venerdì 15 ottobre 2021

In cerca di leggerezza - 10

O. Rosai: "Via San Leonardo" (1948)  - collezione privata.



















Da mesi ho in computer le immagini che vedete e che riproducono alcuni dipinti di un artista del quale - anni fa - avevo parlato brevemente qui, pubblicando tre delle sue opere più conosciute: "Via Toscanella", "Vicolo" e "Case nel sole".
Lo avrete già indovinato: si tratta del fiorentino Ottone Rosai (1895 - 1957)
che, oltre a una nutrita serie di ritratti di amici e personaggi di primo piano nella cultura del suo tempo, nella sua produzione ha rappresentato più volte le vie della Firenze nella quale abitava ed aveva lo studio.
Desideravo da tempo ritornare
sulle sue opere, ma mi ha trattenuto la difficoltà di reperire il luogo in cui sono conservate. Parecchie infatti, risultano nei cataloghi di varie case d'asta o di mostre temporanee, ma spesso manca la collocazione attuale. Così è anche per quelle che vedete e suppongo quindi che - come il quadro riportato qui in alto - facciano parte di collezioni private.

Sono molti i motivi per cui è interessante la figura artistica di Rosai e già in passato ricordavo alcuni caratteri del suo stile, primo fra i quali la semplicità che affonda le radici nella tradizione pittorica toscana, a partire prima da Giotto e poi da Masaccio.
Uno stile semplice e insieme
corposo che - risalendo nel tempo - può avvicinare l'artista per certi aspetti a Cézanne, al cubismo e successivamente a Carrà.

C'è infatti nelle sue opere una particolare
attenzione ai volumi e agli incastri architettonici, a un accostamento di elementi rettilinei e curvilinei per cui case e muretti sono assimilabili a una nitida geometria dalle tinte ora più ombrose, ora più luminose. E la muratura continua degli edifici, privi di decorazioni o di aperture, ci offre - a mio avviso - un senso di pace.
Rosai si sofferma infatti su scorci tranquilli, angoli della Firenze minore degli anni
Cinquanta, dove protagonisti sono vicoli e strade di periferia, a cominciare dalle tante versioni di Via San Leonardo, segnate da una dolce alternanza di luci e ombre a sottolineare spazi e volumi.
Sono brevi percorsi affondati tra due muriccioli dai quali sporgono spesso ulivi e cipressi, in un accostamento di colori sfumati e in una solitudine che rende intima la rappresentazione.

Come osservavo in passato, da queste immagini mi è difficile ipotizzare nel gesto pittorico dell'artista quell'ansia o quel pessimismo di cui parlano i critici, motivandolo col suo carattere aspro o come riflesso degli eventi talora drammatici della sua vita.
Mi pare al contrario di cogliervi uno sguardo
che si posa pacato sulla realtà e mi regala un respiro di profonda leggerezza.
Quello che il pittore raffigura è infatti un
mondo di solitudine e di essenzialità dove, in pacificante contemplazione, possiamo entrare a percorrere vicoli dei quali - peraltro - non vediamo il prosieguo, ma solo
una svolta. Sempre. E anche questo aspetto, cui nel vecchio post avevo dedicato solo un cenno, mi pare cosa non trascurabile.

Come infatti accade che in diversi pittori vi siano elementi ricorrenti a caratterizzare i loro dipinti - pensiamo al trenino all'orizzonte nei quadri di De Chirico o al monte Sante-Victoire in Cézanne - così i vicoli di Rosai finiscono sempre in curva.
Forse è solo un modo di riprodurre l'andamento
delle strade sui colli toscani, o forse altro: una curva leggera verso la fine del percorso che ci impedisce di vedere oltre. Ma non di sognare.
E nel silenzio immobile dei suoi paesaggi, simili tra loro e al
tempo stesso differenti, l'artista sembra condurci altrove, verso una sorta di Infinito leopardiano in cui è dolce naufragare, così come è rasserenante perdersi tra case chiare, ulivi grigi e muriccioli protettivi quasi ci si muovesse su sentieri di fiaba.

