Sempre sull'onda della ricerca di leggerezza, oggi desidero condividere con voi un celebre dipinto di Vassily Kandinsky (1866 - 1944) dal quale lasciarci portar via quasi in volo. Si tratta di "Blu di cielo", conservato a Parigi presso il museo del "Centre Georges Pompidou".
È proprio il colore di sfondo del quadro, con la sua particolare gradazione, a suggerirci l'idea di uno spazio in cui librarsi sbrigliando la fantasia come in quei sogni in cui ricordi, realtà, suggestioni e subconscio si fondono in un insieme bizzarro e funambolico. Una rappresentazione che affascina perchè sembra andare al di là di ciò che percepiamo sul piano puramente fisico.
Il dipinto è stato realizzato nel 1940, nella fase finale della vita di Kandinsky in cui dalla pittura figurativa era ormai giunto all'Astrattismo, culmine di quel percorso artistico che, dalle Impressioni e attraverso le Improvvisazioni, lo aveva condotto a creare poi le Composizioni.
Si tratta di un cammino che, dietro la progressiva dissoluzione della figura, sottintende però solo in apparenza la volontà di rappresentare un universo astratto: in verità, vuole essere espressione di quel mondo nascosto - non fisico e tuttavia reale - legato alla dimensione interiore dell'individuo.
A tale scopo, Kandinsky si serve principalmente dei colori ai quali attribuisce non solo un simbolismo, ma anche una vibrazione che si traduce in capacità di risonanza e quindi in musica, tanto che - secondo il pittore - come in una sorta di sinestesia ciascun colore può evocare un suono.
Nel suo libro "Lo spirituale dell'arte" l'artista scrive infatti: "In generale il colore è un mezzo per influenzare direttamente un’anima. Il colore
è il tasto. L’ occhio è il martelletto. L’ anima è un pianoforte con
molte corde. L’ artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima."
L' azzurro in particolare, nelle sue varie gradazioni fino al blu, è la tinta che Kandinsky predilige perchè, nell'emozione che esso suscita, richiama la dimensione spirituale dell'infinito e può evocare il suono di un flauto o di un organo.
Ma, parlando del legame tra pittura e musica, oltre al rapporto che l'artista stabilisce tra colori e suoni, e ai titoli di talune opere in cui prende a prestito termini musicali come appunto improvvisazioni e composizioni, non si può ignorare il fitto carteggio con Arnold Schönberg.
La rivoluzione con cui il pittore sovverte i canoni della
riproduzione figurativa orientandosi verso l'astratto, prende spunto
infatti da quella del musicista viennese che, con l'atonalità, rompe le
tradizionali regole della musica del passato: mutamenti in qualche modo simili che s'inquadrano in quel vasto movimento di trasformazioni che - nella prima metà del Novecento - coinvolge le arti. Ma torniamo al dipinto.
"Blu di cielo" è celebre dunque per la sua gradazione di colore, ma non solo. Il suo spazio infatti non è vuoto e in esso fluttuano misteriose figure: un mondo di microorganismi legati a quello stile biomorfo che - a seguito dei suoi studi di biologia - l'artista aveva inaugurato qualche anno prima.
E l'attenzione verso ciò che è così piccolo da risultare quasi invisibile rende la sua ispirazione ancor più fantasiosa fino a fargli creare geometrie nuove e inusitate, non più riconducibili a quelle di tanta produzione precedente.
Cosa vediamo, infatti, nel dipinto? Figure strane talora filiformi, talaltra più complesse e articolate, creature composite in cui possiamo ravvisare meduse, pesci, tartarughe, uccelli, ma pure giocattoli, cavalli a dondolo e palloncini, in cui forme, dimensioni e colori sono rimescolati in un insieme più che mai fantasioso e - a mio avviso - anche un po' clownesco.
Sono figure libere nello spazio, eppure non disposte a caso, ma con grande armonia e direi con ritmo, sia nell'alternanza delle tinte - soprattutto rosse e gialle - che in quella delle dimensioni ora grandi ora più piccole.
E mi vengono in mente certi dipinti di Mirò - per esempio "Il carnevale di Arlecchino" o "Il giardino" realizzati una quindicina di anni prima - dal cui surrealismo probabilmente Kandinsky è stato influenzato.
