martedì 23 marzo 2021

Primavere



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vi siete mai chiesti quale opera d'arte amate al di sopra delle altre?
Quali versi conoscete a memoria per sentirveli risuonare dentro, che musica
ascoltereste all'infinito, o quale dipinto vorreste contemplare a lungo in una sera di tranquillità, affondando gli occhi e l'anima nei suoi colori?
Certo che ve lo sarete chiesto, ma spesso non esiste un'unica risposta un
po' perchè i nostri gusti possono variare di tempo in tempo, ma anche perchè l'arte ci offre tante e tali sollecitazioni che è difficile indicare un'opera sola.
In effetti anch'io - quanto alla musica - avrei più di un brano da citare, ma rinvio il
discorso a data da destinarsi perchè oggi desidero soffermarmi sulla pittura.

Negli anni, sono stati tanti i quadri che mi sarei portata a casa per gustarne lo splendore: da "Gondole in laguna" di Francesco Guardi, agli interni del danese Carl Holsøe, fino a un bozzetto di Francesco Bosso intitolato "A mattutino".
Ma, a pensarci bene, il dipinto che amo al di sopra di tutti c'è davvero e
l'ho scoperto tre anni fa a Londra, in un pomeriggio di pioggia e di pura felicità alla National Gallery.
È una celebre natura morta di Francisco de Zurbaràn (1598 - 1664), intitolata
"Tazza d'acqua e una rosa" e parte di una più ampia composizione poi tagliata, della quale a Londra è conservato solo un pezzo.
Da anni il dipinto mi affascinava - tanto che ne ho parlato in un post che potete
trovare qui - ma la mia passione è cresciuta ancora da quando l'ho potuto vedere dal vivo. Così poi sono andata in cerca di altre opere dell'artista spagnolo ed è il motivo per cui oggi torno a lui, sia pure con un quadro di altro genere.

Si tratta dell' "Annunciazione" conservata presso il Museo di Grenoble, peraltro non l'unica dedicata a questo tema. Del resto, le opere di argomento religioso sono molto più numerose di quelle profane, anche se è in queste ultime che - a mio modesto parere - il pittore raggiunge l'apice della sua arte.

Esponente di spicco del Seicento spagnolo insieme a Velasquez e a Murillo, Zurbaràn riflette nel suo stile quei contrasti luministici, quella libertà di ambientazione delle figure nello spazio e insieme quella fusione di misticismo e realismo che sono tratti tipici dell'arte barocca.

Ma osserviamo il dipinto.
Qui la scena non è più inquadrata tra le
mura circoscritte di una cella o di una stanzetta e quello che vediamo è un vano che, dietro i protagonisti, si apre all'esterno a somiglianza della quinta di un teatro. Particolare non secondario perchè - come si osserva anche in altre Annunciazioni dal Rinascimento in poi - proprio all'esterno, a quel mondo concreto fatto di case, strade e paesaggio, è destinato l'evento che qui si sta misteriosamente compiendo.

Ma a colpirmi è anche l'atteggiamento di Maria non in tutto simile - almeno così a me pare - a quello di altri dipinti sul tema.
Se infatti l'angelo nel suo panneggio
luminoso e mosso ha un'aria fanciullesca e insieme deferente, la Vergine - altrove schiva o quasi timorosa - qui ha invece un'espressione compresa, specchio di una consapevolezza tutta interiore.
Non ha la dolce ritrosìa di altre raffigurazioni, ma i suoi gesti sono misurati ed
eleganti: la destra aperta in segno di accoglienza e la sinistra sul seno quasi a custodire il corpo che vi nascerà. Il suo viso è assorto e mi sembra improntato alla serietà già matura di certe Madonne con Bambino che hanno un velo di mestizia al fondo dello sguardo, quasi prefigurando la morte del Figlio.

Ma vorrei sottolineare anche altri due particolari. Uno è - ai piedi della Vergine - il bellissimo cesto di vimini la cui tinta calda contrasta col candore della biancheria, offrendoci uno splendido esempio di natura morta forse ispirata alla pittura fiamminga. È un dettaglio che ricorre in diverse Annunciazioni - da Carracci a Tintoretto, da Tiziano a Rubens - e probabilmente sta a simboleggiare la futura maternità di Maria, le bende in cui sarà avvolto il piccolo Gesù, ma anche quelle che resteranno nel sepolcro vuoto dopo la Resurrezione.

L' altro - in realtà ben più di un semplice particolare - è nella parte alta del dipinto, in cielo. Tutta la corte celeste sembra infatti partecipare all'evento in un cerchio al centro del quale domina la colomba dello Spirito Santo. Un'iconografia comune a molte rappresentazioni barocche dove l'arcangelo Gabriele è accompagnato da uno stuolo di angioletti che si affacciano dalle nuvole, ora festosi, ora in atteggiamento di attesa quasi il tempo si fosse fermato aspettando il di Maria.
Una Maria consapevole - dicevo - come si legge anche in un versetto del
Magnificat: "quia respexit humilitatem ancillae suae", poichè ha guardato all'umiltà della sua serva. Certo, sono parole che si adattano più a un dipinto sulla Visitazione che non a questo, ma è il viso della Vergine a suggerirmele insieme al suo meditare le Scritture nel libro che ha davanti, cercando forse fin d'ora - come avverrà in seguito - di mettere insieme i pezzi della sua vita.