Al tempo stesso, però, la strada della quale non vediamo la fine, nè possiamo intuire le sorprese che ci riserva dietro la curva, è affascinante per le sue risonanze esistenziali.
C'è infatti una leggerezza anche nel non affannarsi a conoscere
cosa porti il domani, nell'abbandono che consente di attraversare in serenità la condizione presente con i suoi cieli ora azzurri, ora cupi, e con l'alternarsi di ombra e luce come nella versione di "Via San Leonardo" riportata in grande.
Un panorama che - a mio avviso più ancora di altri -
con i suoi colori e i suoi tratti sfumati appaga i sensi, regalandoci la percezione di essere immersi in un luogo di sogno dalla pace lungamente desiderata.

Altrettanto sognante mi pare il brano che ho associato ai dipinti: la "Sarabanda" dalla "Holberg Suite per archi op.40" di Edvard Grieg (1843 - 1907), della quale - tempo fa - avevo pubblicato il vivacissimo "Preludio".

Questa è invece una composizione di carattere più tranquillo, un "Andante" di tono raccolto e in taluni passaggi anche solenne, che si anima solo nella seconda parte.
Bellissimo il lieve pizzicato dei violoncelli sullo sfondo, che ci accompagna col passo
lento e ritmato tipico della Sarabanda, danza di origine barocca così come appartiene al periodo barocco la struttura stessa della Suite. In effetti, Grieg aveva esplicitamente dichiarato di averla scritta proprio "in stile antico".
Tuttavia, sia nella versione originale per pianoforte, che
in quella per archi che ho scelto di pubblicare qui, si avverte intensamente il fascino espressivo del compositore norvegese, fatto di garbo, leggerezza descrittiva e di un senso di riposante armonia simile a quello delle pacate immagini di Rosai.

Buon ascolto!

(Tutte le foto sono prese dal web. I dipinti riportati all'interno dell'articolo sono nell'ordine : "Via San Leonardo" (1955) - "Strada fra due muri" - "Via San Leonardo" (1952) - "Paesaggio" - "Strada con case")

6 commenti:

Stefyp. ha detto...

Colpisce in questi quadri l'essenzialità come se il pittore avesse voluto riprodurre l'immagine così come gliela restituiva la mente, priva di particolari. Forse per evidenziare La strada che è l'elemento dominante di ogni quadro da te proposto, a voler significare un'ansia nascosta, insita nell'autore, legata allo scoprire dove porti, oppure più a un'incapacità di andare avanti, di proseguire. Dolce e struggente il brano che fa da cornice alle pitture, che le introduce e parla per loro secondo una visione rasserenante del tutto.
Molto bello, grazie. Un abbraccio grande, Stefania

Annamaria ha detto...

Grazie a te, Stefania, anche perchè il tuo commento arricchisce la mia analisi di considerazioni nuove, nate dalla tua sensibilità e dalla tua particolare lettura del dipinto. A proposito del tema della strada, mi colpisce ciò che scrivi sul desiderio della scoperta, ma anche sull'incapacità da parte dell'autore di proseguire. Molto interessante.
Grazie di cuore e un abbraccio!

alberto bertow marabello ha detto...

Molto belli i quadri di Rosai, non so se trasmettano proprio pace e non una sorta di malinconia e difficoltà dietro la curva che non si vede.
Immagino ci possa essere questa doppia lettura ed è l'animo con cui li guardiamo, probabilmente, a far prendere una strada o l'altra.
Molto bello
Grazie

Annamaria ha detto...

Benvenuto qui, Alberto, e grazie del tuo commento.
Senza dubbio ci possono essere differenti letture dei dipinti, a partire proprio - come scrivi - dall'animo con cui li guardiamo. In ogni caso, certe opere di Rosai hanno un grande fascino.
Grazie a te di condividerlo e buona giornata!

Rajani Rehana ha detto...

Mind blowing blog

Annamaria ha detto...

Thanks, Rajani Rehana!!!