Ne deriva un insieme giocoso e stravagante, bizzarro e arioso per quella gradazione di blu dello sfondo in cui i vari oggetti sembrano scendere dall'alto e al tempo stesso restare sospesi in un'aura di svagata leggerezza.
E la stessa atmosfera viva e giocosa caratterizza anche il brano di oggi.
A questo punto, dopo quanto ho scritto, immagino che sarebbe stato coerente associare al dipinto la musica di Schönberg...e invece no! Il pezzo da cui sono stata irrimediabilmente presa è un altro e - rispetto a Kandinsky - ci fa tornare indietro nel tempo.
Si tratta infatti della "Sonata in do minore C66" di Domenico Cimarosa (1749-1801), compositore della scuola napoletana, celebre - a dire il vero - per le sue numerose opere di teatro più che per quelle strumentali.
Tuttavia le sue Sonate per tastiera, per quanto brevi e talora brevissime, hanno un brio e una ricchezza creativa che ci riportano indietro, alla vivacità dello stile barocco nei suoi tratti di elegante leggerezza.
Proprio questo aspetto è messo splendidamente in luce dall'interpretazione del Maestro Giuseppe Merli, non solo per la bellezza del fraseggio, la perfezione degli abbellimenti o la sottolineatura dei vari contrasti, ma anche per la gioia trasparente che ci restituisce.
Lo vediamo infatti mentre sembra cantare le note a fior di labbra con una concentrazione e un entusiasmo che gli consentono di vivere la musica dal suo interno e insieme di trasmettercene il gusto profondo.
Buon ascolto!
6 commenti:
Domenico Cimarosa è piacevole e la pittura di Vassily Kandinsky , molto stimolante.
Ciao Annamaria.
Sì, Gus, sollecita la nostra fantasia il dipinto così come la musica!
Grazie e buona domenica!
Amo moltissimo Kandinsky! Lo trovo "filosofico" nella sua teoria dell'astrazione come via attraverso la quale l'arte si allontana dall'imitazione figurativa e si dematerializza facendosi emozione, sentimento... musica.
Nel testo stupendo che citi, "Lo spirituale nell'arte", a proposito del blu, si legge ancora: "Il blu è il colore tipico del cielo. Se è molto scuro dà un'idea di quiete. Se precipita nel nero acquista una nota di tristezza struggente, affonda in una drammaticità che non ha e non avrà mai fine. Se tende ai toni più chiari, a cui è meno adatto, diventa invece indifferente e distante, come un cielo altissimo. Più è chiaro, meno è eloquente, fino a giungere a una quiete silenziosa, il bianco. Da un punto di vista musicale l'azzurro assomiglia a un flauto, il blu a un violoncello o, quando diventa molto scuro, al suono meraviglioso del contrabbasso, nella sua dimensione più scura e solenne ha il suono profondo di un organo".
Grazie, cara Annamaria, per il post e per l'associazione musicale non scontata, molto suggestiva. Un abbraccio.
Cara Annamaria, avevo letto il tuo post ieri ma non mi ero sentito di lasciare nessun commento. Adesso sono tornato qui da te e quando ho visto il tuo Kandisky, ho capito che mi era entrato dentro senza che me ne accorgessi, perchè ieri sera, senza ricordare questo tuo dipinto, ho messo nel mio post sulla malinconia creativa un quadro di Mirò... Che dire? Consciamente o inconsciamente mi influenzi sempre... E poi leggerezza e malinconia creativa stanno bene insieme, non trovi?
Grazie, Rossana, di aver riportato interamente la citazione dal libro di Kandinsky cui avevo fatto cenno più brevemente. Interessante il legame che il pittore stabilisce tra colori e musica attribuendo un particolare suono alle varie tinte.
Quanto alla Sonata di Cimarosa, la tenevo da parte da tempo per associarla proprio al dipinto perché, nonostante l'anacronismo, mi piaceva e mi piace troppo!
Buona serata e un caro abbraccio!
Grazie Giorgio! Leggerezza e malinconia creativa sono forse talora due facce della stessa medaglia. Bello il dipinto di Mirò che hai messo nel tuo post, e credo che lo splendore dell'arte - sia figurativa che musicale - stia anche nel suo potere di raggiungerci spesso in modo sorprendente.
Buona serata!
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