lunedì 22 gennaio 2024

Specchi d'acqua - 1


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nasce da lontano la suggestione che mi porta oggi a inaugurare una serie di post sull'acqua: dal mare ai fiumi e ai ruscelli, dalle tempeste alla pioggia o alle immagini riprodotte dai pittori, cantate dai poeti e spesso celebrate in note. Da Petrarca a D'Annunzio, da Ungaretti a Neruda - solo per citarne alcuni - l'acqua è stata più volte descritta per la sua trasparenza, il suono, la forza rigenerante o distruttiva e insieme per la sua capacità di segnare momenti forti della nostra esistenza. Così pure, le note o i colori che ne hanno fissato l'incanto - da Vivaldi a Ravel o da Giotto a Monet - ci riempiono spesso di stupore.

Quello dell'acqua nell'arte figurativa o in musica è un tema già ampiamente trattato, ma qui mi piace portare qualche esempio che esuli almeno in parte da quelli citati altrove, cercando invece il suo fascino in un semplice dettaglio o il vibrare delle onde in un brano nato magari con altri intenti.
Così, oggi vi propongo un dipinto celeberrimo in uno dei
suoi particolari più leggiadri. Lo avrete già riconosciuto: è la "Nascita di Venere" di Sandro Botticelli (1445 - 1510) conservato a Firenze, presso la Galleria degli Uffizi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Al di là della figura della dea che l'artista ha dipinto a modello dell'antica statuaria greca ma con linee morbide e di più raffinata leggerezza, il mito della sua nascita dalle acque, cantato in seguito anche dal Foscolo, mi conduce a quel mare che qui non fa semplicemente da sfondo all'opera, ma è elemento essenziale sul quale si apre e si dipana tutta la scena.

E come si presenta? Osserviamolo: è una distesa incantevole e calma, se non fosse per quelle ondine increspate dal vento in una vibrazione che si propaga intorno rendendo più chiara e trasparente la superficie.
È il soffio di Zefiro ad animare tutta la
composizione. Dalla chiome di Venere - che ricordano i capei d'oro a l'aura sparsi di petrarchesca memoria - fino ai panneggi delle figure laterali, il vento crea infatti un dolcissimo movimento di linee che tuttavia non altera la compostezza dell'insieme.
Guardiamo per esempio con quale assoluta grazia e levità scendono i
fiori, quasi stessero planando sull'acqua con una leggiadrìa che ci riporta ancora al Petrarca e alla pioggia di fior da "Chiare, fresche, dolci acque"!
Un'immagine che - se può ricordare alcuni testi poetici del passato - riflette però i canoni di bellezza ideale della fine del Quattrocento, periodo in cui il Botticelli realizza il quadro. E a tali canoni
non sfugge la rappresentazione del mare.

Ma in quali particolari elementi consiste la novità? E come venivano raffigurati i vari corsi d'acqua nelle opere dei secoli precedenti?

Sia che fossero di argomento sacro come i numerosi dipinti sul tema del "Battesimo di Cristo", o profano come per esempio la "Veduta di città sul mare" e il "Castello sul lago" di Ambrogio Lorenzetti, l'acqua veniva spesso rappresentata da una serie di linee ricurve sovrapposte ad imitare il moto delle onde.
E se torniamo indietro nel tempo ad anni in cui
l'impostazione prospettica era ancora incerta, troviamo raffigurazioni di un realismo a dire il vero un po' arcaico.

Ve ne riporto solo un esempio qui a lato come termine di confronto: si tratta del "Battesimo di Cristo" realizzato dal cosiddetto Maestro di San Bassiano all'inizio del Quattrocento e conservato a Lodi nella Chiesa di San Francesco.
Solo un'ottantina d'anni separa quest'opera da quella
del Botticelli, ma in realtà sia sul piano prospettico che per altri caratteri c'è un abisso. Basta osservare il modo con cui l'autore ha reso l'acqua del fiume Giordano e i pesci al suo interno.

La "Nascita di Venere" è tutt'altra cosa. Qui, se realistica è la proporzione del mare fino alla linea dell'orizzonte, e altrettanto è la presenza dei giunchi verso la riva, quasi stilizzata è invece la resa delle spume: brevi tocchi essenziali, veloci guizzi di luce, bagliori più o meno fitti o marcati a rendere la superficie ora cupa, ora scintillante. Così pure, i colori tenui e le calibratissime sfumature tra il verde chiaro e il rosa dei fiori, dell'acqua e del cielo, ci regalano un'immagine di ampio respiro e inarrivabile bellezza.

Una visione incantevole dove il lieve fremito delle onde mosse da un vento leggero può ricordare il dantesco tremolar della marina, anche se questa del Botticelli non sembra un'alba nè siamo in Purgatorio.
Ma l'acqua rimanda anche a un significato di
purificazione perchè - come alcuni studiosi hanno affermato - lo schema dell'opera può far pensare a una sorta di trasposizione profana del tema del Battesimo di Cristo. E sembra quasi stabilire una corrispondenza fra l'idea cristiana della purificazione nell'acqua battesimale e il mito classico della nascita dal mare di una Venere non più simbolo di amore sensuale, ma ideale di bellezza spirituale secondo il pensiero neoplatonico dell'epoca.

E con quale musica celebrare allora il mirabile specchio d'acqua botticelliano?
Ci ho pensato a lungo.
A tutta prima, la mia scelta era caduta su Monteverdi: che cosa meglio di un madrigale come "Ecco mormorar l'onde" o "Zefiro torna" ? Poi non so, qualcosa non mi convinceva non nella bellezza dei brani in sè, ma per ciò che stavo cercando. Così, muovendomi nel grande mare della musica, sono approdata a Mozart con un pezzo che sto ascoltando da giorni e che mi è rimasto dentro.

