lunedì 23 settembre 2024

Specchi d'acqua - 9










 

 

Ho indugiato a lungo prima di dedicare lo specchio d'acqua di questo mese al dipinto che vedete. Non perchè non sia bello, ma perchè mi pareva che quel mare, se confrontato con altre immagini magari tempestose o più ricche di vibranti sfumature - da Turner fino a Monet e a Van Gogh per intenderci - non potesse esprimere più di quanto la pittura aveva già detto.
Invece mi sbagliavo.

L'ho scoperto osservando altre rappresentazioni: ruscelletti tranquilli dall'atmosfera
rassicurante in mezzo a giardini verdeggianti dall'aria antica e un po' fiabesca, bellissimi. Eppure lì ho colto la differenza e il motivo per cui quello specchio d'acqua tra l'azzurro e il blu, solcato da una vela, davanti a un faro e a un cottage, mi aveva attirato con il suo fascino.
Tutti avrete riconosciuto lo stile di Edward Hopper (1882 - 1967), pittore statunitense del quale ho già parlato altre volte su queste pagine. Tuttavia, non mi ero mai soffermata su quest'opera intitolata "The long leg" e conservata presso la Huntington Library di San Marino in California.

Già in passato, parlando di alcune creazioni dell'artista, avevo fatto riferimento al suo realismo, ai paesaggi rappresentati, ma insieme alla profonda solitudine dei personaggi che Hopper vi colloca, caratterizzati spesso da un senso di attesa. Raffigurazioni dal taglio fotografico che sembrano cercare completezza e compimento altrove, in uno spazio che sta oltre, fuori dal quadro. 

Tema ricorrente di svariate opere - oltre a numerosi interni e ambienti metropolitani - è la raffigurazione del mare e di una costa dove spesso un faro si erge a dominare lo spazio circostante. Così è anche in questo dipinto in cui l'immagine attira per la sua semplicità unita a nitida bellezza, per i colori luminosi di cielo ed acque e per quelle incantevoli vele chiare, oblique, dalla splendida volumetria che può ricordare delle figure coniche.

 

 

 

 

 

 

Commentatori e critici parlano di un clima di pace e serenità quasi vacanziero, tuttavia, nel mio piccolo, non sono dello stesso avviso. Certo, il quadro ha una luminosità fatta di tinte giocate soprattutto tra l'azzurro e il bianco in una tessitura coloristica compatta anche nelle lievi increspature dello specchio d'acqua e nelle differenti sfumature di blu. Ma, nonostante questo, ne ho una percezione diversa.

È l'assenza di figure umane, è l'immobilità di quelle vele che potrebbero animare la scena e invece sono ferme, è il paesaggio ridotto all'essenziale nella costa brulla e vuota a lasciarmi una sensazione di profonda solitudine.
Una sorta di solitudine primordiale, straniante, quella
delle cose quando nessuno le vede, in cui natura e oggetti non hanno ancora un nome con cui l'essere umano possa riconoscerli e farli suoi intrecciando con essi una vicinanza che li renda familiari.

Il dipinto di Hopper mi comunica infatti una percezione di sottile inquietudine, un senso di sgomento che fa di quel cielo infinito uno spazio vuoto e la spiaggia simile alla soglia di un universo sconosciuto in cui scoprirci soli e spaesati. E senza sconfinare in paragoni con la fantascienza o con certo teatro dell'assurdo, mi sembra che proprio qui stia il genio dell'artista, in questo suo condurci oltre, in un realismo che supera la rappresentazione puramente mimetica delle cose per scandagliarne l'aspetto metafisico, la profondità inafferrabile e senza tempo.
E se in passato, a proposito di alcune sue opere, avevo fatto riferimento a De Chirico, torno qui a
ribadirlo. 

Così, a queste immagini mi piace associare un brano del compositore statunitense Philip Glass. Si tratta del mirabile "Etude n.2" per pianoforte solo, pezzo molto conosciuto ed eseguito spesso per la sua relativa semplicità sul piano tecnico, ma insieme per il suo fascino.
Com' è tipico dello stile del musicista, il tema - una melodia arpeggiata in un ritmo
dolcemente sincopato che alterna battute sul tempo di 7/8 e 4/4 - si ripete più volte prima in modo delicato, poi sempre più martellante ed energico per diminuire infine di intensità e andare a spegnersi piano.
Gli arpeggi si alternano all'inizio sulla mano destra, poi sulla sinistra, mentre gli accordi
, giocati ora sulle ottave più alte, ora sulle più basse, ci regalano note acute ma soprattutto sonorità profondissime dal forte impatto emotivo. 

Sprazzi di luce dunque, e insieme suggestioni a volte stranianti che possono restituirci una percezione di ignoto a mio avviso simile a quella del dipinto di Hopper. 

Buon ascolto!

(Le foto sono prese dal web)

 

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