dire solo che è una tonalità soffusa di tristezza, ma non tragica come il re minore al quale Mozart affiderà il suo Requiem. Una tonalità malinconica ma, a mio avviso, qui ancora morbida.
Del resto, il sol minore è stato usato spesso sia nel periodo barocco che in quello classico
ma anche in seguito con esiti ora pervasi di tristezza, ora invece più energici.
Qualche esempio? Si va dal famoso Adagio di Albinoni al Magnificat RV 611 di Vivald
i e ai tre tempi della sua celebre Estate. Lo troviamo in Bach col Concerto BWV 1058 e la piccola Fuga BWV 578. Poi ricordiamo le Sinfonie n.39 e n.83 di Haydn, per passare al periodo romantico con la Ballata n.1 op.23 di Chopin, il Concerto per violino di Bruch fino a Brahms e a Rachmaninov con svariate altre opere.
Solo pochi esempi, dicevo. Lascio a chi lo desidera il compito di divertirsi proseguendo nella ricerca.

Buon ascolto!

(La foto è presa dal web)

 

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