Si tratta dell' "Andantino con espressione" dalla "Sonata n.9 in Re maggiore K.311" che qui trovate interpretato da Mitsuko Uchida, per la quale in questo periodo ho tradito alcuni miei miti come Andráss Schiff e Maria João Pires.
È un pezzo di grande delicatezza che, pur essendo nato con
intenti diversi rispetto alla descrizione di un corso d'acqua, a mio avviso può rispecchiarne comunque alcuni caratteri. Vi sono infatti trilli, acciaccature e passaggi sempre più ricchi di abbellimenti attraverso i quali è possibile ritrovare ora la vibrazione delle onde sulla superficie dell'acqua, ora l'atmosfera di intatta bellezza del dipinto.
Il brano si apre subito con una melodia dolcissima e pacata composta da due temi
e ripresa altre volte in modo progressivamente più ornato e impreziosito. Splendido il secondo tema che si dipana sostenuto dalle quartine della mano sinistra con un fugace passaggio in minore, com'è tipico della serenità mozartiana che non ignora qualche sprazzo di lieve malinconia.
Facile sul piano tecnico, il pezzo richiede tuttavia un'interpretazione molto attenta
alle dinamiche per dare alle note quell'espressione che l'indicazione agogica richiede.
Ultima notazione: l' Andantino mi ha preso non solo per la sua bellezza, non solo perch
è l'ho pure suonicchiato, ma anche per un preciso riferimento. Nella conclusione di alcune frasi musicali, riprende infatti l'analoga conclusione del piano assai dei violini nel Rondò del "Concerto per violino in Re maggiore n.4 K.218" che Mozart aveva composto due anni prima della Sonata.
Un concerto che è sempre stato uno dei miei preferiti fin dai tempi del liceo.
E come non riconoscerlo subito?...

Buon ascolto!

(Le foto sono prese dal web)

6 commenti:

Marina ha detto...

Bella la tua idea, anche perché puoi spaziare con le opere d'arte. Ho visto la Venere di Botticelli a Firenze e sono rimasta a fissare il quadro a lungo: mi avevano affascinato proprio i fiori in caduta lieve sulle acque che tu hai ingrandito. Eppure devo dirti che il Battesimo di Cristo mi ha colpito molto proprio per la rappresentazione del mare in quello strano modo: in verticale, a coprire le nudità di Gesù. Il mare, comunque, resta un elemento di grande fascino.

Annamaria ha detto...

Hai ragione, è particolare quella rappresentazione del Battesimo di Cristo. Io parlavo di realismo un po' arcaico non per sminuirla, ma come termine di confronto con uno stile totalmente diverso e una capacità differente di orientare le cose nello spazio. Ma certo ha una sua originalità.
Tra l'altro ho una mezza intenzione di dedicare il prossimo post della serie proprio a varie rappresentazioni del Battesimo di Cristo per vedere proprio come è resa diversamente l'acqua del fiume. Ma ci devo pensare.
Grazie mille, Marina!

Arrigo Lupo ha detto...

Io vedo un certo parallelismo tra l'introduzione della prospettiva nell'arte occidentale - più in generale la ricerca di un maggiore realismo - e il passaggio dai modi ecclesiastici ai due modi maggiore e minore nella musica. In questi due modi la scala termina con un semitono, si - do nelle tonalità di do maggiore e do minore. Questo introduce una particolare tensione, amplificata dalla dimensione verticale, l'armonia. Nell'armonia tonale la tensione introdotta con l'accordo di dominante spesso si risolve sull'accordo di tonica; la 2^ nota dell'accordo di dominante, che è sempre maggiore, è la nota finale della scala di tonica; in do maggiore l'accordo di dominante è sol maggiore, la sua 2^ nota è si, nota finale della scala di do; proviamo a sostituirlo con un si bemolle e il tutto suona molto diverso, modale. Nelle arti visive si ricerca un maggiore realismo, in musica un avvicinamento all'esperienza di vita, dove le tensioni non mancano.

Annamaria ha detto...

Non avevo mai pensato a questo parallelismo, ma quanto dici è chiarissimo e vero. Sostituire il SI bemolle al SI naturale in quell'accordo di dominante cambia completamente atmosfera che diventa malinconica e può rappresentare un passaggio dall'ideale al reale.
Cambiando epoca, ho sempre pensato invece a un altro tipo di parallelismo tra arti figurative e musica: credo infatti che si possa stabilire una corrispondenza tra il passaggio dalla musica tonale a quella atonale con ciò che avviene nell'arte dalla rappresentazione della realtà alla dissoluzione della figura e alla nascita dell'astrattismo. Tu sarai certo più documentato di me su questo tema.
Grazie, Arrigo, e buona giornata!

Arrigo ha detto...

Su questo ho riflettuto meno. Quello che accomuna artisti e musicisti all'inizio del '900 è l'insofferenza nei confronti di regole troppo restrittive, le regole dell'armonia tonale del '700-800, le regole del realismo di prospettiva e figurazione (una certa insofferenza c'era già nella seconda metà dell'800). Mi viene in mente un motto degli artisti della "Secessione" austriaca: al tempo (cioè a ogni tempo) la sua arte, all'arte la sua libertà. La prima parte mi fa pensare allo spirito innovativo, la seconda alla tradizione, nel senso che la libertà è anche quella di ispirarsi, in vario modo, a una delle tradizioni del passato.

Annamaria ha detto...

Interessante questo motto degli artisti della Secessione austriaca.
Grazie mille, Arrigo!