domenica 19 giugno 2022

Stanze - 6


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono stati i tanti particolari ricchi di leggiadrìa, insieme alla grande nitidezza del tratto e dei colori a suggerirmi la "stanza" di questo mese: un interno di casa fiamminga della prima metà del Quattrocento dove è ambientata la scena dell'Annunciazione.
Mi hanno sempre affascinato gli interni dipinti dagli artisti olandesi, da Vermeer a
De Hooch nel Seicento, ma anche più avanti nel tempo fino ai danesi Hammershøi e Holsøe. Sono rappresentazioni sempre piene di silenzio che ci consentono di entrare negli spazi raffigurati respirandone l'atmosfera pacata.
Col dipinto di oggi, però, torniamo indietro di qualche secolo.

Si tratta della "Annunciazione" del celebre "Trittico di Mérode" del belga Robert Campin (1378/79 - 1444) conservato al Metropolitan Museum of Art di New York.
Identificato anche come Maestro di Flémalle e
considerato caposcuola dell'arte fiamminga, l'artista ha - per così dire - traghettato la pittura del Nord Europa dal clima fantasioso e fiabesco del Gotico internazionale al realismo delle novità del primo Quattrocento.
Ha inserito infatti le varie rappresentazioni -
comprese quelle di carattere sacro come questa che vedete - nel contesto della vita quotidiana della sua epoca, ricco di dettagli che fondono semplicità ad eleganza, secondo uno stile che appartiene anche ad altri esponenti dell'arte fiamminga.
Del Trittico ho riportato solo la parte centrale
mentre le ante laterali, che consentivano all'opera di essere chiusa perchè era probabilmente destinata alla devozione privata, rappresentano da un lato i due committenti e dall'altro San Giuseppe mentre lavora.

Come scrivevo in apertura, mi ha colpito la nitidezza della stanza in cui si svolge la scena, insieme alla fusione di elementi architettonici della tradizione gotica con altri di impostazione più nuova.
Dall'elegante nicchia archiacuta dov'è appeso il
paiolo di rame, retaggio del gotico fiorito, andiamo infatti a osservare la costruzione del soffitto e in qualche modo dell'intero ambiente, come fosse un piccolo tentativo di scatola prospettica ante litteram.
Tuttavia, se per certi aspetti tale tentativo è
riuscito - come nella profondità segnata dai cassettoni del soffitto, dalle splendide mensole che lo sorreggono e così pure dalle due finestre circolari - più approssimativo è il rapporto tra le dimensioni delle figure umane e quelle degli arredi, segno di una prospettiva dettata da semplice intuito e non ancora da un preciso calcolo matematico.

A somiglianza di tante Annunciazioni coeve ma anche successive, la scena ci presenta Maria assorta in meditazione davanti a un libro e non ancora consapevole della presenza dell'Arcangelo il cui arrivo ha prodotto un soffio di vento che ha spento la candela - ne vediamo il fumo attorto - e mosso le pagine del libro sul tavolo.
Così pure, il dipinto è ricco di dettagli
simbolici che alludono alla purezza della Vergine, come i gigli nel vaso, e all'Incarnazione e morte di Gesù, rappresentata da quelle figuretta con la croce, che dalla finestra vola verso Maria all'interno di un fiotto di luce.

Ma anche al di là di questa simbologia, l'ambiente è ricco di particolari di vita quotidiana che fondono realismo, raffinatezza e semplicità e proprio per questo rendono la rappresentazione piuttosto varia.
Ogni angolo infatti ha un suo fascino che può far sognare, ma anche caratteri tutti suoi: le bellissime finestre laterali simili a due oblò dalle quali arriva una luce più pacata; il grande camino forse eccessivamente troneggiante per le dimensioni della stanza; poi il paiolo che riflette la luce, proietta la propria ombra sul muro e sembra sospeso sopra un pozzo... (A proposito, vi piacerebbe avere una casetta con un pozzo tutto vostro dove attingere acqua? A me sì!)
Poi ancora il vaso di ceramica bianca e blu sul tavolo.
(Lo sapete che ne ho uno un po' più rustico ma quasi uguale?...)

Insomma tanti piccoli quadri nel quadro, fatti ora da
un angolo di natura morta - guardate il libro sul tavolo e il cartiglio! - ora da un dettaglio architettonico, ora da una finestra che si apre sul cielo in uno spazio ordinato e sereno.

Bellissima appunto, nella sua semplicità, la finestra in fondo le cui imposte scure si aprono su di un cielo chiaro e sognante che - chissà! - mi piace pensare abbia saputo suggestionare altri artisti successivi, dai pittori di nuvole come Constable a quelli di cieli come Magritte.
Ad affascinarmi è proprio
quella finestra dalla quale entra una luce pacata che contrasta con le ante scure, e ci regala un senso di ordine che dà respiro all'intera stanza.
Forse, l'unico elemento che poco si accorda con
l'aura nitida e sobria dell'ambiente è la ridondanza quasi scultorea dei panneggi che, peraltro, ritroviamo anche in altri celebri contemporanei di Campin come Van Eyck e Van der Weiden.
Il candore del bianco e la particolare tonalità
di rosso è tipica infatti di tante composizioni fiamminghe.

E per commentare in musica l'atmosfera di questa particolare stanza, ho pensato subito a Bach e a un brano di solenne e pacata luminosità come il "Larghetto" del "Concerto n.4 in La maggiore per clavicembalo e orchestra BWV 1055", qui nella trascrizione per oboe d'amore.
Può sembrare malinconico l'esordio del pezzo e in effetti la sua tonalità di fa#
minore lo giustifica, ma la melodia si apre in maggiore a 1,51 dall'inizio con un movimento di grande serenità. Bella inoltre la sovrapposizione delle fioriture dello strumento solista sul ritmo sempre uguale ma dolce di 12/8, quasi simile a quello di una danza.
E mi sembra che l'insieme possa accordarsi con l'attitudine meditativa di Maria,
l'atteggiamento quasi timido dell'Arcangelo e l'atmosfera di luminosa pace del dipinto.

Buon ascolto!

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