lunedì 16 settembre 2024

Jouer du piano

Tutti sappiamo quanto è impegnativo suonare uno strumento musicale, sia che ci abbiamo provato o meno, sia che lo si faccia da veri professionisti o da semplici dilettanti.
Suonare, in realtà, non è solo impegnativo, ma
spesso anche faticoso perchè - nel caso per esempio degli strumenti a tastiera - coinvolge il corpo da cima a fondo: dalle mani ai piedi, dalle dita alla postura della schiena. Ma è insieme attività che mobilita gli occhi e la mente nella comprensione del linguaggio musicale, tiene desta la memoria e sollecita quella sensibilità che, nascendo dal profondo, regala poi alle note ritmo, colore, fascino e suggestione.

Imparare una tecnica può certo essere difficile perchè necessita di costante esercizio, ma chi ormai ne ha una buona padronanza, può andare oltre conferendo al proprio tocco non la monotonia di un'esecuzione perfetta ma magari meccanica, bensì la meraviglia di un'interpretazione che nasce dall'anima e la svela. Chi suona infatti, nel modo in cui lo fa non dimostra solo la propria abilità nel riprodurre un testo musicale, ma mette in gioco anche se stesso in quella sorta di empatia che si crea col testo stesso e dalla quale nasce l'interpretazione.

Basta osservare lo stile di alcuni grandi pianisti - sia pure con le rispettive differenze - per cogliere anche il loro carattere e il loro gusto per la musica. Si va dalla precisione maniacale di Glenn Gould alla passione ispirata di Arthur Rubinstein; dalla sicurezza talora quasi sprezzante della Argerich all'atteggiamento di noncurante eleganza di Andras Schiff. Ma si potrebbe continuare.
E come accade in tante altre attività, raggiunto un certo livello di padronanza
, quando la tecnica non è più un problema arriva il divertimento, che non contrasta affatto con la serietà di ciò che si sta facendo, anzi, ne è forse il punto di arrivo. A questo proposito, mi è sempre piaciuta l'espressione francese che significa suonare il pianoforte: "jouer du piano". Interessante l'uso di un verbo che come primo significato ha giocare, in una definizione che non sottolinea la fatica di affrontare la tastiera, ma ne coglie l'aspetto ludico e divertente.

Proprio questa espressione mi è tornata in mente ascoltando giorni fa l'arrangiamento di un brano di Carl Philipp Emanuel Bach (1714 - 1788), il più famoso tra i figli del grande Johann Sebastian.
Il pezzo - spesso interpretato da pianisti grandi e piccoli - è il
celebre "Solfeggietto in do minore H 220", vivace andirivieni di note in sedicesimi che, al contrario di altri brani del musicista che si aprono a suggestioni nuove, rispecchia lo stile di Bach padre. Il titolo stesso, col riferimento al solfeggio, fa subito pensare a una composizione rigorosa e ben scandita.
L'indicazione agogica è Prestissimo e, in effetti, di solito il pezzo è eseguito
molto velocemente. Tuttavia, ha una versatilità e una bellezza che lo rendono affascinante anche se interpretato con tempi e ritmi differenti da quello originale. Motivo per cui, negli anni, non è stato solo arrangiato per strumenti diversi da quelli a tastiera a cominciare dal flauto e dalla chitarra, ma talora preso come base per bizzarre e funamboliche rivisitazioni.
Volete un esempio?

Dopo aver ascoltato l'originale, aprite anche la seconda clip audio. Qui il Solfeggietto è eseguito da Pierre-Ives Plat, pianista francese classe 1980, che lo rende assolutamente scatenato secondo ritmi che vanno dal jazz al ragtime, aggiungendo a piacere suggestioni che sembrano fiorire allegramente dalla sua fantasia man mano che suona. Una sorta - mi si perdoni il termine - di farcitura musicale in cui si ritrova un po' di tutto. Ascoltandolo - insieme a uno stile che talora può ricordare le colonne sonore dei film muti - riconoscerete il tema della canzone "Io cerco la Titina" reso celebre da un film di Chaplin, ma anche l'andamento sempre più vorticoso di certe danze russe, fuso qua e là ad un ritmo che può ricordare Scott Joplin!

Ma che c'entrano questi riferimenti col brano originale?
A mio avviso niente, se non la gioia di Plat di fondere arrangiamento e improvvisazione
con giocosa libertà, andando là dove lo portano la musica e la sua inventiva. 
Dite che qua e là pasticcia un po' ?...Forse, ma a mio avviso, dato il tipo di rielaborazione, la cosa ci può stare.
Infatti, se pure qui è lontano dalle raffinatezze di un pianista classico, Plat affronta la tastiera con strepitosa disinvoltura per "jouer du piano" con irrefrenabile, scanzonato divertimento.

Buon ascolto!

(La foto è presa dal web)


 

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