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G.De Chirico: "Piazza d'Italia" (Foto presa dal web) |
Ma non mi sto neppure riferendo al clima che - forse - ci farà indossare il golfino di lana anche durante i prossimi mesi, a giudicare dalle stranezze meteorologiche di questo maggio così inconsueto.
Parlo invece dell'estate come periodo di ferie - per chi ne può usufruire - o comunque di quella pausa, lunga o breve che sia, che tutti aspettiamo per trovare spazi di riposo e di svago o magari anche di solitudine.
Personalmente, amo la solitudine e oserei dire che talora la cerco, soprattutto quando ci mette a contatto con lo splendore della natura e con un ritmo di vita meno affannoso, capace di restituirci a noi stessi.
E tuttavia mi rendo conto che essa ha spesso due facce: può essere silenzio incantato o annoiato grigiore, pausa di serena meditazione o abisso di vuoto come quella piazza di De Chirico nella foto in alto, dove il contrasto netto tra sole e ombra sembra accentuarne l'effetto.
Indubbiamente, è una condizione che favorisce l'emergere di energie più fresche o di nuove risorse interiori - pensiamo solo a quante opere d'arte ha prodotto! - ma talora può anche immergerci in una palude di tristezza o di rammarico. E se spesso è occasione per rivedere il nostro vissuto sollecitando in noi desideri e sogni, a volte sottolinea assenze e rischia di disorientare.
Non è sempre facile scandagliare il magma che ci portiamo dentro, ma se in certi momenti ciò fa emergere in noi spaccature e sofferenze feconde perchè andranno poi a tradursi in vita, in altri capita che si resti lì, ripiegati in se stessi o apparentemente isteriliti in un senso di frustrazione che la solitudine spesso amplifica in un'onda sempre più larga.
Allora occorrono provviste anche per l'estate: legna per il fuoco e cibo per l'anima perchè chi prevede giorni di un cammino impervio come un sentiero di montagna abbia almeno scarponi, piccozza e borraccia, insomma un buon equipaggiamento.
E che cosa meglio di libri e musica? Compagni di strada che si affiancano a noi, pronti a sostenerci, a corroborarci come una buona grappa alpina, dissipando nebbie e restituendoci sogni, prospettive e sorriso.
Del resto, senza andare troppo in là, penso che tutti noi, in previsione di un periodo di vacanza, facciamo provvista di letture e musiche scelte con cura cui affidare i nostri giorni di ferie, o talora anche per contrastare ombre e pensieri che certe pause possono favorire.
Bene. Allora, nello zaino di chi si appresta ad affrontare un periodo un po' così...oggi mi permetto di suggerire un brano che amo molto.
Torno a Bach naturalmente, un Bach che ci sa regalare fondamenta e contrafforti a prova di terremoti interiori e che nel pezzo che segue costruisce un'architettura articolata, grandiosa e complessa.
Si tratta dell' "Ouverture" della "Suite per orchestra n.1 BWV 1066", che ci regala uno spazio sonoro solenne e disteso, sottolineato dalla luminosa e assertiva tonalità di Do maggiore. Un brano tripartito, costruito da due parti lente e maestose, intervallate da una fuga di straordinaria leggerezza che anticipa con la sua vivacità i successivi movimenti di danza.
Una pezzo brillante che, se può ricordare il lusso e la spensieratezza delle feste di corte come è stato rilevato da alcuni musicologi, non per questo è privo di quella profondità e dello splendore creativo tipicamente bachiano.
Una musica che lascia una percezione di gioiosa apertura e vibrante energia, capace di regalarci il necessario equipaggiamento interiore per trasformare ogni eventuale solitudine in una dimensione incantata.
Buon ascolto!