domenica 5 maggio 2019

Nel segno di Virginia

(Foto presa dal web)
È andato in onda sere fa su Rai 5 "Woolf Works", balletto con coreografie di Wayne McGregor e musiche di Max Richter, ispirato alla vicenda umana e letteraria di Virginia Woolf, colta attraverso riferimenti ad alcuni suoi romanzi insieme a stralci di lettere e saggi.
Nella rappresentazione - che, nei tre atti in cui si snoda, prende spunto rispettivamente da "La signora Dalloway", "Orlando" e "Le onde" - rivivono infatti i personaggi creati dalla scrittrice che va identificandosi di volta in volta con essi, in un affascinante intreccio reso con rara intensità dalla protagonista Alessandra Ferri.
Il balletto - che tra l'altro ha debuttato alla Scala proprio lo scorso aprile - era stato messo in scena per la prima volta nel 2015 dalla compagnia della Royal Opera House di Londra, ma Rai 5 ne ha trasmesso la versione per grande schermo data nel 2017 al Covent Garden.

Affascinante è dir poco per definire la grazia interpretativa di Alessandra Ferri nel far rivivere Virginia nei tratti intimi e drammatici, fragili e al tempo stesso forti della sua personalità. Il suo è un corpo che si fa emozione, attraverso movenze misurate ma ricche d'intensa espressività, dove il gesto diventa mirabilmente specchio di un mondo interiore.
Accanto alla protagonista, a costruire lo spettacolo, le splendide coreografie di Wayne McGregor che fondono danza classica e contemporanea in una suggestiva sperimentazione, così come sperimentale - a suo tempo - era stato il lavoro della scrittrice. 
Della Woolf il coreografo ha affermato infatti:
"Amava la danza e la musica. Voleva scrivere come se stesse scrivendo musica e coreografando danza. Ho pensato che sarebbe stato meraviglioso provarlo e reinterpretarlo, e tradurre in qualche modo i suoi romanzi per la scena".
Una sorta di sinestesia quindi, tra suono, immagine, scrittura e gesto: non un semplice racconto, ma un dialogo tra diverse forme artistiche che si traduce in un flusso di coscienza emozionale ed evocativo, in un vissuto che arriva immediato al cuore del pubblico.

Ma è poi la musica di Max Richter a dare a tale vissuto una sostanza con la quale la danza si fonde in perfetta simbiosi.
Nato nel 1966 in Germania ma naturalizzato inglese, figura emergente nel panorama odierno dei compositori, Richter muove da una formazione classica indirizzandosi prima verso il minimalismo e successivamente verso forme di sperimentazione tese talora a rivedere il passato in chiave contemporanea.
Lo dimostra la sua rilettura de "Le quattro stagioni" di Vivaldi alla luce di ritmi della nostra epoca. 
Un amore per la musica barocca che riaffiora anche nel secondo atto del balletto "Woolf Works", dove quello che viene ripreso in vari pezzi e rielaborato nei modi più disparati è l'antico e celebre tema della Follia.
Ne riporto un esempio nella prima clip audio - tratta dall'album "Tree Worlds: Music from Woolf Works" - col brano "Genesis of Poetry" dove il tema, al di là degli effetti speciali, è chiaramente riconoscibile nell'essenza dell' impianto armonico e dall'aria scandita dallo xilofono.

Sempre parte dello stesso cd è il pezzo della seconda clip, intitolato "In the Garden" e ispirato al romanzo "La signora Dalloway"
Anche qui la musica, se pure ci immerge in un clima molto diverso dal precedente, ci riconduce ugualmente a un passato che - all'esordire del tema a 1.00 dall'inizio, ma non solo - può richiamare qualche battuta del "Canone" di Pachebel. Un barocco che si coniuga col gusto minimalista della ripetizione soprattutto nell'accompagnamento di fondo sempre uguale a se stesso, e con lontani echi della musica di Philip Glass che - proprio in riferimento alla scrittrice - ha realizzato nel 2002 la colonna sonora del film "The Hours".
Ma nel suo addentrarsi nella figura di Virginia Woolf - e insieme nel personaggio di Clarissa Dalloway - Richter a mio avviso va oltre il minimalismo, costruendo atmosfere evanescenti, talora quasi oniriche, e piegando la ritmica alle esigenze di una danza di grande fluidità e struggente lirismo.  
E il canto del violino, progressivamente più intenso e sofferto, va poi sciogliendosi in una lieve e sorridente armonia intrisa di una dolcezza che non si finirebbe mai di gustare.

Buon ascolto!

6 commenti:

Stefyp. ha detto...

Non ho avuto il piacere di vedere il balletto di cui parli,e me ne dispiace. Immagino sia stato molto bello. Trovo entrambe le musiche a suo modo accattivanti, la seconda però, è davvero affascinante, quel suono di violino che va oltre le note, pare parlare al cuore. Notevole davvero!
Ti ringrazio, cara Annamaria, per questa tua proposta, mi hai regalato attimi piacevoli.
Un abbraccio a te e buona settimana.
Stefania

Annamaria ha detto...

Sì, cara Stefania, sono due brani molto diversi e anch'io preferisco il secondo per il clima di intensa suggestione. Ma il primo è interessante perché è una delle tante rielaborazioni del tema della Follia che caratterizzano il secondo atto della rappresentazione. Segno della fantasia creativa di Richter tra passato e presente.
Un abbraccio a te e buona serata!!!

Rossana Rolando ha detto...

Davvero intensa questa introspezione condotta musicalmente, quasi che la musica potesse restituire lo spessore interiore dei personaggi – in modo diverso dalle parole, con un linguaggio complementare come tu dici benissimo: “sorta di sinestesia” -.
Non so se è un parallelo azzardato, ma mi viene in mente che la parentela tra scrittura e musica in Virginia Woolf potrebbe legarsi alla sua concezione del tempo mentale, diverso dal tempo dell’orologio (come in Bergson, e poi in Proust, Joyce…), soggetto a tante deformazioni: “Un’ora, una volta che s’instauri nel bizzarro elemento dello spirito umano, può allungare di cinquanta o cento volte la sua durata di orologio; d’altra parte, un’ora, sul quadrante della mente, può essere esattamente rappresentata da un solo secondo” (da “Orlando”).
Un abbraccio e grazie.

Annamaria ha detto...

Sì, cara Rossana, danza, scrittura e musica qui sono complementari. Quanto al tuo parallelo, mi pare colga pienamente nel segno, considerando proprio che il tempo dell'orologio è diverso da quello interiore. Quest'ultimo infatti ha una durata - per usare un termine, se non ricordo male, caro a Bergson - che si dilata o si contrae rispetto al tempo oggettivo.
Del resto, anche il tempo della lettura di un libro differisce dagli echi e dai pensieri che lascia in noi, così come l'ascolto di un brano musicale perdura in noi con le sue suggestioni molto più a lungo della sua effettiva durata.
E la stessa scrittura della Woolf si amplia in un sottofondo di ricordi e percezioni che ricostruiscono un mondo, come le note musicali creano suggestioni senza fine.
Spero di aver capito correttamente il senso del tuo commento...
Grazie e un abbraccio di buona serata!!!

Anonimo ha detto...

Complimenti per il post! Musica, danza, parole...un mosaico di incredibile bellezza.
M'immagino Virginia, seduta nella sua poltrona, accanto all'amato Leonard, sussurrare:"Ci voleva proprio!"
Un abbraccio
Adriana

Annamaria ha detto...

Grazie, Adriana, ma il merito è di Alessandra Ferri, del coreografo e delle musiche di Richter.
Un abbraccio a te!!!