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Bach: pagina da "L'arte della fuga". (Foto presa dal web) |
Essa infatti è costituita da una serie di elementi che non comprendono soltanto - si fa per dire! - un insieme di note sul pentagramma, ma anche tutti quei segni che di esse determinano la tonalità, il tempo, le pause, il legato o lo staccato, il crescendo o il diminuendo e molto altro ancora.
A una prima occhiata, può darsi che tale scrittura risulti a volte ingannevole.
Può capitare che un brano tanto denso di note fitte e veloci, di arpeggi e di alterazioni in chiave da far paura, all'atto pratico si dimostri magari meno difficoltoso del previsto; mentre accade talora che una melodia lenta, dalla struttura più semplice, riveli invece problemi esecutivi che ad uno sguardo affrettato non erano evidenti.
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Beethoven: pagina dal "Trio op.70". (Foto presa dal web). |
Del resto, è il processo che si compie ogni volta che ci si accosta ad un ambito poetico: la costante frequentazione di una scrittura musicale infatti non solo ci comunica i tratti, i ritmi e l'andamento di un brano col suo impianto armonico ma - al di là dei dati strettamente tecnici - può consentirci di cogliere in esso l'anima del compositore.
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Mozart: pagina dalla "Sonata K.331". (Foto presa dal web) |
Un testo rispecchia infatti uno stile e - che sia uno spartito per singolo strumento o una partitura orchestrale - a somiglianza della parola scritta ha una sua sintassi, una sua costruzione, un ritmo, una grammatica e direi persino una punteggiatura. Sono pause, riprese, temi e successivi sviluppi che s'intrecciano come proposizioni principali e dipendenti.
Tutto riconduce così a una struttura sintattica che spesso - soprattutto in ambito polifonico e orchestrale - si realizza su due dimensioni contemporanee, diacronica e sincronica: il progressivo snodarsi di una melodia in orizzontale e insieme, in verticale, il suo spessore armonico battuta per battuta.
Ecco perchè mi piace pubblicare un brano corredato del manoscritto originale che possiamo seguire sulla clip-video, quasi nelle sue note e nei diversi passaggi ravvisassimo i lineamenti di un volto amico.
Si tratta di Bach e del primo movimento, "Allegro", del "Concerto n.1 in re minore per clavicembalo e orchestra BWV 1052", composto intorno al 1736 sullo schema di un precedente concerto per violino la cui partitura è andata perduta.
È un pezzo che all'inizio ci sorprende per il piglio ritmico acceso e un fascino timbrico che, se in alcuni passaggi può richiamare il carattere dei celebri Brandeburghesi, per altri versi ci conduce a Vivaldi e a quello stile italiano che Bach ben conosceva. Nonostante sia in tonalità minore, il brano ha una notevole ricchezza di sonorità segnate da prorompente energia e una vivacità che possiamo apprezzare in tutto il suo andamento fino alla vibrante cadenza che precede la conclusione.
Vi lascio quindi all'ascolto e alla contemplazione della partitura: un mondo di note in cui addentrarsi con gioia come in un paesaggio dai tratti familiari, del quale esplorare sentieri e anfratti. Ma anche un linguaggio che ci consente di scandagliare lo spazio dentro di noi con la sensazione che ci riserverà un cammino affascinante e sconfinato.