Così, per passare alla musica, ho associato al dipinto proprio il "Quia respexit" dal "Magnificat in Re maggiore BWV 243" di Bach.
Si tratta di un dolcissimo Adagio nel quale la voce del soprano è accompagnata da
oboe, cello e clavicembalo, e che mi ha colpito per un motivo particolare.
L' aria iniziale presenta una straordinaria somiglianza con le note del coro conclusivo della
"Passione secondo Matteo" e la cosa mi sembra significativa in relazione al senso profondo che Bach attribuisce all'itinerario non solo musicale, ma anche spirituale delle sue opere. Se poi teniamo conto che la grandiosa Passione è stata composta circa sei anni prima della versione definitiva del Magnificat, cogliamo il fatto che in esso il compositore ha già presente non solo l'inizio, ma l'intera parabola della vita di Cristo.

E mi piace pubblicare musica e immagini che preludono a una nascita proprio in questi giorni che parlano di primavera: da quella astronomica appena iniziata, alla festa dell' Annunciazione del prossimo 25 marzo che, nel concepimento di Cristo, vede la primavera di tutta la creazione.
Dimenticavo...ma se ci fate caso, ve ne accorgerete facilmente: anche la solista nel
video aspetta un bambino!

Buon ascolto!

 

8 commenti:

giorgio giorgi ha detto...

Molto bello il dipinto e... Bach è sempre Bach.
Ma la cosa che più mi ha colpito è la tazza con rosa che non avevo mai visto. Sono rimasto folgorato per l'essenzialità, l'armonia, la raffinatezza dell'insieme e la simbologia della rappresentazione. Un elogio del femminile, a mio parere. Perfetto, niente da aggiungere e niente da levare!
Post prezioso!

Annamaria ha detto...

Vero, Giorogio, che quella natura morta è una meraviglia assoluta? E non immagini la felicità di quando me la sono trovata davanti alla National gallery, perchè non ricordavo affatto che fosse lì ed è stata una sorpresa. E' un quadretto piccolo, delizioso nella sua raffinatezza, nell'armonia delle sue tinte, dei riflessi e direi anche nella sua modernità!
Grazie!!!

Marina ha detto...

Ho scoperto realmente la bellezza dell’arte da qualche anno. Non so se la maturità mi ha portata ad apprezzare opere che prima guardavo con indifferenza, adesso che le guardo con occhi diversi. È accaduto quando ho avuto occasione di visitare mostre di artisti unici e lì mi è scattata qualcosa dentro, che non è solo ammirazione, ma capacità di trovare nelle opere quel bello che suscita emozione. È stato così per Matisse, Van Gogh, Chagall. Vorrei tanto vedere dal vivo le opere di Turner e dello stesso Veermer di cui si parlava qualche giorno fa.
Andando indietro, la prepotenza delle opere di Caravaggio mi ammalia e Raffaello, quanta delicatezza. Questo che tu citi oggi è un artista che non conoscevo, ma il quadro è molto bello e quel cesto... sembra vivere fuori dalla tela. L’accompagamento musicale è uno sfondo perfetto. Complimenti sempre per l’accuratezza dell’analisi. Posso chiederti se sei un’insegnante di arte?

Annamaria ha detto...

Ciao, Marina! Non sono stata un'insegnante di arte ma di lettere. Siccome però ho lavorato quasi sempre in un istituto tecnico dove non si fa storia dell'arte - e a me sembrava invece una lacuna da colmare - integravo spesso le mie lezioni di letteratura con le immagini.
A parte questo, la mia passione per l'arte è nata al liceo dove ho avuto ottimi insegnanti che ci hanno appassionato all'argomento portandoci spesso in giro per l'Italia. Poi, finito il liceo, la passione è maturata per conto suo e...sì, credo che tu abbia ragione quando dici che la maturità porta ad apprezzare opere che un tempo ci lasciavano indifferenti e ci regala occhi diversi. E' stato così anche per me.
Ti auguro di poter vedere in futuro tutte le opere che desideri e ti ringrazio di cuore del commento!

Gus O. ha detto...

Bach mi incanta, ma forse è complicato accoppiarlo a un nudo disteso di Modigliani, il pittore che amo.
Comunque ci provo. La musica di Bach è miracolosa.
Ciao Annamaria.

Luz ha detto...

L'arte è un linguaggio che sa donarci una visione sempre nuova sul mondo. Studiando arte all'università, perché dapprima avevo un indirizzo arte all'interno del mio percorso di Lettere, ho scoperto l'arte contemporanea. Mi si è spalancato un mondo, un po' come è avvenuto con la letteratura, leggendo tanti autori vicini a questo tempo.
L'opera da te citata, la tazza e il fiore, mi ricorda quel modo tipico di fermare la realtà che appartiene a tanti contemporanei.
Tu come ti poni verso artisti come Mondrian, Fontana, Duchamp?

Annamaria ha detto...

A dire il vero neppure io vedo Bach accoppiato a un Modigliani...però la sua musica, come giustamente dici, è miracolosa e - aggiungo io - immensa. Allora provaci Gus!
Buon pomeriggio!!!

Annamaria ha detto...

Sì, Luz! Per quanto la "Tazza d'acqua con una rosa" sia stata realizzata da Zurbaran intorno al 1630, i suoi tratti sono soprendentemente moderni!!
Quanto alla tua domanda, il discorso sarebbe lungo anche perchè certa arte contemporanea - esempio Duchamp - esige un approccio diverso e più concettuale.
Dei tre artisti preferisco di gran lunga Mondrian, sia perchè ha opere ancora figurative, sia perchè mi piace il suo processo di stilizzazione, il suo trasformare per esempio un albero in pura geometria.
Di Fontana mi affascinano i tagli che, se da un lato vogliono andare oltre la tela, dall'altro non disdegnano di prendere spunto anche dal passato, per esempio da certi ritratti di Antonello da Messina. Duchamp invece mi lascia perplessa, ma tieni conto che non sono un'intenditrice come puoi essere tu e, in genere, amo di più l'arte che precede i movimenti di avanguardia del Novecento.
Buon pomeriggio e grazie!