sabato 17 settembre 2022

Stanze - 9

Jan Steen : "La scuola del villaggio" -  National Gallery of Scotland, Edimburgo












 

 

Come ogni settembre, ricomincia la scuola e pian piano, regione dopo regione, le aule si riempiranno di vita. Così, mi è venuto spontaneo pensare a quanti anni ciascuno di noi ha trascorso proprio in queste stanze che ci sono diventate familiari sia che le abbiamo frequentate solo da studenti o ancora di più da insegnanti.
Si va da quelle coloratissime della nostra infanzia ai severi emicicli delle
università, dai vecchi banconi assiro-babilonesi intagliati e istoriati da generazioni di ragazzi - qualcuno se li ricorderà - ai tavoli verdini e alle sedie di legno chiaro dai bordi eternamente sbreccati. E non vado oltre.
Se i muri delle aule potessero parlare, racconterebbero mille storie di ansia e
 fatica, ma insieme di crescita e gioia, studio, innamoramenti, amicizie e divertimento, in un cammino che vede ogni allievo alla ricerca della propria strada nei vari ambiti culturali e nell'intreccio di vividi rapporti interpersonali.
Così, nella serie delle mie stanze, potevano forse mancare quelle della scuola?

E allora mi piace presentarvi un dipinto
che ho scelto per le sue particolari caratteristiche fra i tanti realizzati nel tempo su questo tema.

Si tratta di un'opera dell'olandese Jan Steen (1626 - 1679) intitolata "La scuola del villaggio" e conservata alla National Gallery of Scotland di Edimburgo.
Il quadro ci mostra un vasto ambiente che
raccoglie allievi dei ceti sociali meno abbienti e nel quale, a una prima occhiata, sembra prevalere una gran confusione. Ma a ben guardare non è del tutto così.
In cattedra siede una donna, il cui copricapo bianco risalta proprio al centro del quadro, affiancata da un uomo - maestro anche lui o solo assistente? - che appare tuttavia
quasi estraniato dal resto mentre lei presta invece attenzione ad un allievo. Nei banchi posti tutt'intorno, nonostante il disordine, gli scolari sono al lavoro.
Certo, deve trattarsi di una pluriclasse nella quale coesistono età e compiti diversi:
alcuni studenti scrivono, leggono, dipingono, osservano gli arredi appesi alle pareti - gabbie, scaffali, piante, persino un gufo (?) impagliato - altri parlano tra loro e uno, in fondo all'aula, sembra stia cantando o recitando mentre altri due danzano...o forse fanno la lotta.
Sul pavimento regna una confusione di fogli, disegni, fiori, lucertole (?), vasi e cesti; sulla parete si apre un grande camino, mentre vicino al soffitto non manca una sorta di soppalco usato probabilmente per dormire. Una stanza-casa insomma, qui adibita a scuola dove le attività svolte sono molteplici.

L' impressione è infatti che da ognuno degli oggetti che hanno intorno - che siano piante, animali o figure illustrate - gli studenti possano prendere spunto per imparare, come se il mondo esterno rifluisse in questa stanza a scopo didattico.
Il dipinto non rappresenta infatti una lezione
cattedratica, ma una sorta di grande e diversificato lavoro di gruppo: un insieme movimentato e caotico, certo, nel quale però ciascuno ha un suo ruolo, anche se non manca chi scherza o gioca, mentre il bambino in primo piano, semisdraiato a terra, sembra addirittura addormentato.
"La scuola del villaggio" dunque, o - come
troviamo altrove - "Il villaggio a scuola", titolo che può significare come un po' tutto il paese possa essere rappresentato in questa stanza dove ciascuno, dai piccoli ai più grandi, ha qualcosa da apprendere.

Interessanti sul piano iconografico alcuni riferimenti a mio avviso piuttosto evidenti. Il caos delle tante figure che popolano il quadro ricorda da vicino certe composizioni molto affollate di Bruegel il Vecchio - per esempio "Danza nuziale", "Giochi di bambini", "Lotta tra Carnevale e Quaresima" - e del resto anche Jan Steen, che vive un secolo dopo Bruegel, è come lui un artista fiammingo che ama dipingere scene di vita quotidiana.

Ma il dettaglio che mi ha colpito subito è di altro genere. È la figura che vedete qui accanto e che in parte, sia pure girata dal lato opposto, potrebbe ricordare - il condizionale è d'obbligo - il modo in cui è rappresentato il filosofo Eraclito nella celebre "Scuola di Atene" di Raffaello.
Che Jan Steen abbia visto il grande affresco
delle Stanze vaticane e abbia inteso farvi riferimento qui, in chiave popolaresca? In fondo anche l'opera di Raffaello, sia pure in una cornice architettonica molto più sontuosa, è ricca di movimento e anche lì alcuni dei filosofi raffigurati sembrano discutere a gruppi. Chissà!

E comunque sia stata descritta nel tempo, la scuola col suo ruolo fondamentale nella vita di ciascuno merita il commento non solo di uno, ma di due capisaldi della storia della musica!
Così, ho scelto di associare al dipinto il primo tempo del "Concerto in re minore
per 2 violini e cello op.3 n.11 RV 565" di Antonio Vivaldi e la trascrizione per organo di Johann Sebastian Bach nel "Concerto in re minore BWV 596".
Si tratta di due brani splendidi soprattutto nel movimento che vi propongo
che, a sua volta, è articolato in tre sezioni: la prima è un Allegro; la seconda molto breve, quasi un passaggio verso quella successiva, è un Adagio spiccato che Bach trasforma in Grave; e la terza, decisamente più ampia, è un Allegro in forma di Fuga. È quest'ultima la parte a mio avviso più interessante non solo per la sua vivacità, ma proprio per la struttura fugata. Sia negli archi di Vivaldi - contrabbasso, violoncello, viole e violini - che nell'organo di Bach si riconosce infatti con chiarezza l'entrata progressiva delle quattro voci - basso, tenore, contralto, soprano - che s'intrecciano in una rete di rapporti e in un andamento, a mio avviso bellissimo, di salti di quinta discendente (re-sol, do-fa, si-mi, la-re, per intenderci).

Tuttavia, le differenze della trascrizione bachiana non si limitano alle indicazioni agogiche, ma derivano anche dal particolare timbro dell'organo, e se nel movimento intermedio gli archi vivaldiani ci regalano un' intensa dolcezza, il Grave di Bach trasforma queste note in accordi molto più netti. Infine nella coda del brano, il ritmo si fa di nuovo lento: qui, mentre Vivaldi dopo varie modulazioni conclude sempre in minore, Bach risolve invece l'ultimo accordo in un affascinante e luminoso Re maggiore.
Vivacità e varietà insomma, in una ricca rete di voci, un po' come l'intreccio di
rapporti, gesti e atteggiamenti del dipinto riportato.

Quale preferisco delle due versioni musicali? Stavolta ve lo dico subito: quella di Bach, sia per ciò che ho scritto, che per la splendida interpretazione di Marie-Claire Alain e il suo nitido profilo da maestrina d'altri tempi.

Buon ascolto!

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